domenica 9 marzo 2008

LA CARICA DEI 500MILA STAGISTI

Vi segnalo un reportage, forse un po’ datato (risale infatti al maggio 2006) ma decisamente interessante, realizzato dal giornalista Guido Maurino come lavoro di fine corso della scuola di giornalismo di Urbino. Tutto dedicato alla questione stage: con interessanti confronti tra la situazione italiana e quella francese, e con un'indagine volta a far luce su quanti sono gli stagisti in Italia. Maurino si trova di fronte allo stesso problema denunciato più volte su questo blog: mancando un Registro nazionale degli stage, nessuno sa con precisione quanti siano in Italia i giovani che fanno stage.
Si legge nell'articolo:
«Se si mettessero tutti insieme sarebbero più di tutti i dipendenti di Fiat, Eni e Enel. Un esercito, la più grande massa di lavoratori in Italia, seconda solo ai dipendenti pubblici. Ma gli stagisti hanno due problemi: non sono considerati lavoratori e non compaiono nelle statistiche. Non ce n'è traccia nei dati dell'Istat e nemmeno in quelli di Inail, ministero del lavoro o dell'istruzione. Capire quanti sono è quasi impossibile».
Maurino prova a incrociare i (pochi) dati disponibili, e arriva a una cifra impressionante:
circa 200mila stagisti allievi delle scuole superiori, altri 53mila studenti universitari, 30mila stagisti allievi di master post-universitari, altri 30mila che passano dai centri per l’impiego. Da sommare al mare magnum degli stage nel pubblico impiego e negli enti statali e locali, più tutti gli altri tirocini attivati autonomamente dalle aziende, senza intermediazioni. Totale: non meno di 500mila ragazzi in stage
ogni anno in Italia.
Il reportage si chiude con una lunga intervista a Michele Tiraboschi, docente di diritto del lavoro all’università di Modena e già allievo di Marco Biagi. Il professore difende a spada tratta gli stage, sostenendo che sono un ottimo modo per preparare i ragazzi ad entrare nel mondo del lavoro. Ma poi, messo alle strette, ammette:
«Le imprese che abusano degli stage sono tante». Anche se prevede che, giocando «sul basso costo della forza lavoro e non sulla qualità del capitale umano, nel medio e lungo periodo queste imprese verranno punite dal mercato».
C’è da sperarlo. Ma finchè questo medio-lungo periodo non arriva, queste tante imprese guadagnano prendendo gli stagisti uno-via-l’altro, e i ragazzi lavorano gratis per poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.

41 commenti:

Anonimo ha detto...

Tiraboschi ha ragione, ma ha troppo minimizzato: queste imprese sono già ampiamente punite dal Mercato, l'unico giudice reale di tante parole al vento che leggiamo in giro.

:-)

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Sono assolutamente convinta che il professor Tiraboschi, così convinto sostenitore dei modelli contrattuali flessibili e degli stage, non abbia usato le parole a sproposito.
Se ha usato il tempo futuro e dichiarato «nel medio e lungo periodo queste imprese verranno punite dal mercato», lo ha fatto certamente a ragion veduta. Inutile usare un ottimistico indicativo presente. Le aziende che sfruttano gli stagisti oggi come oggi in Italia non vengono affatto punite: anzi, guadagnano più delle altre, perchè dispongono di una forza lavoro a costo quasi nullo.
Non ci resta che sperare che la profezia di Tiraboschi si avveri il prima possibile, e che in un futuro il più prossimo possibile le aziende scorrette vengano finalmente punite dal mercato (io uso la minuscola, vah...)
Voi che ne pensate?

Anonimo ha detto...

e nel frattempo che facciamo?si va avanti come prima?

Anonimo ha detto...

@eleonora
Tiraboschi può avere spesso ragione, ma non ha la scienza infusa. Una giovane come te lo dovrebbe sapere.

;-)

Avere nella propria azienda gente che lavora non felice porta sempre danni, nel breve, medio e lungo termine - allo stesso modo avere sempre e solo stagisti non permette di curare la qualità
perchè gli stagisti non lavorano, ma fanno formazione-lavoro durante la loro permanenza.

