Pensavo non fosse necessario, davvero. Pensavo che, lasciando la massima libertà a tutti, ognuno si sarebbe regolato. E invece no: c'è chi transita su questo blog e non si trattiene dal lasciare commenti offensivi, maleducati, con l'esplicito intento - talvolta - di seminare zizzania e provocare.
Prego, fate pure se volete. Ma non su questo blog: non nel mio spazio.
Mi trovo quindi costretta a mettere dei paletti: cioè delle regole. Semplici semplici.
1) Tutti possono esprimere le loro idee e discutere con coloro che esprimono pareri differenti: ma nessuno può offendere gli altri, prenderli in giro, formulare giudizi offensivi sulle loro capacità intellettuali o professionali
2) Tutti possono criticare il punto di vista espresso da me o da qualsiasi altro commentatore, ma nessuno può mettere in dubbio la veridicità di ciò che gli altri raccontano
3) Tutti possono confrontarsi con gli altri e creare un dibattito, anche acceso: ma nessuno può mettere zizzania, aizzando qualcuno contro qualcun altro.
Se ci saranno commentatori che continueranno a trasgredirle, in un primo tempo cancellerò i commenti offensivi; se dovessero continuare, poi, mi troverò costretta ad attivare la funzione che tanti altri blog hanno (e che personalmente non sopporto): la pubblicazione dei commenti non sarà più immediata, ma dovrà essere autorizzata da me. Con la spiacevole conseguenza che chi vorrà intervenire non potrà vedere online immediatamente il suo contributo alla discussione, ma dovrà aspettare che sia io a pubblicarlo.
Spero davvero che tutti i frequentatori di questo blog vorranno recepire queste indicazioni e sceglieranno di scrivere commenti educati e civili.
Non mi piace la censura, ma non posso nè voglio permettere che su questo mio spazio alcuni miei ospiti vengano offesi o ingiuriati da altri ospiti.
giovedì 17 gennaio 2008
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18 commenti:
Ok Eleonora eviterò di rispondere alle provocazioni.
Diamoci una regolata tutti visto che siamo persone civili.
Grazie Benny. Penso che tutti possiamo dire la nostra in maniera pacata, senza offenderci a vicenda!
E penso anche che non raccogliere le provocazioni sia un gesto di grande intelligenza.
Detto questo... Non vi ammosciate, mi raccomando, amici miei! Essere educati non vuol necessariamente dire... perdere la verve e la vis polemica! ;-)
@benny
Ciò che dici è corretto, purtroppo è sempre difficile non rispondere alle provocazioni di quei noti che vivono per provocare.
@eleonora
Se non poter mettere in dubbio "le verità" che gli altri raccontano tu la chiami "libertà di pensiero", stiamo tutti abbastanza freschi.
Ci spieghiamo meglio:
- sono molti i blog dove interveniamo che trattano dello stesso tema, e gli unici che si sentono oltraggiati da visioni differenti alle proprie siete tu, stakastagista e patruno.
Questo è un primo punto da segnalare.
- detto il primo punto, il concetto è un po diverso da come ce lo racconti, nel senso che, seguento i tuoi punti:
tuo punto 1) Hai certamente ragione piena. Ti vorremmo ricordare che certi toni scherzosi da presa in giro da parte nostra sono stati attivati dal momento in cui
alcuni commentatori noti si sono messi a screditare in via di principio le opinioni diverse dalle proprie, probabilmente per loro mancanza di forza nell'argomentare
risposte che avessero un vero e proprio senso logico e che non fossero fondate sull'ideologia.
Le opinioni e le visioni di un tema molto delicato come quello del lavoro possono e devono essere diverse, e questo arricchisce tutti, sempre e comunque.
Se però abbiamo alcuni che non accettano il confronto solo perchè si dicono cose diverse dalle proprie, beh questo non va bene.
tuo punto 2) Anche qui hai ragione piena. Valgono gli stessi motivi di cui sopra, applicati al concetto di critica.
tuo punto 3) E anche qui hai ragione piena. Cerca di consigliare quelli che mettono zizzania per bene.
