giovedì 27 novembre 2008

LO STAGISTA VA IN ERASMUS

Qualche anno fa un film, "L'appartamento spagnolo", aveva fotografato in maniera ironica e quasi commovente la realtà degli studenti in giro per l'Europa col programma Erasmus. Festini, case condivise, amicizie e relazioni (in ogni senso) internazionali: e a dire il vero ben poco studio.
Da oggi, lo studente Erasmus però non è - necessariamente - un fancazzista: potrebbe anche essere uno stagista! La novità infatti si chiama Erasmus Placement, progetto promosso dall'Unione Europea e rivolto agli studenti universitari che desiderano andare all'estero non per studiare, ma per fare un'esperienza lavorativa attraverso uno stage. Con un piccolo incentivo anche economico: 600 euro al mese versati dall'università di provenienza (però indipendentemente dal costo della vita nel Paese di destinazione - e questa è certamente una pecca, perchè il valore reale della cifra sarà ben diverso per uno stagista Erasmus a Parigi rispetto a un suo collega a Sofia!).

Possono fare richiesta tutti coloro che sono iscritti all'università, anche per master o dottorati.
La durata del tirocinio può variare, a scelta, da 3 a 12 mesi (attenzione però, la borsa di studio copre un massimo di sei mesi); attraverso questi stage si ottengono anche crediti formativi.
Nella maggior parte delle università le selezioni per i tirocini che inizieranno a gennaio 2009 sono già chiuse, in qualcuna c'è ancora qualche giorno per presentare richiesta.
Se si vuole progettare un'esperienza Erasmus Placement all'estero, però, conviene cominciare a pensarci per tempo - per l'anno prossimo. Anche perché il programma è ancora in rodaggio e presenta alcune difficoltà: per esempio, nella maggior parte dei casi sembra che gli studenti debbano trovarsi da soli l'azienda dove fare lo stage. Quindi è bene muoversi in anticipo!
Magari qualche stagista Erasmus che ha partecipato negli anni scorsi ai progetti pilota ha voglia di raccontare la sua esperienza?

mercoledì 26 novembre 2008

AGGIORNAMENTI SUL PROGETTO FIXO: VOLATA FINALE

FIxO ha sfondato quota 12mila: tanti sono i neolaureati che finora hanno partecipato al progetto. Un’iniziativa del ministero del Lavoro per incentivare gli stage "orientati all'inserimento lavorativo", che prevede un contributo statale di 200 euro al mese a favore del tirocinante (anche se qualche università ha deciso di utilizzare quei fondi in altra maniera) e un bonus di 2300 euro per quelle aziende che, al termine dello stage, decidano di fare un contratto di almeno 12 mesi.
Ad oggi quindi, a fronte di quasi 30mila candidature, sono stati attivati più di 12mila tirocini – di questi, circa 4400 sono già conclusi. E sembra che il progetto stia dando qualche buon frutto: finora il 10% dei ragazzi, al termine del periodo di stage, ha ottenuto un contratto vero.
I dati precisi sui risultati saranno disponibili tra qualche mese: ora è in corso la volata finale, per attivare gli ultimi 3mila tirocini disponibili prima del giugno 2009, quando il progetto Fixo - salvo proroghe - si concluderà.

venerdì 21 novembre 2008

LA RISCOSSA DEI BAMBOCCIONI SECONDO MASSIMO LIVI BACCI

L’han chiamato «il libro dei bamboccioni»: si intitola «Avanti giovani alla riscossa – come uscire dalla crisi giovanile in Italia» (Il Mulino) e l’ha scritto Massimo Livi Bacci, professore di Demografia all’università di Firenze e oggi senatore. Per dire forte e chiaro che la «sindrome del ritardo» nei giovani («si finiscono gli studi più tardi, si entra dopo nel mercato del lavoro, ci si trattiene più a lungo nella famiglia dei genitori, si mette su famiglia con circospetta prudenza») è un elemento negativo per l’intera società (ed economia) italiana. Una situazione che non viene percepita in tutta la sua gravità perché le famiglie suppliscono, integrando gli stipendi troppo bassi dei loro figli e fungendo in pratica da ammortizzatori sociali durante il periodo di formazione – ormai dilatato all’inverosimile – e anche dopo.
Livi Bacci sottolinea che, per quanto riguarda i laureati, l’Italia è in posizione anomala rispetto al resto dell’Europa, perché ne ha pochi e quei pochi sono pure pagati malissimo: «Per gli studenti che si avviano agli studi universitari le prospettive di impiego e di guadagno non sono brillanti».

Quanto poi al post-laurea: «In Italia si può essere apprendisti in senso tecnico-giuridico fino a trent’anni, distorcendo il significato di un termine che indicava, per un ragazzo non ancora uomo, la fase dell’apprendimento artigianale a bottega».