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Le mie posizioni sono nella maggior parte dei casi molto divergenti da quelle del professor Tiraboschi: pertanto non credo affatto abbia la "scienza infusa" né che sia infallibile. Sottolineavo però che anche un incallito sostenitore degli stage come lui ha dovuto ammettere, nel corso dell'intervista a Maurino, che ci sono tante aziende che sfruttano gli stagisti (nb: sfruttare gli stagisti vuol dire farli lavorare anzichè spendere tempo ed energie nella loro "formazione"). E ha usato il tempo futuro per dire che queste aziende un giorno (forse... speriamo) verranno "punite" per il loro comportamento scorretto.
Mi sembra significativo quindi sottolineare che perfino un sostenitore della flessibilità abbia dovuto ammettere che vi sono molte falle nel sistema, e che molte (non poche: MOLTE) aziende ne approfittano per usare gli stagisti come forza lavoro impropria.
Arrivando alla domanda di Benny: tu lo sai bene, io sono fermamente convinta che ci si debba muovere. Altro che lasciare le cose come stanno! Dobbiamo trovare il modo di far sentire la nostra voce e di mettere il mondo politico con le spalle al muro: il mercato del lavoro è ingessato e loro devono riformarlo. A cominciare dalle fasce attualmente più vessate e sfruttate: cioè i giovani laureati. Stagisti e milleuristi perpetui.

Anonimo ha detto...

@eleonora
non è quello il futuro a cui faceva riferimento ... e come si diceva prima, non ha la scienza infusa.

:-)

Comunque felici di vedere che anche tu ci dici che gli stagisti fanno formazione e non lavoro.

;-)

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Non gradisco che vengano snaturate le mie dichiarazioni. Per legge lo stage dovrebbe essere un momento di formazione. Continuo però a pensare che, almeno per quanto riguarda gli oltre 200mila laureati che fanno stage ogni anno in Italia, lo stage sia tutto tranne che formazione. Prova ne sia che tantissimi ragazzi il loro tutor non l'hanno mai visto in faccia: e che i "progetti formativi" sono puro fumo, assolutamente scollati dalle reali mansioni che vengono affidate allo stagista.
Ho detto quindi che, secondo la normativa vigente, lo stage DOVREBBE essere formazione: e che perciò utilizzare uno stagista facendolo lavorare è improprio. Però siccome la situazione reale è questa, è su questa che si deve lavorare: senza mettere la testa sotto la sabbia e negare che gli stagisti nelle aziende e negli uffici italiani siano lavoratori camuffati.

Anonimo ha detto...

@eleonora
se lo stagista dovrebbe fare formazione e non ne fa molta a quanto dici, e non lo si dovrebbe utilizzare per lavorare ...

domanda: cosa dovrebbe fare il nostro amato stagista?

:-)

Un saluto

Eleonora Voltolina ha detto...

Il "nostro amato stagista" dovrebbe, come nel resto dei Paesi CIVILI, fare stage durante il suo PERIODO DI FORMAZIONE: cioè la scuola e l'università. Quello è il periodo deputato alla formazione, pertanto insieme allo studio sui libri è giusto che gli studenti si approccino anche al mondo del lavoro attraverso stage e tirocini.
Gli stage alle scuole superiori e all'università vanno benissimo.
Ma prolungare ALL'INFINITO il periodo di formazione solo per far comodo alle aziende, che così possono avere forza lavoro già formata e laureata a costo zero o semizero, è un'ingiustizia che va sanata.
Pertanto: o gli stage vengono limitati PER LEGGE agli studenti e ad altre limitatissime categorie (persone che percepiscono dallo stato il sussidio di disoccupazione, persone disabili), oppure si stabilisce (sempre PER LEGGE) che gli stage possono essere effettuati da chiunque, ma che i laureati avranno sempre e comunque diritto a percepire un rimborso spese non inferiore a una certa cifra dignitosa (es. 700 euro al mese).
Ecco come dovrebbe essere regolamentata, secondo me, l'attività del nostro "amato stagista": differenziandola a seconda che la persona sia ancora nel suo periodo di formazione (scuola + università) o che l'abbia già terminato.
In tutti gli altri Paesi civili è così, non si capisce perchè in Italia no.

Anonimo ha detto...