Un abbraccio.
sei (da me) stata nominata.
per info vienimi a trovare.
un abbraccio (sincero, però)
@mimidef
stai facendo un commento offensivo sul nostro uso degli abbracci, violando il nuovo codice etico.
@eleonora
potresti intervenire per tutelare la questione secondo il tuo nuovo codice etico?
Da ora in poi ti aiuteremo a segnalare i casi di commenti offensivi nei nostri confronti e nei confronti di altri.
Un abbraccio.
Thanks eleonora, l'intervento era risultato doppio ...
:-)
Ciao a tutti,
come alcuni di voi sanno, anche io ho un blog sul mondo del lavoro. E come molti di voi leggono, sui miei post non è che ci vada sempre leggero. Nel senso che sono lì, border line tra l'offesa e la ragione.
Questo di eleonora è uno dei blog che frequento di più, più di quello di Grillo, forse perché, a differenze di quello che ha detto Prime, piuttosto che luoghi comuni, ci si trovano storie e interventi di persone più o meno fortunate/capaci di farsi strada nel mondo flessibile/precario.
Non si può dire che chi non ce la fa a superare gli stage sia incapace né si può dire il contrario.
La mia esperienza, fatta di lavori di fatica, di università, poi di grafica in vari posti, mi ha fatto cogliere tanti frutti, a volte amari, altri molto succosi. C'è una cosa che Prime dice, che dice anche Angela Padrone e che io ripeto per me stesso (perché mi ci sono trovato): vivere da precari o flessibili non è solo una condizione decisa dallo Stato, ma dalla nostra testa. Mi spiego: tempo fa potevo avere un contratto a tempo indeterminato in un'azienda nella quale sono stato trattato davvero come un figlio. Ma non è quello che volevo, e questo mi ha spinto a cercare la mia strada, con sacrificio e anche dubbi.
Ho mollato tutto, ho speso i miei ultimi risparmi per un master in scrittura pubblicitaria e ho tentato. Ho 32 anni cacchio, mica pochi. Sono laureato, ma come tutti sappiamo questo è il paese dell'eterna formazione. Qaundo ho deciso di fare il copywriter, sapevo che stavo camminando su una corda tesa sopra il fallimento. E a oggi non posso ancora dire di essere uscito dal circo. Non sono più uno stagista e sono stato riconfermato da uno dei direttori creativi più esigenti del mondo della pubblicità. Mi ha anche promesso che se le cose andranno bene con un paio di clienti (si parla di giganti), potrò essere riconfermato con un aumento e per 12 mesi.
Ma ecco che sale l'incognita. Se dovesse andare male, per quanto possa aver guadagnato la fiducia delle persone con cui lavoro, potrei essere fuori di qui senza aver fatto nulla di male, anzi.
Quindi credo che, come in tutte le cose, ci voglia fortuna oltre che capacità e talento.
Sono d'accordo con Eleonora sulla questione ammortizzatori sociali. Senza quelli non andiamo da nessuna parte. Sono d'accordo sul diventare imprenditori di se stessi. Molti non lo sanno, ma i nostri genitori lo sono stati e l'uomo lo è smepre stato. Abbiamo (hanno) abusato dei diritti guadagnati dalle lotte sindacali e ora ci ritroviamo con dei "padroni" che appena possono evadono lo stato e le sue regole, a cominciare da quelle di sicurezza. Certo che non è così ovunque, ma per quello che ho visto nella decina di lavori che ho fatto nella mia vita, lo è per la maggior parte dei posti.
