venerdì 21 novembre 2008

LA RISCOSSA DEI BAMBOCCIONI SECONDO MASSIMO LIVI BACCI

L’han chiamato «il libro dei bamboccioni»: si intitola «Avanti giovani alla riscossa – come uscire dalla crisi giovanile in Italia» (Il Mulino) e l’ha scritto Massimo Livi Bacci, professore di Demografia all’università di Firenze e oggi senatore. Per dire forte e chiaro che la «sindrome del ritardo» nei giovani («si finiscono gli studi più tardi, si entra dopo nel mercato del lavoro, ci si trattiene più a lungo nella famiglia dei genitori, si mette su famiglia con circospetta prudenza») è un elemento negativo per l’intera società (ed economia) italiana. Una situazione che non viene percepita in tutta la sua gravità perché le famiglie suppliscono, integrando gli stipendi troppo bassi dei loro figli e fungendo in pratica da ammortizzatori sociali durante il periodo di formazione – ormai dilatato all’inverosimile – e anche dopo.
Livi Bacci sottolinea che, per quanto riguarda i laureati, l’Italia è in posizione anomala rispetto al resto dell’Europa, perché ne ha pochi e quei pochi sono pure pagati malissimo: «Per gli studenti che si avviano agli studi universitari le prospettive di impiego e di guadagno non sono brillanti».

Quanto poi al post-laurea: «In Italia si può essere apprendisti in senso tecnico-giuridico fino a trent’anni, distorcendo il significato di un termine che indicava, per un ragazzo non ancora uomo, la fase dell’apprendimento artigianale a bottega».

Il professore chiude dicendo, insomma, che non si può esser giovani fino a quarant’anni. Dovrebbero ricordarselo un po’ tutti: gli uffici risorse umane quando propongono uno stage a un trentenne, lo Stato quando versa 800 euro al mese a un ricercatore, i genitori quando si ritrovano per casa un figlio che ha passato gli «enta». Ma soprattutto dovremmo ricordarcelo noi, sempre, per ritrovare la voglia e il coraggio di far valere le nostre ragioni e di partecipare alla vita pubblica ed economica di questo Paese.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Fossero tutti così i senatori e i parlamentari, colti e attenti ai veri problemi del paese. Purtroppo per ogni senatore o parlamentare preparato ce ne sono altri cento che vengono dalla tv: vallette, presentatrici, conduttori, gente con la terza media o anche con la sola licenza elementare (ce ne sono tanti). La tv:la morte della cultura e della capacità critica, e ci lamentiamo poi che dei veri problemi del paese non se ne discute mai!

Anonimo ha detto...

Mi permetto di dire che riguardo a stare in casa dopo gli 'enta', e` per alcuni una scelta, ma per molti una costrizione.
Con uno stipendio da 1000 euro al mese vedo un po' difficile comprare casa...
I pochi che la comprono vedo che ricevono un generoso contributo tra il 50 e il 100% dalla famiglia...

Anonimo ha detto...

Di questi libri, mi perdoni il docente, non se ne sente davvero il bisogno. Il lavoro è un diritto che in Italia non viene garantito (e su questo biogna agire senza demagogia o concetti triti e ritriti), le scelte personali invece sono e restano tali.
Pensate ai vostri baronati e smettetela con questa storia dei bamboccioni.

Anonimo ha detto...

no ragazzi scusate ma allora non c'ho capito niente!io avevo capito che questo prof dice che i giovani laureati sono costretti a rimanere a casa oltre i trenta perchè "le prospettive di impiego e di guadagno non sono brillanti", perchè in Italia si può essere apprendisti anche dopo i trenta anni, e alla fine afferma che gli uffici risorse umane non dovrebbero proporre uno stage a un trentenne,insomma tutto sommato mi sembrava un analisi critica della società italiana!insomma dice che "per quanto riguarda i laureati, l’Italia è in posizione anomala rispetto al resto dell’Europa, perché ne ha pochi e quei pochi sono pure pagati malissimo" e perciò ovviamente è una costrizione rimanere a casa!certo mi direte invece di scrive il solito libro, visto che è senatore, prendesse qualche iniziativa concreta, magari per rivedere sta legge sugli stage e sui precari!!su questo sono d'accordo!

Aldo Mencaraglia ha detto...

I commenti che ho letto fino ad ora accusano altri senza proporre soluzioni al problema.

Una soluzione, non giusta per tutti e non ideale per l'Italia se adottata in massa, e' quella di emigrare all'estero.

Oltreconfine il mondo del lavoro, e non solo, non e' perfetto ma offre in linea di massima quello che i 'bamboccioni' stanno cercando: indipendenza, dignita' e rispetto.

Aldo Mencaraglia
www.italiansinfuga.com

Anonimo ha detto...

beh un altra soluzione a questa situazione ci sarebbe: a)fare una legge che vieta di sottopagare il lavoro, perchè le aziende i soldi ce li hanno e come se ce li hanno, e si stanno arricchendo alle nostre spalle, esempio: sapete quanti anni di lavoro ci vorrebbero per un dipendente alitalia per accumulare lo stipendio di un dirigente?500 anni!e poi non mi fate parlare degli scandalosi contratti a progetto: se uno è precario in teoria questo svantaggio dovrebbe essere supplito da uno stipendio più alto della media, invece al contrario se sei precario sei pure sottopagato, lavori full time per 700 euro lorde al mese B)una legge che vieta gli stage non retribuiti e che impone un rimborso spese minimo, e che vieti di prendere per i fondelli la gente!altro che sgravi fiscali alle aziende!comunque io ho una laurea in storia e vorrei dire ai politici(sempre più disprezzati dagli elettori)e agli industriali(che con i loro studi economici probabilmente la storia l'hanno studiata poco) che la ruota gira, anche gli imperatori possono perdere i loro imperi, ricordate che per mantenere la vostra posizione e per fare in modo che la mantengano i vostri figli dovete condividere una parte delle vostre ricchezze con chi vi da modo col suo lavoro di accumularle.i regni più duraturi nella storia sono stati quelli in cui i re condividevano una parte delle loro ricchezze col popolo,le tirannie non sono mai durate più di una generazione. credetemi bisogna aiutare i poveri non perchè siamo buoni ma perchè conviene, se si cresce tutti insieme si cresce di più, lo sfruttamento alla lunga rende sterile la terra!Ghandi diceva: La terra ha risorse sufficienti per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di tutti; analogamente potremmo dire del nostro paese.