Il professore chiude dicendo, insomma, che non si può esser giovani fino a quarant’anni. Dovrebbero ricordarselo un po’ tutti: gli uffici risorse umane quando propongono uno stage a un trentenne, lo Stato quando versa 800 euro al mese a un ricercatore, i genitori quando si ritrovano per casa un figlio che ha passato gli «enta». Ma soprattutto dovremmo ricordarcelo noi, sempre, per ritrovare la voglia e il coraggio di far valere le nostre ragioni e di partecipare alla vita pubblica ed economica di questo Paese.

domenica 16 novembre 2008

SVIZZERA, STAGE A CINQUE STELLE PER RIQUALIFICARE I DISOCCUPATI

In Svizzera anche gli adulti possono fare stage. Sì, ma stage a cinque stelle!
Lì esiste un ente «Assicurazione disoccupazione»
che funziona in base a un unico concetto: colmare – anche attraverso uno stage tutte le eventuali lacune che potrebbero impedire al disoccupato di ottenere di un nuovo posto di lavoro. Possono usufruire di questo servizio tutti i lavoratori dipendenti (ogni datore di lavoro deve pagare questa piccola assicurazione) e tutti i lavoratori indipendenti che decidono di pagarla volontariamente.
Quindi gli uffici di collocamento gestiscono gli stage per gli adulti. Ma come? Secondo due tipologie di tirocinio: quello professionale (reinserimento nello stesso ambito lavorativo) e quello di formazione (passaggio ad altro ambito professionale). Nel primo caso, gli impiegati dell’ufficio di collocamento analizzano il curriculum di ciascun disoccupato ed eventualmente propongono uno stage per implementare un certo tipo di competenze. Questo stage può avere una durata massima di sei mesi, prorogabili fino ad altri sei solo per decisione dell’ufficio di collocamento (non dell’azienda ospitante, quindi). In ogni momento, ovviamente, lo stage può essere interrotto in favore di un contratto. Durante lo stage la persona continua a ricevere il sussidio dell’ente, pari al 70% della media degli ultimi sei mesi di stipendio (comunque mai meno di 1200 euro al mese – la somma viene anche modulata in base alla situazione personale, es. un single prenderà meno di un padre con figli a carico). Della somma erogata allo stagista-disoccupato, l’impresa versa il 25%.
Lo stage formativo può durare solo tre mesi e viene svolto sia lavorando presso aziende sia frequentando corsi (lingua, informatica etc). Anche in questo caso lo stagista-disoccupato continua a percepire il sussidio.
In Svizzera l’anno scorso sono stati attivati circa 2000 stage professionali (1700 in aziende private e 300 nell’amministrazione pubblica). Inutile dirlo: inserito in un sistema così virtuoso, lo stage assume un’aura luminosa!

mercoledì 12 novembre 2008

LO SCINTILLANTE MONDO DELLA FORMAZIONE – IL RACCONTO DI GABRIELE

Gabriele, 27 anni, pugliese, mi manda come contributo per il blog il racconto di un colloquio che ha fatto di recente. Laureato in Scienze economiche statistiche e sociali alla Bocconi di Milano, Gabriele ha già alle spalle anche un master e due stage.