Comunque, posso dire che la felicità interiore non è una condizione fissata su un contratto col proprio datore di lavoro, ma un modus vivendi lavorativo. Prime dice che dobbiamo diventare tutti imprenditori (più o meno). Bene. Si può fare. Cacchio, essere precari ti obbliga a trovare la strada senza che qualcuno te la serva sotto il naso (come promesso da chi ci diceva: "prenditi una laurea"). Prima di poter fare quello che volevo, ho lavorato in posti nei quali non rimetterei piede volentieri. So di persone che lavorano nei mc donalds, o che fanno turni per la chef express nei ristoranti di termini (io ci andavo a lavorare allo stadio), per sei ore al giorno. Persone che dedicano le restanti ore della giornata a realizzare però un progetto personale (associazioni culturali, neglozi on line, corsi di specializzazione, stage, ecc.)
Il mio migliore amico ha dato un calcio nel culo a tutto e tutti e si è messo a importare prodotti dalla Cina, ma badate bene, non le solite cianfrusaglie, ma prodotti dei quali non sospettiamo nemmeno l'esistenza. Lui si fa chiamare il cacciatore di gadget. Ciò non toglie che uno Stato che si possa chiamare tale, non deve penalizzare intere generazioni perché incapace di iimporre la sicurezza sul posto di lavoro, chiudere il mercato nero degli affitti (che per molti significa stare a casa con mamma e papà o vivere con perfetti sconosciuti). Ma se ci aspettiamo che lo Stato ci dia quello che hanno avuto i nostri padri, stiamo freschi. Non lo avremo mai. Dobbiamo riguadagnare nel tempo cose come aiuti per la maternità per i precari, assegni di disoccupazione (ma non a fondo perduto, semmai secondo un sistema in cui lo Stato, per non perdere denaro si senta iimpegnato a incentivare il mondo del lavoro).
Per avere meritocrazia dobbiamo rimettere produttività e diritti uno accanto all'altro e farne due binari sui quali viaggiare spediti. E invece ancora oggi, negli uffici pubblici, ci sono persone che timbrano il cartellino e poi vanno a fare la spesa se non il secondo lavoro. Insomma. Il problema è sempre culturale. Prime parla di ottimismo. Non aspettiamo che sia la nostra (intera) classe politica a darcelo, perché quelli sono impegnati a tenersi le poltrone, dal primo all'ultimo. Chi non se le tiene se ne va, come Franca Rame, schifata dal sistema.
Vorrei dire qualcosa sul capitolo offese.
Eleonora si è vista costretta a dettare delle regole. Prime in modo provocatorio ha mostrato la labilità di un sistema rigido di regole nel blog cominciando a chiedere la censura di questo o di quello. Ahimè, non si possono stabilire regole rigide. Oddio, la civiltà sì, prima di tutto. Dare del fuso a una persona o del mag Othelma ad un'altra (io preferirei sentirmi dire che sono fuso), può fare incazzare. Il problema è che la rete è un catalizzatore di disinibizione pazzesco al quale sfuggono poche persone. Eleonora è un di queste. Sono convinto che se ci parlassi dal vivo sarebbe come nel blog. Al contraio, la maggior parte di noi (ma non è una colpa) assume altre identità. Non siamo schizofrenici ci mancherebbe. Siamo semplicemente un po' più liberi. Assumiamo toni, addirittura espressioni mentre scriviamo, che non tiriamo quasi mai fuori. Prime si comporta come un Grande Fratello che parla dall'alto di plurime esperienze sovrapposte inun solo nikname. Arnald (cioè me) acuisce il proprio anticlericalismo, il proprio comunismo, il suo essere reazionario ecc.
Prime si diverte da matti a stuzzicare le persone e tutte ci cadono puntualmente perché sanno di avere una risposta pronta. Una risposta che genera risposta che genera polemica che genera quasi insulti e ta-taaaa i commenti crescono in maniera esponenziale. Se si dovesse arrivare alle vere offese, il blog non avrebbe più visitatori, lo do per certo e per esperienza. D'altra parte cara Eleonora, la padrona di casa sei tu, e solo tu puoi stabilire dove le nostre personalità devono smettere di punzecchiarsi. Ho letto i commenti del post precedente e una strada verso al generazione vera e proprio non c'è mai stata. Invece, se ci pensi bene, quando Il Grande Fratello ha cominciato a sparare sentenze, tutti, ma proprio tutti hanno tirato fuori il megio di sé. Da te cara Eleonora che in poche righe hai spiegato la questione ammortizzatori sociali a Benny (credo) quando ha fatto il commento degli 800 euro come cifra da capogiro.