@eleonora
allora, in quel che dici elly non tutto è sbagliato, ma purtroppo, di fronte ad istituzioni che non funzionano e che sfornano persone - generalizzando - poco capaci, non te la puoi prendere con le imprese, e non puoi neppure pensare che queste prendano a lavorare incapaci ed ignoranti.
Si chiamerebbe carità.

:-)

Appunti ...

- la formazione nel mondo moderno è permanente, non finisce con la fine degli studi: lo stage pertanto copre 18 mesi dopo la laurea, come è normale che sia.

- la formazione-lavoro che si elargisce ai ragazzi durante uno stage non può avere un pagamento agli stessi come pretesa. E' un controsenso oggettivo. Il pagamento ci può essere, ma deve rimanere sempre discrezionale, a seconda dei casi.

:-)

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Cari Prime
voi sostenete che le imprese non devono pagare l'inefficienza e l'inadeguatezza delle università italiane, che non formano a dovere gli studenti e li catapultano nel mondo del lavoro ancora impreparati.
Io vi rigiro la questione: allora sono i giovani che devono pagare questa inefficienza e inadeguatezza, rassegnandosi a dover accettare stage per imparare a lavorare?
Non ha molto senso, anche perchè così si condannano migliaia di 25enni al bamboccionismo, impedendo che diventino economicamente indipendenti e che si possano costruire una vita e una carriera.
Mi dispiace, ma dal momento che una persona esce dall'università anche in Italia deve accadere come in tutti gli altri Paesi civili: quella persona deve essere considerata in grado di lavorare, messa alla prova magari, ma PAGATA per il suo tempo, il suo impegno e le sue capacità.

Piccolo appunto sulla formazione "permanente": è pura demagogia. Certamente, come ho scritto più volte su questo sito, non si finisce mai di imparare. Certamente anche i chirurghi devono aggiornarsi, imparare le nuove tecniche etc. Ma ciò non vuol dire che per i loro periodi di formazione i lavoratori debbano FERMARSI E NON GUADAGNARE.
Pertanto, una volta finita l'università, la formazione continua: ma non deve essere confusa con lo sfruttamento.

Eleonora Voltolina ha detto...

Voglio aggiungere una cosa. Il discorso di Prime NON REGGE. La ragione è semplice: nessuno - spero - metterà in dubbio che anche l'Italia ha università di eccellenza. Per esempio, la Bocconi.
Ecco, la prova che il loro discorso non sta in piedi e che il sistema italiano è marcio è questa: PERFINO GLI STUDENTI DELLA BOCCONI, che escono da un'ottima università e sono molto ben preparati, si sentono offrire solo stage dopo la laurea.
Questo cosa vuol dire? Che ormai le aziende sono abituate troppo bene. E che non fanno contratti se tanto sanno che possono avere le stesse (brillanti e già competenti) persone senza doverle pagare, semplicemente sfruttando lo strumento dello stage.
Si ritorna quindi al solito discorso: ormai le aziende usano gli stage per calmierare i costi del personale. E prendono come stagisti anche ragazzi capaci e produttivi, perfettamente in grado di creare profitto.

Anonimo ha detto...

Purtroppo però molti giovani avettanno quesat situazione,parlando con molti amici e conoscenti mi sono sentito più volte dire:"oramai devi passare per forza dallo stage,é normale essere sfruttato per qualche mese o annocosa pretendi?"
Mi spiace lo stage non fa per me,non mi sento ancora tanto idiota da accettare discorsi simili

Eleonora Voltolina ha detto...

E' vero Benny, io ho affrontato una volta questo discorso...
Ecco quello che avevo scritto, a settembre, nel SECONDO post di questo blog (quanto tempo è passato...):
«La responsabilità non è solo di chi offre gli stage.
La responsabilità è anche di chi li accetta, contribuendo suo malgrado ad alimentare questo mostruoso "mercato" che allunga a dismisura il momento in cui una persona può avere uno stipendio dignitoso e smettere di chiedere la paghetta ai genitori per potersi mantenere (magari in un'altra città).
E la responsabilità è anche di una certa mentalità italiana, un po' paternalista un po' gerontofila, per la quale in fondo è giusto che un giovane "subisca". Secondo il triste concetto, per fortuna ignoto nei paesi anglosassoni, che un giovane che entra nel mondo del lavoro deve prima popparsi un bel po' di pedate e umiliazioni, e solo dopo può rivendicare il diritto ad essere riconosciuto (e pagato) per quel che sa fare e vale.
Anche i genitori più illuminati e saggi, quando per l'amato e magari anche brillante figliolo arriva il fatidico momento di trovare un lavoro dopo la laurea, consigliano "di avere umiltà, cominciare dal basso, accettare lo stage". Consapevolmente o meno, si rendono corresponsabili della malsana situazione».

