domenica 31 agosto 2008

L'HAN CAPITO ANCHE GLI ENTI PUBBLICI: PERCHÈ PAGARE, SE SI PUÒ AVERE UNO STAGISTA GRATIS?

Siccome ormai è assodato che, come suggeriva Beppe Severgnini già qualche anno fa, l'Italia è una Repubblica fondata sullo stage, gli stagisti possono essere considerati un patrimonio nazionale a disposizione di tutti. Anche - e perchè no? - degli enti locali: che ne utilizzano a bizzeffe (anche se il numero preciso non lo fornisce nessuno), per metterli a svolgere i compiti più svariati.
Accade di recente che un Municipio di una grande città debba sbrigare un lavoro lungo e noioso: compilare una tabella Excel per catalogare tutti i proprietari di locali che hanno compiuto abusi e che sono per questo stati multati dalla polizia. A qualcuno viene l'ingegnosa idea: prendiamo uno stagista!
Così, si rivolgono all'ufficio stage dell'università, per trovare qualcuno da mettere a fare questo lavoro. Naturalmente senza essere pagato... Del resto lo stagista, se lo si paga, che stagista è?
La scelta cade su Alice. Che ha trent'anni e una laurea in giurisprudenza - eppure pare che nessuno si faccia lo scrupolo di chiedersi se non sia un tantino sovraqualificata per questa proposta.
E veniamo appunto alla proposta: uno stage di un anno (un anno!), quattro giorni alla settimana, otto ore al giorno. Per compilare una tabella Excel. In un impeto di generosità l'università promette: loro non ti pagheranno ma per i primi sei mesi ti daremo noi qualcosa, 200 euro (lordi) al mese, facendoti rientrare in uno dei nostri progetti di tirocinio.
Alice si fa due calcoli: con quei 200 euro andrebbe - a fatica - in pari delle spese di viaggio (oltre cento chilometri al giorno). E in più la prospettiva del lavoro da svolgere la deprime: «Volevo imparare qualcosa, e invece loro mi avrebbero messo a fare un lavoro meccanico. Se mi fosse servito forse avrei anche fatto un sacrificio: ma così, no». E quindi alla fine decide di rifiutare l'offerta.
Probabilmente in quel Municipio oggi c'è uno stagista che riempie caselle di una tabella Excel. Magari ha trent'anni, come Alice, e una laurea in tasca, come Alice. E questa è davvero una vergogna.

mercoledì 27 agosto 2008

LE PAROLE SONO IMPORTANTI - SULL'ABUSO DELLA PAROLA «FORMAZIONE»

Lo diceva ormai vent'anni fa Nanni Moretti in uno dei suoi capolavori, Palombella Rossa: le parole sono importanti.
E io, che per natura preferisco sempre i fatti alle parole, mi sto convincendo invece che nella vexata quaestio degli stage ci sia una parola davvero importante, attorno alla quale ruota tanta parte di confusione e ingiustia.
La parola è «formazione». Il dizionario spiega:
«Progressiva acquisizione, attraverso lo studio o l'esperienza, di competenze specifiche». La scuola è l'agenzia formativa per eccellenza: ma poi è vero che, tecnicamente, la formazione non finisce mai, perchè chiunque nell'ambito della sua professione deve tenersi aggiornato - ed ecco quindi le radici del concetto di «formazione permanente».
Purtroppo, come spesso accade in Italia, di questo termine si è cominciato ad abusare, di pari passo con l'aumento degli stage che sono altrimenti detti, appunto, tirocini formativi. Tutti. Senza distinzioni.
Col risultato di far passare per formazione anche ciò che palesemente non lo è: cioè per esempio il periodo necessario ad ogni persona - già formata - per ambientarsi in un nuovo posto di lavoro, imparare i meccanismi di quell'azienda, le procedure, e diventare pienamente operativa.
Diventa fondamentale mettere un freno all'utilizzo scriteriato della parola
«formazione». Per gli stage, basterebbe una modifica semplice semplice della normativa: prevedere che solo gli stage fatti in ambito scolastico o universitario possano essere chiamati «formativi». E che tutti gli altri stage, invece, debbano essere definiti (come correttamente si fa, per esempio, nell'ambito del Progetto Fixo) «orientati all'inserimento lavorativo». Affinchè un giovane universitario sia finalmente differenziato - anche a livello lessicale - da un laureato, e la diversa finalità dei tirocini a seconda della formazione pregressa dello stagista sia messa in evidenza.
Perchè un 22enne in uno stage cerca una formazione, mentre un 27enne cerca un lavoro. E le parole sono importanti.