Scusate la lunghezza - Arnald
p.s.: Prime una cosa voglio dirtela però, per realizzare i propri obiettivi professionali ci sono componenti difficilissime (e credo tu lo sappia).
Ho un amico ricco che si è aperto un ben ristorante molto cool in centro. Lui è un gran lavoratore e anche bravo, quiindi il ristorante va bene. Ma che diavolo di ristorante avrebbe mai aperto senza i soldi del Babbo?
Come nel monopoli ;-) la condizione di partenza è un fattore indispensabile. Se nasci a vicolo corto, sarà più difficile passare dal via in 30 anni rispetto a chi nasce a parco della vittoria.
@arnald
La tua storia e le tue parole centrano in pieno quale sia il vero problema e il vero distinguo tra precaritetà e flessibilità: sono la stessa cosa, affrontata in modo diverso a seconda di cosa ci dice la nostra testa.
C'è chi ha maggiore propensione al rischio, chi minore, e questo è normale e naturale - anche se va capito e somatizzato ormai che senza propensione al rischio oggi non si ottiene davvero nulla di grande valore economico e professionale. Il nostro è uno tra i paesi con il più alto tasso di imprenditorialità e autoimprenditorialità del mondo, ma allo stesso tempo è uno di quelli con uno dei + alti tassi di statalismo. Anni di DC e PCI hanno lasciato il segno, e questo è uno dei principali problemi lavorativi che ci sono in giro. Delle belle persone di cui parli è pieno il nostro paese, anche noi ne conosciamo davvero tante. In tutte cerchiamo di favorire un approccio flessibile al lavoro, piuttosto che un approccio precario. Capitolo censure: a noi va bene un sistema con regole ferree, o con regole labili, basta che siano tutti a rispettarle nella stessa maniera. Per questo, finchè ci saranno regole, saremo anche noi ad aiutare eleonora a farle rispettare, segnalando ogni singolo abuso che ne vada contro. Il problema è sempre legato all'approcciop mentale, è li che vanno cambiate le cose. @arnald e il suo ps: ti stupirà sapere che - secondo nostre statistiche confindustriali romane - circa il 65% dei partecipanti al gruppo giovani imprenditori di confindustria, comprese diverse persone che ricoprono o hanno ricoperto incarichi di vertice, presidenti compresi, non proviene da famiglie nate a "Parco della Vittoria", ma da famiglie nate a una normalissima "Via Roma" (speriamo di ricordare bene il gioco :-P), e alcuni addirittura dalle vicinanze di "Vicolo Corto". Il denaro di base aiuta molto, nessuno lo nega, ma tutto è possibile, se si è capaci di tradurre le proprie visioni e i propri sogni in realtà. Alcuni ci sono riusciti, speriamo siano sempre di più le persone di Menti Flessibili rispetto a quelle di Menti Precarie in grado di farcela. :-)
Ci tengo a sottolineare che la cosa che più mi infastidisce del nostro mercato del lavoro sono le retribuzioni (come sostiene più volte anche Eleonora): non accetto che una persona che mette a disposizione il suo tempo, sia per lavorare o sia per imparare (riferito agli stage), debba essere retribuito con rimborsi ridicoli.
Sono i datori che devono investire nelle persone;personalmente penso di avere già investito in termini di tempo e denaro all'università.
Ritengo giusto partire dal basso a lavorare,sono il primo disposto a lavorare magari di più e oltre le 8 ore lavorative, ma ritengo indegni le retribuzioni che alcuni propongono.
