venerdì 19 settembre 2008

STAGE ALL'UNIVERSITÀ - LA COSA GIUSTA AL MOMENTO GIUSTO

Ormai non c'è scampo allo stage: sembra che farne almeno un paio sia indispensabile per poter passare allo step successivo, cioè a un lavoro vero. Quindi il mio suggerimento ai più giovani (anche alla ventenne Martina, che proprio qualche giorno fa è passata di qui in cerca di consigli) è sempre quello: fate stage già durante l'università - perché come diceva Roberta Martinelli alias la Stakastagista «Lo stagetto, prima o poi, tocca a tutti», e allora è meglio prima che poi.
Mi scrive Alessandro, e
con la sua testimonianza conferma in pieno questa visione. A soli 21 anni, mentre studiava Management delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni internazionali alla Bocconi di Milano, ha scoperto che la sua università aveva una convenzione attiva con la sede milanese del Parlamento europeo, e ci si è buttato a pesce.
Lo stage non era retribuito (niente a che fare coi tirocini Schuman...), ma Alessandro non se ne fa un cruccio: a vent'anni, nel pieno del percorso universitario, si può anche mettere in conto un periodo di formazione "aggratis" per arricchire il proprio curriculum.
Oggi racconta: «Quei quattro mesi sono stati per me un'occasione di crescita culturale e professionale, e di approfondita conoscenza del mondo delle istituzioni europee
». Alessandro non ha certo passato il suo tempo a fare fotocopie e portare caffè: «Insieme al team mi sono occupato di seguire due tra i principali eventi curati in quel periodo: la partecipazione del Parlamento europeo alla Milano City Marathon '06 e l'avvio di una trasmissione televisiva dedicata a giovani ed Europa su Odeon TV. Inoltre mi sono occupato dell'attività di ufficio stampa».
Oggi, a due anni di distanza, Alessandro studia per la laurea specialistica. E p
er il suo futuro ha un obiettivo: «Evitare, per quanto possibile, il circolo vizioso degli stage senza prospettive». In bocca al lupo!

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo.
Oggi lo stage è entrato nei curricula oltre che nel linguaggio comune. Ma in fondo, nella peggiore delle ipotesi è una palestra nel mondo del lavoro. Nella migliore, permette a un'azienda chi ha davanti.
Insomma, non vi spaventate e cogliete il buono dello stage. - Arnald

Aldo Mencaraglia ha detto...

Cari lettori della Repubblica degli Stagisti

nel lontano 1992 feci uno stage alla Rover in Inghilterra come parte del mio corso universitario.

Consiglierei a tutti di 'buttarsi a pesce' come dice Elenora.

Se volete leggere un maggiore approfondimento della mia esperienza visitate pure http://www.italiansinfuga.com/2008/08/01/stage-in-inghilterra-la-mia-esperienza/

In bocca al lupo a tutti!

Aldo

Anonimo ha detto...

lo stage nasce come esperienza di lavoro concreto da accompagnare allo studio teorico, quindi è naturale farlo durante l'università. purtroppo in Italia non c'è lavoro e quindi molti laureati si propongono per fare stage, come ripiego perchè non trovano lavoro, per non stare a casa a non far nulla (altro che bamboccioni)o per non finire a fare un lavoro che non ha nulla a che fare con i loro studi o che avrebbero potuto fare anche col diploma. le aziende hanno capito questo e hanno ben pensato di approfittarsene, quindi anche quel poco di lavoro che ci sarebbe lo propongono come stage, così possono retribuire miseramente o per niente quello che di fatto è lavoro e non formazione. lo strumento dello stage è stato snaturato e si è innestato un circolo vizioso. l'unica cosa che potrebbe spezzare il circolo è una legislazione adeguata ma purtroppo in un epoca in cui i politici sono fermamente convinti che il bene delle aziende coincida con il bene della società ciò non si può verificare.il mercato del lavoro ha bisogno di regole ferree, altrimenti crolla come la storia ci insegna.

Anonimo ha detto...

ciao.. volevo farti i complimenti per il tuo blog... sono già passata di qua un po' di volte, e non so se ho già lasciato un commento, cmq ti abbiamo linkato sul nostro blog

http://testataimmaginaria.blogspot.com

sperando di poter diventare anche noi delle guide per chi naviga, come te!

sara

Anonimo ha detto...

Indubbiamente uno stage in una realtà come può essere un'istituzione internazionale è un'esperienza che arricchisce dal punto di vista umano e culturale. Ma attenzione a considerarlo un qualcosa che dà diritto all'accesso del mondo lavorativo aziendale direttamente senza passare da uno stage lavorativo vero e proprio. Un conto è un'esperienza in un ente pubblico che eroga servizi ad una comunità, un conto è invece un'esperienza in un'azienda che ha il fine di lucro e lavora ottimizzando risorse e costi per massimizzare i propri utili! Il primo non può assolutamente sostituire il secondo ma anzi può essere complementare e precederlo in senso temporale (un canale preferenziale del tipo: se devo inserire in organico due giovani con uno stage, scelgo quello che ne ha già fatto uno, magari in una realtà internazionale).
Quindi non posso far altro che consigliare un'esperienza del genere!