Anonimo ha detto...

Questo docente, qualunquista come la maggioranza dei politici italiani, mette troppa carne al fuoco e mischia pubblico e privato con giudizi soggettivi e quindi opinabili.
Esistono invece i dati da quarto mondo che dicono che in Italia (numeri forniti da Italia Lavoro su dati Istat del 2006)su 404.205 tra collaboratori a progetto e coordinati e continuativi, si contano 19.000 impiegati di segretaria, oltre 5.500 fra baristi, camerieri e cuochi e più di 6.000 addetti alle pulizie. Senza includere la quasi totalità degli operatori inbound e, soprattutto, outbound (questo lo aggiungo io!).
Questo, insieme all'abominio degli stage selvaggi, va risolto.
Le proposte: intanto spero in elezioni anticipate. Detto questo, va cambiata la mentalità molto italica del "guarda come sono bravo a mettertelo in saccoccia" perchè alla fine a prenderlo là dove non batte il sole sono anche gli stessi industriali che hanno goduto di benefici per assunzioni-farsa e che continuano a proporre stage ad organico più che completo.
L'economia italina è, al pari se non peggio degli altri Paesi, al tracollo. E questi, oltre ad aver colpevolemente perso le elezioni, stanno pure a scrive' i libri...ma per favore.

Anonimo ha detto...

Ragazzi, prima che un uomo politico, Massimo Livi Bacci è un professore di Demografia.
Io ho letto il libro, e ha un taglio molto preciso: dati, statistiche, paragoni con varie epoche dell'Italia contemporanea.
Ne esce un quadro non edificante: oggi i giovani escono molto più tardi dalla sfera della famiglia d'origine, riescono con sempre maggiore difficoltà a rendersi economicamente indipendenti, e il loro ingresso nel mondo politico e professionale è sempre più ritardato nel tempo.
Leggendo "Avanti giovani alla riscossa", insomma, si ha l'impressione che Livi Bacci sia dalla nostra parte: non capisco perchè ci siano commentatori che attaccano un po' alla cieca questo libro, senza magari averlo nemmeno letto.

Giorgia

PS per Aldo: l'emigrazione non è una soluzione, è una scappatoia!

Anonimo ha detto...

Hai ragione Giorgia, sono libri che non riscuotono da parte mia il minimo interesse e che non leggo se non costretta. Mi baso sull'articolo.
Immagino che il senatore sia dalla nostra parte (ci mancherebbe altro!), ma se lo fa con generalizzazioni o qualunquismi non mi piace. In generale preferisco le persone che affrontano i problemi per risolverli, non per disquisirne. Soprattutto se docenti e parlamentari (doppio stipendio). Allora mi leggo il subcomandante marcos (che fra l'altro scrive benissimo) e rimpiango già il grandissimo Sandro Curzi, un uomo davvero libero, un lottatore.

Anonimo ha detto...

Caro Aldo...
ma che bella soluzione...complimenti.
Magari non tutti possono o vogliono emigrare. E chi non puo` per varie ragioni, o chi non vuole lasciare l'Italia? Ci vanno soluzioni interne, ci va un cambiamento in Italia...un netto cambiamento.
Ciao,
Giulio

p.s. come noterai dal mio sito, io invece sono emigrato w non tornero` piu` in Italia perche` non mi sento Italiano, cambiero` cittadinanza e comprero` a breve casa qui, dato che gli stipendi e i contratti a tempo indeterminato lo permettono.

Anonimo ha detto...

Dal sito www.osservatoriofinanziario.it:

VORREI UNA CASA MA NON POSSO

Sono quasi 3 milioni i giovani italiani tra i 25 e i 38 anni, economicamente indipendenti che ancora vivono in famiglia, ma si dichiarano interessati ad acquistare la prima casa nel prossimo futuro. Ma le banche fanno orecchie da mercante.

Nove giovani su dieci tra quelli che ancora vivono in famiglia sarebbero disponibili ad acquistare casa nel prossimo futuro 600.000 giovani in Italia sono pronti a sottoscrivere un mutuo per l’acquisto della casa, ma le banche non sono in grado di rispondere alle loro esigenze. E' quanto emerge da una indagine commissionata da Genworth Financial Mortgage Insurance Italia, che opera a fianco delle banche per i mutui al 100% (HLTV). Secondo l'indagine, circa 1 milione di giovani, invece, vorrebbe acquistare casa ma compiere il primo passo li spaventa. In un comunicato si legge che, il 90% (pari a oltre 2,9 milioni) dei giovani italiani tra i 25 e i 38 anni economicamente indipendenti che ancora vivono in famiglia (da molti definiti come i “Bamboccioni”) si dichiara interessato ad acquistare la prima casa nel prossimo futuro.

La ricerca mostra inoltre che i mutui vengono percepiti come uno strumento in grado di accelerare la proprietà immobiliare, ma anche, tuttora, come un fardello e un prodotto complicato e poco trasparente.