Non sono alla ricerca del posto fisso,voglio solo che venga riconosciuto un trattamento dignitoso ai lavoratori.
@benny
Ci puoi dare un ordine di grandezza che tu hai legato alle retribuzioni?
A parte questo, la nostra idea è che debbano essere ancorate in maniera elevata al merito e al raggiungimento di determinati risultati concordati tra azienda e lavoratore.
Le ore di lavoro c'entrano poco, è invece cosa viene fuori da queste ore ad essere importante.
Ringrazio moltissimo Arnald per il lungo commento in cui ha voluto raccontare in questo luogo virtuale la sua esperienza lavorativa.
La mia opinione sulla differenza tra flessibilità e precariato l'ho espressa già, in passato, in un post che avevo intitolato FLESSIBILITA' VS PRECARIATO: LA SOTTILE LINEA ROSSA. Il discrimine sta nel benessere economico: se una persona lavora "senza rete", cioè senza garanzie contrattuali di ampio respiro, deve (DEVE) essere "compensata" con uno stipendio più alto. Dappertutto all'estero è così: meno ti garantisco più ti pago. Dappertutto tranne che da noi, s'intende. Qui quelli che hanno i contratti di ferro si beccano sia le garanzie sia gli stipendi più alti: e per i precari al danno della mancanza di tutele contrattuali si aggiunge la beffa dello stipendio misero.
In effetti, mi sembra che qui siano tutti d'accordo: uno che fa il grafico e guadagna 2mila euro al mese non si lamenta, si autodefinisce "flessibile", ed è tranquillo. Se prendesse la metà si autodefinirebbe "precario" e starebbe bene attento a non farsi venire neanche una carie, perchè un imprevisto tipo dentista o spese straordinarie condominiali potrebbe atterrarlo.
E' il denaro il fulcro di tutte queste discussioni: perchè purtroppo si è sfilacciato il principio sacrosanto secondo il quale ogni persona che lavora, proporzionalmente alle sue capacità, alla sua esperienza e alle sue potenzialità, si guadagna da vivere.
Io credo che uno stipendio giusto per chi inizia sia di 1100 euro netti all'incirca,calcolato sulle 40 ore circa di lavoro settimanali.
La soluzione migliore é introdurre come in altri paesi il minimo salariale,commisurato al costo del vita e quindi revisionato in base al tasso di inflazione.
Ciao Eleonora, ero passato per lasciarti un appunto sulla discussione di un paio di giorni fa originata dall'intervento di Ichino sul corriere e ritrovo questo putiferio... :D Brava! Sei sempre un esempio di diplomazia.
Comunque, condivido assolutamente quello che dici sulla necessità dei lavoratori precari di mobilitarsi, ti ringrazio di aver chiarito in quali direzioni possano/devano farlo secondo te. Aggiungo solo una piccola riflessione: secondo me non dovrebbero solo aspettare di seguire, unirsi e appoggiare movimenti politici. Sarebbe forse più fruttuoso se cominciassero a mobilitarsi anche individualmente e contemporaneamente appoggiassero chi si interessa a livello politico dei diritti dei lavoratori precari. Oggi abbiamo pubblicato un riassunto di quello che hanno fatto i lavoratori di Atesia, fondando il CollettivoAtesia: cosa hanno ottenuto e per cosa si stanno ancora battendo.
Se lo si facesse azienda per azienda, in poco tempo non sarebbero i precari a dover cercare qualcuno che li appoggi ma si troverebbero a poter scegliere da chi farsi appoggiare.
Per questo chiedevo un po' polemicamente cosa può fare il singolo precario che alla mattina si alza e va a lavorare sottopagato. Secondo me, dovrebbe fare come i lavoratori di Atesia. Si sono riuniti in pochissimi, hanno trascinato il più grande call center in Italia al tavolo di contrattazione :)
Qualche mese fa avevo visto a teatro uno spettacolo bellissimo: Appunti per un film sulla lotta di classe. L'autore e protagonista, Ascanio Celestini, è un outsider: di una bravura incredibile, sempre in bilico tra ironia, denuncia, malinconia e ribellione. Nello spettacolo parlava anche della vertenza Atesia. Uno spettacolo davvero imperdibile: se passa per la vostra città, andatevelo a vedere.