Questo per dimostrarti, caro Benny, che sono molto d'accordo con te. Anche se nella mia vita ho fatto uno stage durante l'università... e ne ho accettati ben 4 dopo averla terminata: malgrado fossi consapevole di valere di più, di poter ambire a un contratto più serio e a uno stipendio vero.
Perchè? Perchè la lotta contro un intero sistema non la si può fare da "singoli".

Anonimo ha detto...

non si può lottare da soli ma bisogna mettersi d'accordo perché per una persona che lotta ce ne sono altre 10 pronte ad accettare la situazione che annullano il lavoro fatto dagli altri.

Eleonora Voltolina ha detto...

E' proprio quello il problema, Benny! Anche se un singolo decide di ribellarsi, ciò non ha alcun effetto sul SISTEMA in generale.
Ecco perchè c'è bisogno di una regolamentazione della situazione: perchè i singoli sono troppo deboli per rifiutare gli stage anche se sottopagati, e pretendere condizioni dignitose.

Anonimo ha detto...

@eleonora
non sono i giovani a dover pagare. Ma il loro riscatto passa attraverso il raggiungimento di qualità che li rendano idonei ed appetibili per il Mercato, non certo atraverso la costruzione per loro di assurde e medioevali tutele che saranno presso spazzate via dai venti dell'economia mondiale.

E' proprio il costrutto di base su cui ti basi elly che è sbagliato: tu sei brava, e il cervello ti funziona, ma se parti da assunti non utili, tutto diventa poi sterile.

Spesso gli stage dove si da prova delle proprie capacità reali si trasformano in lavori veri e propri, e chi non ha la testa ferma a 50 anni fa è sempre di questo contento, perchè ogni cosa ha sempre dei forti aspetti positivi.

La formazione permanente è la + bella realtà di questo mondo lavorativo: chi non la persegue è fuori dai giochi.

:-)

@benny
non fare un dramma di un vantaggio competitivo.

Eleonora Voltolina ha detto...

Come ho già detto, la formazione permanente va inquadrata bene. Tutti devono svolgere la loro professione aggiornandosi continuamente, dal giornalista al medico fino al semplice impiegato delle Poste. Ciò non vuol dire SNATURARE il concetto di formazione, che per sua natura è un percorso che comincia, ha il suo svolgimento e poi finisce.
Dalle elementari alle superiori c'è la formazione obbligatoria, la "scuola dell'obbligo". Poi c'è l'università, in cui ogni corso di laurea ha una durata precisa e un preciso numero di esami da sostenere. Poi eventualmente ci sono i corsi post-laurea, i dottorati, i master: tutta formazione con limiti temporali ben precisi.
Il fatto che, uscito dall'università, un laureato oggi si senta dire "Tu ti devi ancora formare, per cui beccati qualche mese di stage e zitto" è un'aberrazione. SPECIALMENTE se gli stage sono troppi (io, ricordo, ne ho fatti ben quattro tra i 26 e i 29 anni) e/o troppo lunghi (stage di cinque-sei mesi...).

Anonimo ha detto...

@eleonora
La formazione al giorno d'oggi è cosa diversa ... hai un concetto un po antico di questa.

:-)

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Secondo il dizionario De Mauro, per "formazione" si intende il "processo evolutivo a livello psicofisico, morale, intellettuale dovuto all’educazione, all’esperienza, all’ambiente" e poi "l’insieme dei principi, dei valori o delle conoscenze acquisiti mediante tale processo".

Credo che il concetto di formazione attraversi i secoli e i millenni: imparare a fare qualcosa, apprendere le nozioni necessarie a svolgere poi una determinata mansione o, più in generale, una professione.
Poi magari nell'antico Egitto significava imparare i geroglifici e oggi significa imparare a usare il computer: ma questi sono dettagli.

