lunedì 23 giugno 2008

I NUOVI DATI DI ALMALAUREA SUGLI STAGISTI UNIVERSITARI

Sono usciti i dati di Almalaurea sui laureati del 2007. Indovinate un po'? Gli stagisti sono in aumento!
Già ne avevo parlato un paio di mesi fa, nel post "Qualche dato sugli stagisti universitari". Torno volentieri sull'argomento per un aggiornamento.
Allora, eravamo rimasti a 43,7%: era questa la percentuale di studenti (laureati nell'anno 2006) che aveva svolto almeno un periodo di tirocinio durante il percorso universitario. Il dato era sempre in crescita, anno dopo anno. E anche il 2007 non fa eccezione: Almalaurea rileva che il 50,8% degli studenti universitari laureati l'anno scorso - cioè circa 94mila persone su un totale di poco meno di 185mila - ha svolto uno stage (in quattro anni il numero è quasi raddoppiato: nel 2004 erano solo 47mila!).

Questo, come detto già tempo fa, è un dato positivo. L'Italia si sta - lentamente - adeguando al resto d'Europa e del mondo occidentale: dove gli stage, essendo "formativi", vengono appunto svolti durante il percorso formativo per eccellenza, che è l'università. E non dopo la laurea.
C'è da sperare che questa percentuale continui a salire: tutti gli studenti universitari dovrebbero dedicare un po' di tempo agli stage per "assaggiare" il mondo del lavoro e affiancare alla teoria anche qualche mese di pratica. Ma sopratutto c'è da sperare che le imprese italiane non facciano le furbe: e non continuino a proporre, a laureati che hanno già stage alle spalle, sempre e solo contratti di stage "per cominciare".

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Il punto è che quasi sempre le aziende quando valutano i curriculum fingono di non vedere gli stage fatti all'università. Preferiscono considerare il neolaureato un pivello completamente senza esperienza anche se magari ha fatto uno o due stage durante l'università. Gli conviene, perchè così possono proporre l'ennesimo stage. E allora uno magari evita anche di perdere tempo con stage all'università dato che sa che non verranno considerati dai datori di lavoro

Eleonora Voltolina ha detto...

Caro Anonimo
non condivido il tuo pessimismo. Non credo che fare uno o più stage all'università sia una perdita di tempo, anzi: credo che sia un modo per GUADAGNARE tempo, cioè per arrivare alla laurea con un bagaglio di pratica da poter "esibire" in aggiunta alla preparazione teorica.
Credo poi che stia anche ai giovani, in sede di colloquio, cercare di far valere e "pesare" gli stage effettuati da studenti. Della serie: "Lei mi offre uno stage? No, grazie, come può vedere dal mio curriculum ne ho già fatti due quando ero all'università, ora miro a un contratto vero".
So che non è facile. So che molti selezionatori del personale alzerebbero il sopracciglio, e ribatterebbero "Quando si inizia ci vuole umiltà...".
Ma a forza di umiltà qui cominciamo a guadagnare a 30 anni, e fino ad allora viviamo come bamboccioni, eternamente mantenuti dai genitori.
E allora io dico che è meglio usare il periodo dell'università per fare il più possibile, stage (e corsi, e patentini...), in modo da arrivare alla laurea con un curriculum già ricco: per avere carte in più da giocare nei colloqui, per dribblare la solita sequela di stage.
Se gli stage, insomma, sono ormai una conditio sine qua non per entrare nel mondo del lavoro, allora meglio farli prima che dopo!

Anonimo ha detto...

Io condivido invece il pessimismo di anonimo. Il mio stage all'università mi ha fatto ritardare la laurea di 9 mesi e non mi è stato di alcun aiuto nella ricerca di un lavoro, anzi; mi sono dovuto adeguare cambiando settore e ovviamente, dovendo ripartire da (quasi) zero, mi sono dovuto accontentare dello stage per iniziare.
Quindi, perché perdere tempo (e salute, denaro, etc) prima se poi si dovrà ripetere la stessa esperienza dopo?
Sfogo a parte, c'è un punto sul quale rifletto ogni volta che capito su queste pagine: leggevo qualche tempo addietro che l'80% (da prendere con le pinze) dei laureati accede al primo lavoro tramite lo stage. Tuttavia i rimborsi (quando ci sono e a prescindere dall'entità) non bastano a coprire le spese di chi magari deve trasferirsi e vivere a Milano o Roma: a me, tanto per capirci, questo giochetto è costato più di 2000 euro. Ma chi non ce li ha o non può sostenere una spesa simile? Non inizierà mai a lavorare?