Ne avevo scritto anche una recensione sul sito Internet della mia (ormai ex) scuola di giornalismo: per chi fosse curioso, il link è
http://www.ifgonline.it/pub/143/
show.jsp?id=2614&iso=1&is=143
(l'ho spezzato perchè in una sola riga non ci sta)
@eleonora
La compensazione di cui parli può esserci, ma solamente in persone dotate di bagagli tecnici elevati e comunque da persone di alto livello produttivo. Questo succede all'estero: + sei qualificato e/o specializzato, + quindi produci e sei insostituibile, + ti pago. Non ci sono mercati del lavoro ingessati come il nostro d'altro canto.
Personalmente non siamo per nulla in accordo con l'idea che dice che "chi guadagna tanto si sente flessibile" e "chi guadagna poco si sente precario".
Conosciamo alcuni che guadagnano molto che si sentono precari, e molti che guadagnano poco che si sentono flessibili. Tanto per fare un esempio, conosciamo bene un manager di 50 anni con contratto a tempo indeterminato e che guadagna circa 60.000 euro l'anno nel settore "articoli promozionali" che si sente però "precario" nel suo lavoro e ne da prova pratica spesso.
La differenza tra flessibilità e precarietà è nel modo in cui si prende la vita e il mondo del lavoro, ed è in sintesi uno stato mentale solo leggermente influenzato dal fattore "soldi e stipendio".
A nostro parere il centro non è affatto il denaro - una delle cose importanti, ma non la prima - : il centro è l'uomo e la sua mente - chi è, cosa fa, cosa cerca nella vita, le sue paure, etc. etc.
@benny
Ecco il tuo minimo. Ci sono altri che hanno altre idee di minimo?
@bloglavoro
Le idee di come deve essere il loro lavoro che i lavoratori flessibili hanno sono cosi diverse che se provassero a mettersi davvero insieme determinerebbero con ogni probabilità un nulla di fatto e delle lotte intestine.
Il caso Atesia fa scuola, anche perchè in parte non è andato come lo indichi tu: la componente di relazione politica tra gli alti attori di tutta la questione ha favorito il determinarsi di tutto ciò che è succeso - che per noi in un caso limite come quello è stato anche giusto per la verità.
Anche se tanti ci si dovrebbe chiedere l'opinione che hanno suscitato gli ex-Atesia nella mente di tanti imprenditori che avrebbero le potenzialità di prenderli a collaboare, e che non lo fanno proprio perchè sanno i loro trascorsi.
Un amico che ha un call center dice sempre: "Se vediamo scritto nei CV che si è collaborato in Atesia cestiniamo a priori".
Certamente questa non è una bella cosa, ma bisogna prendere atto che questi "atesiani" hanno bruciato molto mercato del lavoro intorno a loro.
:-)
Un abbraccio
La mia era una versione dalla parte dei lavoratori, che le strette di mano politiche le vedono raramente, al massimo le possono immaginare.
In quanto all'amico che cestina i cv con scritto Atesia, il mio consiglio è sempre valido: non scriverlo. Ci sono manager di alto livello che hanno abbondantemente cancellato esperienze dal loro cv, possono farlo anche i centralinisti (ops... consulenti outbound ;) ). Voglio dire, per quanto ingiusto va a logica che se partecipi a una vertenza sindacale con un'azienda sai a priori che non sarà un buon biglietto da visita con la prossima.
@bloglavoro
certi nomi purtroppo rimangono "segnati", non basta non scrivere sul proprio cv la cosa.
Per il resto, cercare il lavoro a tempo indeterminato non vuol dire necessariamente stare dalla parte dei lavoratori: molti di essi cercano la flessibilità.
:-)
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