giovedì 7 agosto 2008

EFFETTI COLLATERALI DEL SISTEMA ITALIANO - QUANDO I GIOVANI FUGGONO ALL'ESTERO

Quanto costa ai genitori italiani la formazione dei pargoli? Tanto, troppo: specialmente considerando che in Italia la formazione sembra non finire mai. Se la scuola dell'obbligo e l'università sono in effetti agenzie formative, e pertanto giustamente a carico delle famiglie, risulta un po' forzato considerare formazione anche tutto il periodo che un giovane italiano passa in cerca di lavoro.
Mi scrive Elena: «Ho fatto la triennale nella mia città, laureandomi nei tempi previsti in Lingue e culture europee, e poi la specialistica a Parma: due anni fuori casa, pagati da mia madre con il suo solo stipendio».
Durante l'università Elena fa uno stage non pagato in Comune, e poi sempre lì il servizio civile. Però, una volta laureata, il vuoto.
«Avevo messo da parte i soldi del servizio civile e ho deciso di investirli in tre mesi di stage non retribuito a New York, alla Rappresentanza italiana presso le Nazioni Unite. Sono riuscita con molti sacrifici a non dover chiedere soldi a mia madre, ma certo ho vissuto NY solo di giorno! Pensavo che una esperienza del genere, unita alla conoscenza delle lingue, mi aiutasse a trovare un lavoro». Invece nulla.
Così Elena decide di scappare dall'Italia: da un anno vive a Barcellona, e per il momento non ha nessuna intenzione di tornare indietro. «Quando mi sono messa alla ricerca di un lavoro, ho notato una differenza fondamentale: qui per poter fare uno stage si deve essere per forza universitari, altrimenti le imprese sono obbligate a fare un contratto - sia pure un "obra e servicio" (comparabile al co.co.co), ma sempre un contratto vero
» spiega, e specifica: «Oggi io sono assunta a tempo indeterminato in un'agenzia di comunicazione, e lavorando 20 ore alla settimana guadagno 800 euro: molto di più di quello che alcune mie amiche prendono in Italia lavorando il doppio! E sopratutto vedo FUTURO, vedo la possibilità di migliorare».
Tornerà in Italia un giorno? «Spero di sì. Ma lo farò solamente se mi offriranno un lavoro retribuito decentemente, che mi permetta di non dover tornare a chiedere soldi a mia mamma
». La pretesa non sembra eccessiva. La domanda è: quante Elene e Olimpie se ne dovranno andare prima che il sistema imprenditoriale italiano comprenda che non è lungimirante sottopagare i giovani e impedire loro di diventare economicamente indipendenti?

sabato 2 agosto 2008

LA REPUBBLICA DEGLI STAGISTI È SU IO DONNA DEL CORRIERE DELLA SERA!

La Repubblica degli Stagisti oggi è in edicola! Io Donna, il femminile del Corriere della Sera che esce ogni sabato, dedica questa settimana un lungo articolo a sei bloggers che attraverso la Rete fotografano la realtà italiana.
La Repubblica degli Stagisti non poteva mancare... Ed è in buona compagnia: gli altri blog citati sono
Generazioneblog di Federico Mello, Sorelleditalia, Akille, l'Ecoblog e Pornoromantica, che recentemente è diventato anche un libro pubblicato da Fazi.
L'articolo è firmato dalla brava Monica Vignale, le foto (qui potete vedere la pagina iniziale, con i sei ritratti in primo piano) sono di
Sirio Magnabosco. E questa è la pagina con i riquadri dedicati a me e a Federico Mello. Buona lettura e... Grazie Io Donna!