Eleonora Voltolina ha detto...

Ragazzi, io non dico che il vostro disincanto sia totalmente infondato. So anch'io che fare stage ritarda un po' il momento della laurea. E so anche che poi molto spesso ai colloqui gli stage fatti in ambito universitario vengono "minimizzati", come se non avessero valore, come se non "contassero".
Se tutti i datori di lavoro ammettessero, come per magia, che - poniamo - ai neolaureati che si presentano già con due stage in curriculum non si può proporre l'ennesimo stage... sarebbero costretti a rinunciare a gran parte della "forza-lavoro stagistica" di cui oggi disinvoltamente dispongono.
Pertanto, com'è comprensibile, dato che la cultura (o non-cultura) circostante avalla la loro tesi che i ragazzi possono fare anche 3, 4, 5 stage prima di iniziare a lavorare davvero (ricordo che io ne ho fatti ben cinque tra i 22 e i 28 anni), loro non fanno che adeguarsi a questa cultura dominante. Salvo rare eccezioni.
Però, lo ripeto, sta anche al singolo alzare la testa. Per esempio usando quella famosa, difficilissima ma potente frase che ho suggerito nel commento precedente: "Lei mi offre uno stage? No, grazie, come può vedere dal mio curriculum ne ho già fatti due quando ero all'università, ora miro a un contratto vero".
Oppure, dicendo "A me trasferirmi in questa città per fare lo stage costa. Pertanto accetto, ma a fronte di un congruo rimborso spese. Per non andare, lei capisce, a rimetterci di tasca mia".
Questo è il messaggio che dobbiamo mandare: che siamo giovani ma non fessi. E che siamo disposti ad imparare: ma non per troppo tempo, e non a nostre spese.

Anonimo ha detto...

Giusto Eleonora...Il cambiamento parte da ognuno di noi ne sono certa.
Se sempre più datori di lavoro si troveranno difronte a queste risposte, qualcosa dovrà cambiare per forza di cose.
A proposito...sono tre mesi che non mi danno il promesso rimborso...e ultimamente si stanno comportando in maniera arrogante...quasi quasi me ne vado...

Anonimo ha detto...

Alzare la testa ... che cosa tocca sentire, sembra di essere nel corso della rivoluzione francese ...

:-S

il microblogger ha detto...

Molto meglio stare zitti con la coda tra le gambe come in Urss.

Anonimo ha detto...

La rivoluzione non é una brutta idea, sarebbe anche ora che i giovani cominciassero ad alzare la voce.

Eleonora Voltolina ha detto...

Calma ragazzuoli...
;-)
Lasciamo stare i fiumi di sangue della Rivoluzione francese, ma - dato che il 14 luglio è anche dietro l'angolo - riflettiamo sui grandi valori che fu capace di mettere all'ordine del giorno.
La situazione dei giovani in Italia non è facile: per uno che ce la fa - che riesce a mettersi in proprio, o a ottenere un buon contratto dipendente, o a lavorare come freelance senza fare la fame - ce ne sono molti altri che patiscono, che sono costretti a farsi mantenere fino a 28-30 anni dai genitori, che saltabeccano da uno stage a un cocopro senza soluzione di continuità.
Io non fomento certo una rivoluzione armata, e neanche adunate oceaniche con urla e slogan.
Dico solo che la testa non va tenuta sotto la sabbia: il problema esiste e va affrontato (come ho detto tante volte, non è che ripetendo un milione di volte che il problema dello stagismo in Italia non esiste si riuscirà a farlo sparire).
Per affrontare la questione bisogna che i giovani abbiano il coraggio di dire le cose a voce alta. Il che non vuol dire strillare: vuol dire parlare senza paura, e chiedere risposte.

Anonimo ha detto...

Eleonora hai proprio ragione, e vedere da alcuni commenti che i giovani cominciano a non accettare più questi stage non pagati, mi rende un po' meno pessimista. Il mio commento era solo un po' provocatorio ;P