Anonimo ha detto...

@eleonora
In egitto non cambiava cosi spesso l'uso dei geroglifici.

Ti sei risposta da sola.

:-)

Eleonora Voltolina ha detto...

Già, ma com'è che nel resto del mondo non è così?
Com'è che gli stagisti 25-30enni esistono solo in Italia?

Anonimo ha detto...

Perché Noi italiani amiamo distinguerci dagli altri...

Alessandra ha detto...

La differenza dell'Italia rispetto al resto del mondo è essenzialemente nel costo del lavoro: se si pensa che € 1.000,00 di stipendio costano all'azienda più del doppio è facile capire perchè in europa lo stipendio medio italiano è uno dei più bassi.
Inoltre i continui cambiamenti normativi e fiscali (dovuti in parte dai continui cambiamenti di governo)rendono impossibile una pianificazione e questo incide molto sulla struttura di un'azienda: chi non ha certezza del futuro non amplia la propria organizzazione che rimarrà stabile nei suoi ruoli chiave e mobile per le necessità di breve termine. A questi motivi si deve aggiungere un'esigenza di flessibilità fisiologica dovuta dalla competizione a livello mondiale. Ciò che molte imprese italiane hanno imparato o stanno imparando o devono ancora imparare è ad usare bene questa flessibilità senza che diventi "sfruttamento" e ciò che un governo deve garantire è che la flessibilità non si trasformi in precarizzazione del lavoratore.
Questo scenario i laureati della Bocconi (che appena usciti dall'Università sono tutt'altro che competenti) lo dovrebbero conoscere bene e averlo studiato e quindi dovrebbero in parte anche loro saper sfruttare gli aspetti positivi che possono nascerne fuori. Apro una piccola polemica generalista di quelle che non piacciono a nessuno (e quindi nemmeno a me): conosco un ragazzo rumeno che è venuto in italia montando mobili, ha imparato l'italiano e l'Italia e ha aperto un'impresa, poi è andato in Turchia ha imparato il turco e ha aperto un'attività anche lì. Perchè non sento mai un italiano protagonista di queste storie? perchè i più giovani imprenditori italiani sono figli di papà? perchè per alcune tipologie di lavoro gli italiani non si trovano più? Forse il compito dei laureati di oggi è proprio quello di cambiare questa cultura che oggettivamente credo ci vada un po' stretta, però per cambiare mentalità bisogna prima di tutto smettere di credere che uscito dall'università ho ottenuto una sorta di pass che mi da il diritto ad occupare una scrivania.

Eleonora Voltolina ha detto...

Caro Filippo
ti ringrazio per l'intervento, scrivi cose molto interessanti e in parte condivido le tue considerazioni.
Quando dici che in Italia il lavoro costa troppo hai perfettamente ragione, per esempio. E' certamente quello, insieme a una legislazione anacronistica (dall'articolo 18 in giù) e a una situazione giudiziaria kafkiana, a frenare lo sviluppo delle imprese italiane e anche gli investimenti di imprenditori stranieri in Italia.
Non capisco però il tuo discorso sui laureati, bocconiani e non. Io mi chiedo: ma se questi laureati italiani sono davvero così fessi, incapaci e improduttivi, com'è che quando si trasferiscono a Londra o Barcellona o Berlino trovano SUBITO un lavoro con un contratto normale e uno stipendio da mille e più euro al mese?
Forse qualcuno pensa che in Spagna o in Inghilterra i datori di lavoro siano più cretini degli altri e si prendano in ufficio gente incompetente, pagandola pure??
Non credo proprio. La verità è che una persona di 25 anni, con una laurea in tasca e magari già qualche esperienza nel mondo del lavoro, nel 90% dei casi è perfettamente capace di lavorare e produrre profitto.
Solo che qui in Italia, dato che abbiamo la possibilità di sfruttare ignobilmente i ragazzi prendendoli come stagisti, perchè mai dovremmo romperci le scatole a fare i contratti giusti e adeguati alle loro capacità e competenze? E perchè mai dovremmo PAGARLI, se possiamo averli gratis o semigratis?

Anonimo ha detto...

@filippo
una mente flessibile fa sempre bene alla discussione.
Certe storie come quella dell'operaio rumeno non le senti perchè ai giornalisti italiani piace il piagnisteo e le storie tristi, faticano a scegliere le storie di successo che ci sono e sono molte.