Anonimo ha detto...

E' vero quello che dite, ma nel mio caso ho fatto uno stage alle superiori, uno stage alla triennale, uno stage alla laurea specialistica e indovinate adesso cosa faccio dopo la laurea? Un altro stage!!! Non finisco più!

Eleonora Voltolina ha detto...

Caro ultimo Anonimo,
ti va di raccontare un po' meglio la tua esperienza?
Puoi farlo direttamente con un commento oppure scrivendomi all'indirizzo eleonora.voltolina@gmail.com!

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti gli stagiaire o aspiranti tali. Sono l'Alessandro del post iniziale curato da Eleonora Voltolina.
Concordo con chi dice che uno stage in un'istituzione internazionale è ben diverso da quello in un'azienda. La natura delle due istituzioni è diversa, quindi è diverso anche l'obiettivo.
In questo senso, se vogliamo, fare uno stage non retribuito in un'istituzione internazionale può essere visto anche come un momento di "volontariato" per la collettività. Mentre quello in un'azienda no. A maggior ragione dovrebbe essere retribuito.
L'assurdità della situazione attuale, tra l'altro, risiede anche nel fatto che molto spesso i rimborsi sono più congrui presso le amministrazioni pubbliche che (quando ci sono) presso le aziende (il cui obiettivo è appunto il profitto).

Ciò detto, oltre all'ineliminabile dose di fortuna che nella vita serve sempre, credo che molto possiamo fare noi nel pianificare il nostro percorso. Mi spiego.
Se l'obiettivo è quello di tentare i concorsi pr diventare funzionario europeo o le selezioni per le nazioni unite, uno stage come il mio sarà utile. Perché, a parità di altre condizioni, il dirigente di turno sarà tendenzialmente orientato verso chi presenti un "plus" di conoscenza dell'ambiente internazionale. Infatti, passare un concorso o una selezione internazionale, non significa automaticamente iniziare a lavorare; perché il vostro CV dovrà essere scelto da qualcuno

Se immaginate invece un percorso nel privato, le cose cambiano. Per quanto mi riguarda, ne sto tentando uno nell'ambito del Public Affairs. In sostanza, dunque, società di consulenza private per aziende che hanno necessità di interfacciarci - a vario titolo - con il mondo del pubblico. In questo caso, delle esperienze di stage nel mondo del pubblic possono costituire un segnale positivo per il selezionatore di questa specifica area di business.
Lo stesso se intendete rivolgervi alle banche d'affari che trattano la finanza pubblica (magari, allora, può essere più adatto uno stage nel settore finanziario di una Regione - ad esempio).

Insomma, se facciamo la nostra parte nel chiarire prima di tutto a noi stessi cosa vogliamo e qual è il percorso da seguire, avremo vita più facile nel proporci sul mercato del lavoro. Poi, su questo non discuto, l'altro 50% spetta a quelle coincidenze positive - quanto fortuite - che ci fanno incontrare col datore di lavoro giusto. Ma qualcosa, di solido e chiaro, possiamo iniziare a costruirlo già noi. E non c'è dubbio: meglio farlo prima di avere la laurea specialistica in mano!

Anonimo ha detto...

Lo stage è una buona occasione per testare le nostre conoscenze maturate nell'ambito universitario e metterle in pratica in ambito lavorativo.
Sicuramente è utile per avvicinarsi al mondo del lavoro, ma se questo è caratterizzato da una retribuzione, che lo differenzia così dal volontariato, mi chiedo perchè molte aziende prendano stagisti, li sfruttino e poi...nessuna ricompensa. Non dico uno stipendio normale, ma qualcosina, giusto per far capire che cosa significa lavorare e portare a casa "la pagnotta".
Su questo credo che, oltre la politica con una legge seria, debba intervenire pure l'università facendo si che gli stagisti siano un minimo tutelati.
E' vero anche che ponendo "l'obbligo" di una,seppur piccola, ricompensa, si rischierebbe di vedersi tolta, da parte di molti, la possibilità di effettuare lo stage. Bella fregatura e noi studenti...siamo quelli fregati.

Ah vorrei precisare che non è vero che uno studente durante il tirocinio apprende soltanto, molte volte è chiamato a risolvere problemi che l'azienda non sa affrontare, soprattutto in ambito informatico.
Io mi chiedo: è giusto che uno stagista spieghi ai suoi superiori (del momento) alcune cosette che loro non sanno? Se poi dopo questi apprendono la nozione, lo stagista non è più utile no? Conviene, se non si hanno certezze in quel lavoro, rendere comune il proprio sapere? Io ho sempre spiegato, quando mi è stato chiesto, ma ora ripensandoci un po' me ne pento. Dall'altra però penso che una scaletta dei vari passaggi da eseguire serva ben poco se vi è un cambiamento nell'attività da svolgere. Non so...sono dubbiosa!

Scusate il monologo:)e grazie per l'attenzione!