martedì 28 ottobre 2008

STAGISTI IN ETERNO, IL MOMENTO DI DIRE BASTA

Elena di stage non ne può più. A 27 anni ne sta facendo un altro, l'ennesimo: il quarto. E certo non si può dire che si sia svegliata tardi: il primo l'ha fatto a soli 17 anni, quando studiava Ragioneria alle superiori. Due mesi d'estate, tra il quarto e il quinto anno, in un'azienda del suo paese. Durante la triennale (facoltà di Scienze della Comunicazione) un altro stage, stavolta di tre mesi, nella biblioteca comunale: «Oltre al semplice prestito e restituzione dei libri» racconta «ho aiutato ad organizzare incontri con gli autori, facevo animazione ai bambini dell’asilo in visita alla biblioteca e aggiornavo il sito». Di rimborso spese, però, neanche parlarne. Altro giro, altra corsa: e durante la specialistica (per la quale Elena nel frattempo si è trasferita da Verona a Milano) ecco il terzo: tre mesi a fare l'ufficio stampa in un’agenzia di comunicazione. «Anche in questo caso non era previsto nessun rimborso, per mangiare mi portavo il pranzo da casa. Concluso lo stage, mi sono resa conto che questa agenzia continuava a prendere stagisti per poter avere un aiuto a costo zero».
Elena non demorde, finisce l'università, ma una volta laureata si accorge che... l'unica prospettiva sembra essere, ancora una volta, lo stage. «Non ne posso più! Quest'ultimo che sto facendo ora, di sei mesi, l'ho trovato da sola cercando su Internet: però l'azienda ha chiesto di coinvolgere l'università per poter avere l'assicurazione. L'università mi ha proposto di aderire al Progetto Fixo, di cui io non avevo mai sentito parlare: in questo modo almeno percepisco 200 euro al mese. L'azienda invece non mi dà niente: né un rimborso spese per il viaggio, anche se ho 40 km per raggiungere il posto di lavoro, né per il pranzo. Avevo letto sul tuo blog che è importante svolgere gli stage mentre si studia» conclude: «È giusto. Però a volte, come nel mio caso, si rischia di continuare a fare stage anche dopo la laurea. Bisognerebbe mettere un limite
».
Il limite per ora, purtroppo, non c'è. Però ciascuno di noi, nel suo piccolo, può cercare di metterne uno: per esempio, trovando la forza di dire in sede di colloquio
«Come vede, nel mio curriculum ci sono già tre stage. Non ho bisogno di altra "formazione": ora cerco un lavoro».

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Ormai per i laureati qui in Italia ci sono solo stage non retribuiti o sottopagati, quando mi iscrissi all'università dopo il liceo non me lo sarei mai aspettato che il futuro di un laureato sarebbe stato di lavorare per la gloria o in alternativa in un call center. Bene hanno fatto i miei compagni di scuola che non si sono iscritti all'università, si son messi a lavorare e adesso stanno meglio e staranno sempre meglio di me!io ho perso solo tempo e dopo anni di studio, un master e varie esperienze di stage c'è gente che ha la faccia di gomma di dirmi "che bel curriculum, ma dobbiamo precisarle che lo stage non è retribuito, è un problema?"E' UN PROBLEMA?????CERTO CHE E' UN PROBLEMA!!!!!è un problema che a gente laureata, con mater e esperienze ancora si propone l'ennesimo stage e il motivo è uno solo: le aziende italiane sono PULCIARE, hanno le braccine corte, si pensano di essere furbe ma si facessero un esame di coscienza: cosa pensano?che le aziende degli altri paesi europei che assumono personale e lo retribuiscono e usano lo stage in maniera adeguata sono fesse?loro sono furbi?ecco perchè l' Italia somiglia sempre di più ad un paese in via di sottosviluppo!

Anonimo ha detto...

Cara Eleonora,
sono Chiara, laureanda in Organizzazione aziendale e, per mia grande fortuna, stagista nella funzione HR di Luxottica a Milano.

Ho letto le diverse testimonianze del popolo stagisti sul tuo blog e mi unisco al coro di voci di quelli che, come me, sono SODDISFATTI dell’esperienza formativa che stanno vivendo.

Tutto di Luxottica, ai miei occhi, la fa rientrare nella lista dei buoni…rimborso spese di 800 euro + ticket da 8.50 €…ma quello che più mi rincuora, anche a fronte di quello che sento quotidianamente dai miei colleghi universitari, è il valore che ogni dipendente, anche più senior, dell’azienda attribuisce allo stagista.