@eleonora
a parte il falso mito, sembra che filippo ci abbia anticipati dal risponderti.
In altri paesi il costo del lavoro è la metà di quello dell'italia, e permette altre scelte + tranquillamente. Non abbiamo gente che chiede + Stato, abbiamo gente che chiede + liberismo.

La demagogia non ti fa bene.

:-)

Un saluto

Eleonora Voltolina ha detto...

Credo che i Prime si siano persi qualche puntata, malgrado siano frequentatori attentissimi di questo blog.
Io ho più volte detto che in Italia bisognerebbe riformare radicalmente il mercato del lavoro, rivedere i privilegi dei contratti a tempo indeterminato, smantellare il regime di "illicenziabilità", svecchiare le regole insomma.
Ciò non significa, ovviamente, che io possa mettere la testa sotto la sabbia e fingere, come spesso purtroppo fanno i Prime, che tutto vada bene e che la situazione di migliaia di giovani costretti a fare gli stagisti o i cocopro per 800 euro al mese sia qualcosa di accettabile, dignitoso e degno di un Paese civile.
Ah, dimenticavo: come mai nessuno ha risposto alla mia ultima domanda? In caso ve la foste persi, la ripeto: se i laureati italiani sono così scarsi da non meritare altro che stage, perchè non appena volano a Londra o a Barcellona trovano subito lavoro con contratti normali e stipendi adeguati? Forse i datori di lavoro stranieri sono più fessi? Forse sono masochisti e gli piace mettersi in ufficio gente incompetente e pagarla per lavorare male?
O forse, anche se è difficile da mandar giù, il fatto che i giovani laureati che scappano all'estero trovino lavoro e guadagno è la prova provata che in Italia la situazione è malata?

Anonimo ha detto...

In Italia il costo dei lavoratori é elevato eppure ci sono mote tipologie di contratto che al datore consentono di ripsparmiare parecchio in termini di contributi ma nonosrtante ciò pagano una miseria di stipendio.
All'estero sottolineo che sono molto utilizzate in fase di selezione e assunzionn le agenzie del lavoro,le imprese che si rivolgono alle agenzie pagano in sostanza il doppio dello stipendio(uno va al lavoratore e una parte va come commissione all'agenzia) per cui a mio parere all'esteroinvestono molto di più sul nuovo personale.

Anonimo ha detto...

@eleonora
ma ti abbiamo risposto ... ti ha risposto sia filippo, che noi ...

:-)

@benny
non fare paragoni con i posti citati da elly, sembra tu li conosca poco a livello fiscale come lei ...

:-)

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Cerchiamo di scindere i due discorsi, la confusione non fa mai bene.
Una cosa è la questione della troppa pressione fiscale e delle leggi che stritolano i datori di lavoro per quanto riguarda i rapporti con i dipendenti a tempo INdeterminato.
Un'altra cosa (BEN DIVERSA) sono le capacità di un neolaureato.
Le due cose sono connesse ma non sovrapponibili. Pertanto: una cosa è dire che un laureato NON E' CAPACE a lavorare, e quindi che le aziende fanno bene a prenderlo come stagista, a non pagarlo etc. Questa posizione, assolutamente non condivisa da me, è stata più volte sostenuta da coloro che si celano sotto l'appellativo di Prime.
Un'altra cosa (ripeto: ben diversa) è dire che le aziende SI DIFENDONO COME POSSONO dal costo eccessivo del lavoro, e cercano di risparmiare prendendo stagisti, interinali, contrattaprogettisti e quant'altro, per poter avere personale in ufficio spendendo di meno.

Se qualcuno sostiene che i neolaureati NON SONO CAPACI DI LAVORARE, come spiega il fatto che quegli stessi neolaureati non appena varcano i confini trovano lavoro? Ripeto: sono tutti deficienti gli imprenditori stranieri?

Anonimo ha detto...

@eleonora
le due cose non sono separate.
In altri tempi - ricordiamo Fantozzi - anche per gli incapaci e/o i nullafacenti c'era sempre posto.

Oggi tutto questo è cambiato.

Le aziende si difendono anche evitando di prendere persone non capaci.