Colloquio alle 15 a Piccarello, periferia di Latina. Esco di casa per prendere a Termini il treno delle 13:49 - arrivo previsto ore 14:29.
Mi fanno accomodare in una stanza ricolma di poster dei carabinieri, poi mi chiedono di seguirli in un ufficio. Qui entra un uomo sulla quarantina. «Io non leggo mai i curricula prima del colloquio» esordisce con accento siciliano «Mi parli di lei». Attacco: studi, liceo, l'università a Milano, il master a Roma, alcuni giri per l'Europa e quindi: «Cerco lavoro». Dopo molte chiacchiere inutili, l’uomo arriva al punto: «Ecco in cosa consiste l'offerta di lavoro per cui l'abbiamo chiamata». Prende un foglio bianco su cui fino ad allora aveva solo scarabocchiato. «Noi non facciamo contratti a tempo indeterminato» (gli avevo detto che nella vita volevo qualche sicurezza). «In questi casi infatti gli impiegati smettono di lavorare. Io stesso sono a progetto da otto anni» (contento lui!). Disegna due colonne e continua: «Offriamo un contratto a progetto, ma un po' diverso, migliore. Di solito questo tipo di contratti» e inizia a compilare una delle due colonne «non prevedono malattia, trasferte, buoni pasto, vacanze... Noi invece offriamo ferie, buoni pasto, indennità per le trasferte ma non la malattia» (compila anche l'altra colonna) «Quando ci abbiamo provato, c'è stato un aumento improvviso dei malanni e ovviamente non possiamo permettercelo». Annuisco per compiacere. Mi sto vendendo per il classico piatto di lenticchie...
Dice: «Cerchiamo persone disposte a lavorare come consulenti presso i clienti. Ma questo percorso non assicura crescita professionale e diamo solo 1000 euro lorde al mese. Oppureee» (con enfasi) «potresti entrare nel nostro team informatico come applicativo. Assicuriamo un aumento della produttività esponenziale» (fa una specie di grafico che si impenna) «Offriamo uno stage gratuito di 4-5 settimane, poi 4 mesi a 400 euro e altri 4 a 800 euro. Un corso di formazione di altissimo livello».
Visto che andare un mese a Latina a mie spese mi sembra una follia, decido di smontare le sue affermazioni farlocche attingendo alla grande rabbia che nutro per tutto ciò che sa di lavoro non retribuito o mal pagato, che al sud chiamiamo più onestamente lavoro nero. E inizio la mia riscossa: «Per me le parole hanno un senso, farebbe meglio allora a chiamare quel che sta offrendo non “stage gratuito” ma “stage non retribuito”. Ci sono miei amici che fanno corsi di formazione in azienda e vengono pagati. E comunque questo mi sembra un percorso ad ostacoli». Lui, sulla difensiva: «Ma il nostro è un corso estremamente professionalizzante». Io: «Allora dovremmo anche dirvi grazie?!» Lui: «Certo, perchè quando si esce dall'università non si ha la minima idea del mondo del lavoro e non si hanno conoscenze pratiche». Io: «Per me gli anni di studio hanno avuto un valore. Vuole dire che lei all'università non ha imparato niente?». Lui: «Insomma, le interessa o no la nostra offerta?». «NO» rispondo deciso e, tirando fuori il biglietto del treno, concludo: «Per venire a Latina ho sostenuto delle spese, me le rimborsate?».

sabato 8 novembre 2008

GENERAKTION PRAKTIKUM: STAGE IN SALSA TEUTONICA

Uno dei Paesi europei dove la situazione degli stagisti è più simile alla nostra è la Germania. C’è perfino una definizione, «Generation Praktikum», che viene utilizzata dai media e dalla gente per indicare quei giovani che attraversano il guado degli stage per arrivare nel mondo del lavoro.
Gli stagisti tedeschi hanno però un’agguerrita associazione che li difende
: Fairwork
, che ad oggi conta 700 iscritti e che si batte per una normativa più rigorosa in materia di stage. In particolare Fairwork propone che la durata massima di tutti gli stage sia fissata a quattro mesi, che almeno i tirocinanti già laureati percepiscano un salario minimo, e infine che il concetto di stage venga definito una volta per tutte a livello normativo, affinché sia chiaro cos’è uno stage e le aziende non possano più interpretare il concetto a proprio vantaggio.
L’associazione due anni fa ha anche pubblicato un manualetto, «Dallo stage al lavoro», pieno di dritte per i giovani stagisti
. Interessanti i criteri per individuare «lo stage corretto». Primo, che lo stagista acquisisca davvero nuove competenze. Secondo, che abbia un tutor presente e disponibile. Terzo, che abbia una sua postazione di lavoro. Quarto, che riceva precisi compiti da svolgere. Quinto, che percepisca un buon rimborso spese. Sesto, che lo stage non duri più di tre mesi – al massimo sei mesi in casi eccezionali. Gli autori a questo proposito specificano: «In questo lasso di tempo lo stagista impara, mentre dopo il lavoro è già stato imparato; quindi un datore di lavoro corretto non offrirà stage di dodici mesi!». E consigliano ai ragazzi: non fate mai più di quattro stage. Il libro ha avuto finora una tiratura di 5mila copie; gli autori (Bettina König, Susanne Rinecker e Frank Schneider) sono tutti, ovviamente, ex stagisti.

martedì 4 novembre 2008

LA REPUBBLICA DEGLI STAGISTI SU MILLIONAIRE E SU LEFT

In questi giorni la Repubblica degli Stagisti è due volte in edicola!
Sul settimanale Left l'articolo «Stagisti di tutto il mondo unitevi» è dedicato a questo blog e al sito Stageadvisor: due spazi virtuali che, come rileva la giornalista Valentina Rusconi, cercano di "riequilibrare" il mercato offrendo agli stagisti informazioni per scegliere con cognizione di causa le aziende dove andare in stage.
Il mensile Millionaire dedica al tema dello stage addirittura quattro pagine (il pezzo, scritto
da Tiziana Tripepi, si intitola «Faresti uno stage?»), e qui la sottoscritta appare in qualità di "esperta" per commentare tre storie di stage: quella di una studentessa di 23 anni, quella di una 27enne laureata in psicologia (vi viene in mente niente?), e quella di un musicista 4oenne.
...Buona lettura!