Il senso di responsabilità, di autonomia e delega che ci viene data sin dal primo giorno fa sì che l’esperienza sia davvero formativa e non semplicemente un accumulo di crediti finalizzato a terminare il percorso di studi o l’occasione del manager di poter finalmente mettere in ordine gli archivi dei 5 anni passati.

In 10 mesi ho costruito il mio piccolo ma significativo ruolo; grazie al mio capo e ad altri componenti del mio team sono cresciuta più di quanto abbia fatto in 5 anni di Bocconi….

Eleonora Voltolina ha detto...

Credo che Chiara sia il "rovescio della medaglia" di Elena. La prova vivente che lo stage può essere un'esperienza positiva, a patto che l'azienda rispetti lo stagista e lo gratifichi anche economicamente.
Basta con l'ipocrisia: i soldi servono, eccome, perchè una delle tappe fondamentali della vita di ogni persona è l'affrancamento dai genitori. Per non restare "bamboccioni" (espressione infelice) in eterno, bisogna diventare economicamente indipendenti rispetto alla propria famiglia d'origine. Questo obiettivo si raggiunge entrando nel mercato del lavoro. Se il primo passo è uno stage, quindi, meglio che sia simile a quello di Chiara, con un ottimo rimborso spese e un ambiente davvero formativo, piuttosto che simile a quello (quelli) di Elena, tutti senza rimborso spese e strutturati nell'ottica di sfruttare lo stagista, e non di formarlo.

Anonimo ha detto...

...alla fine, un giovane che stenta a sopravvivere con opportunità precarie, è un danno per tutta la società... l'economia gira con me? ma se io non giro!!!

Blanche ha detto...

Oltre alla piaga degli stage perenni (alcuni dei quali ottimi, come è successo anche a me per uno di questi)bisogna poi dire che non c'è, o quasi, possibilità di inserimento post laurea per molte delle professionalità formate dall'Università. E l'aspetto sconcertante della vicenda è che non si riesce a trovare un'occupazione neppure "accontentandosi" di un impiego al di sotto delle proprie competenze. La scusa è in genere: troppo qualificato/a. Così ci si ritrova alla soglia dei trent'anni con una laurea infruttuosa e senza prospettive in qualsivoglia ambito professionale.

Anonimo ha detto...

Salve a tutti,

Sono Alessandro, 27 anni laureato in Economia, 2 stage all'attivo.

Adesso sono al mio terzo stage in un'azienda. Sono commerciale estero e dei tanti soldi che sto facendo arrivare nella cassa dell'azienda a me non arriva niente. Neanche un rimborso spese.

Mi pago l'affitto.. subaffitto e tutte le spese che può avere un ragazzo che vive fuori casa.

Con il progetto Fixio dovrei ricevere a fine stage qualche rimborso ma, io dico.. che me ne faccio di 200 euro fra 3 o 4 mesi quando ne pago 300 di affitto ogni mese?

Va bhè...Soluzione? Nessuna anzi, forse una soluzione c'è: Univesrità che selezionassero le proposte di stage e non ci mandassero allo sbaraglio.

Rimango comunqeu soddisfatto delle esperienze fatte solo che ho finito i buchi sulla cintura...

Ciao da Ale di caffebollenteintazzagrossa.it

Anonimo ha detto...

la logica perversa: durante l'università non impari nulla e ti serve lo stage, ma lo stage non è lavoro "produttivo" quindi impari quasi nulla.
sommato allo zero di prima sei a 0,quasinulla ...
per arrivare alla scienza e competenza di chi occupa posti di lavoro in italia (ma anche un po' all'estero..) ci si mette un tempo quasi eterno...

Chissà..si potrebbe rinominare il paradosso di Zenone (quello di achille e la tartaruga) lo stagista e il posto di lavoro..la distanza rimane sempre..anche se infinitamente piccola...

Francesca ha detto...

mi trovo nella stessa situazione di elena e non conoscevo affatto il "progetto fixo"... grazie mille per la segnalazione!

Anonimo ha detto...

Vergognosa operazione di marketing il nome "Fixo", che suona ovviamente come "fisso" e da un certo sapore di stabilita' a quella che e', diciamolo pure, in altre culture chiamato schiavismo o quantomeno sfruttamento.
Lasciamo i mediocri in italia, lasciamo i frignoni. Chi ha spina dorsale emigri, vada a fare esperienza all'estero.
I giovani italiani non sono abituati a cos'e' il lavoro vero, nel senso di retribuzione e privilegi, conoscono solo il lavoro come sfruttamento....
mi hai stimolato un post...adesso lo vado a scrivere.
Ciao,
Giulio