Devi stare serena nel pensare che le persone capaci vengono prese sempre. Sono quelli non capaci che soffrono questo periodo storico.

Poi ti è stato già detto - e fai tu confusione come al solito: da altre parti trovano + facilmente lavoro perchè le imprese sono trattate molto meglio che in italia, percui l'imprenditore è più disposto a prendere la persona, in particolare neolaureata.

Te lo ha detto filippo, te lo stiamo dicendo noi ... ma ora lo hai capito?

;-)

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Ho capito che non volete ammettere la realtà dei fatti.
Se uno è incapace, è incapace a Roma come a Londra.
Se uno è capace e meritevole di ricevere uno stipendio dignitoso, lo è a Roma come a Londra.
Con le vostre parole confermate la mia tesi: e cioè che i giovani in Italia vengono sfruttati, le aziende si "vendicano" su di loro per il costo troppo alto del lavoro, per le tasse esorbitanti, per le sentenze a senso unico dei tribunali del lavoro.
Lo stagista è diventato questo: il punchball.

Anonimo ha detto...

Che queste aziende alla fine verranno punite dal mercato ce ne facciamo meno di niente. Non che non sia vero, ma da che mondo è mondo quando dai alle parti sociali più forti la possibilità di allargare la forbice sociale a loro piacimento, essi ne approfittano. Poi in effetti, alla lunga, è un darsi la zappa sui piedi, e a quel punto vengono danneggiati tutti, non solo i più deboli.
Ci dovrebbe essere un governo che vigila su queste cose, che non permette una jungla.

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Alessandra ha detto...

questo blog ha sempre dei dibattiti molto accesi e quindi spero costruttivi, peccato che non riesco a frequentarlo assiduamente e tutte le volte ci devo mettere un po' ad aggiornarmi sul dibattito.
Non credo che i laureati italiani siano scarsi, nè che gli imprenditori stranieri siano fessi. Guardiamo la nostra realtà con un esempio: quest'anno le domande più frequenti ai convegni sulla finanziaria 2008 sono state quelle sul cosidetto "regime dei minimi" regime contabile fiscale per chi non supera i 30.000 € di volume d'affari. Saremo un popolo di evasori oppure no, la realtà è che in italia impera la microimpresa, il più delle volte a conduzione familiare. Un po' di globalizzazione l'abbiamo sentita anche noi, ma tutto sommato il nostro sistema economico è sempre quello. Questo tipo di realtà solitamente non hanno una struttura adeguata per far crescere bene le persone con alto grado di formazione. Di contro i lavoratori con percorsi formativi di alto livello sono aumentati (se prima erano 100 ora sono 1000);per chi esce dall'università anche con qualche esperienza lavorativa la concorrenza è comunque dura, figuriamoci per chi non ha nessuna esperienza. Quindi chi va all'estero fa bene, perchè c'è più offerta da parte di imprese più grandi che hanno le strutture adeguate per farli crescere. Anzi secondo me dovrebbero essere molti di più quelli che fanno questo tipo di esperienze, perchè poi magari dopo un anno tornano in italia e il più delle volte trovano posti adeguati alle proprie capacità, saltando la trafila dei contratti temporanei o degli stage. Questo poi potrebbe essere anche un modo per cercare di rallentare la concorrenza in Italia, perchè se ci sono tanti stage è perchè c'è anche la coda fuori ad aspettare anche questo tipo di opportunità. Se poi ci fosse una politica economica che agevola veramente le assunzioni, il quadro potrebbe migliorare. Però ripeto è un cambiamento che deve partire da tutti i protagonisti del mercato,per primi i ragazzi che cercano la prima occupazione. Per questo quando entro in questo spazio provo a dire la mia cercando delle alternative e lascio perdere le classifiche dei buoni e dei cattivi o le statistiche su quanti stage si fanno a testa in media (di cui però non voglio mettere in discussione l'utilità o la bontà d'intenti).
Un saluto a tutti

Anonimo ha detto...

@eleonora
uelà, sembra che anche tu stia imparando a tagliare le idee diverse dalla tua nei commenti. Eleonora demagogica? Speriamo di no.

:-S

Il commento era:

"Forse non conosci elly la differenza tra la tassazione sulle imprese e sul lavoro di Barcellona, di Londra, di Dublino da quella che c'è in Italia?

Purtroppo l'unica cosa che ottieni con uscite come la tua ultima è far vedere la tua ignoranza nella conoscenza dei costi dell'impresa in europa.

;-) "

@filippo
Sempre attento, complimenti.

:-)



Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Cari Prime,
nel commento precedente, da me tagliato, mi davate dell'"ignorante". Ora avete addolcito la forma, pertanto lascio il vostro commento "riformulato". Ma l'ho già detto qualche settimana fa: non tollero più maleducazione nei commenti.

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora! ho visitato il tuo blog, molto ben fatto, dopo il tuo intervento su "Diversamente Occupati" di Arnald.

A proposito dell'intervento di Tiraboschi, la diagnosi è corretta: il declino delle nostre imprese è inevitabile, anche se in realtà, legge Biagi a parte, è iniziato con l'avvento dell'euro, cosa che non ha più consentito ai nostri bravi imprenditorucoli di fare profitti aggrappati alla svalutazione della lira. La diagnosi è corretta, ma Tiraboschi trascura un piccolissimo dettaglio: parla solo di stage, trascurando i co.co.pro. e le altre forme di lavoro atipico.

Nel caso di aziende che abusano degli stagisti lo scambio economico è tutto sommato equo: l'azienda "sfrutta" per un periodo lo stagista (ma, si badi bene, per posizioni marginali e comunque non di responsabilità e di valore per l'impresa) ma lo stagista ne riceve in cambio un pò di formazione o, male che vada, una stelletta per impreziosire il proprio curriculum.

La vera causa del declino sta nell'abuso delle altre forme di contratto previste dalla Biagi, poichè a tutti gli effetti vanno a sostituire un rapporto di lavoro dipendente, anche - ed è qui il nocciolo della questione - per posizioni manageriali e di responsabilità.

Per ora sono i lavoratori a subire lo sfruttamento, ma, in un periodo non troppo lontano, saranno le imprese a divenire beffardamente "precarie", con intere generazioni che, desensibilizzate per anni a questa mercificazione del proprio lavoro, saranno pronte ad abbandonare le aziende per cui lavorano, ricoprendo anche in posizioni di responsabilità, per un pugno di euro in più. Non vedo l'ora.

Precarially Yours,
Max Cosmico!

Eleonora Voltolina ha detto...

Caro Max Cosmico
grazie di essere passato da queste parti! Sono contenta che il blog di Arnald ci abbia messi in comunicazione.
Volevo solo fare una riflessione su una parte del tuo intervento.
Non sono d'accordo con te quando scrivi che "l'azienda "sfrutta" per un periodo lo stagista (ma, si badi bene, per posizioni marginali e comunque non di responsabilità e di valore per l'impresa) ma lo stagista ne riceve in cambio un pò di formazione o, male che vada, una stelletta per impreziosire il proprio curriculum".
In questo blog più volte è stato denunciato che gli stagisti spesso svolgono mansioni importanti nelle aziende per le quali lavorano. Non di rado gestiscono clienti: un'amica con master in Bocconi durante il suo stage gestiva budget di 20mila euro e più. Se vai a guardarti i post un po' più vecchi, poi, ne troverai uno dedicato agli stagisti giornalisti "in prima pagina": stagisti talmente poco "marginali" da scrivere (su testate importanti) non nella pagina delle sagre di paese, ma in prima pagina.
Ecco quindi, Max, che lo stagismo rientra a mio parere appieno nella categoria che tu denunci, cioè quelle "forme di contratto previste dalla Biagi, che a tutti gli effetti vanno a sostituire un rapporto di lavoro dipendente".
Un saluto e a presto!

Eleonora

Eleonora Voltolina ha detto...

Una precisazione: ovviamente il mio discorso vale prevalentemente per quegli stagisti che hanno lauree e magari anche master nel curriculum.
Per gli stagisti studenti delle scuole superiori o universitari, il discorso di Max Cosmico può invece essere corretto: raramente svolgono mansioni di rilievo nei posti di lavoro dove fanno tirocinio.

Anonimo ha detto...

@max cosmico
ma davvero sei convinto di quel che dici in merito al lavoro atipico, oppure era tutto una grande battuta?

:-)

un abbraccio