domenica 21 dicembre 2008

FORMAZIONE, PERCHÈ NESSUNO AIUTA I RAGAZZI A SCEGLIERE LA SCUOLA GIUSTA?

Che aiuto ricevono a scuola i ragazzi per decidere cosa fare da grandi? Ben poco, se non nullo. Le superiori e poi l'università vengono scelte più in base all'amico del cuore, ai consigli di mamma e papà, alla suggestione del momento, piuttosto che attraverso una seria riflessione su cosa si vorrà fare nella vita.
Altrove funziona un po' meglio. Per esempio, in Svizzera. Alla fine del ciclo di studi primario, per i ragazzini di 10-11 anni c'è il cosiddetto «anno di orientamento», che sfocia in una prima selezione. In base alla pagella gli alunni vengono smistati tra scuole medie terminali (diventeranno idraulici, elettricisti etc.) e scuole medie professionalizzanti, in preparazione a istituti superiori (che li porteranno a fare gli infermieri, i maestri d'asilo, i geometri, i fisioterapisti etc). I migliori (quelli con la media dell'otto) accedono alle scuole medie preginnasiali, propedeutiche ai licei. All'università infatti si entra solo con un diploma di maturità liceale. C'è da dire però che, se qualcuno si "sveglia tardi" e comincia a studiare magari a 14 anni, può fare uno speciale esame per passare da un ordinamento all'altro.
La cosa interessante è che in ogni scuola opera un consigliere d'orientamento, col quale ciascun alunno fa più colloqui per essere aiutato a scegliere il percorso scolastico migliore. Il consigliere parla con il ragazzo, sonda le sue inclinazioni e aspettative, lo sottopone a test, studia le sue pagelle. Il consigliere dà anche informazioni su quanto è facile - o difficile - trovare lavoro in un determinato settore, in modo che nulla sia ignoto prima della scelta.
In più in ogni scuola c'è un grande librone, sempre consultabile, in cui sono elencati tutti i mestieri possibili e immaginabili, con la spiegazione dei passaggi necessari per arrivarci
. Per esempio sotto la voce "medico" c'è scritto qualcosa tipo «liceo, università, facoltà di medicina per tot anni, poi specializzazione...»; sotto la voce «commissario di polizia» c'è scritto «liceo, università, facoltà di psicologia, specializzazione in criminologia...» e così via.
La missione dei consiglieri d'orientamento è far sì che il passaggio dalla scuola al lavoro sia fluido: operano quindi come
«smistatori» per evitare che troppi vadano all'università senza averne realmente bisogno (o capacità), e che quelli che scelgono di andarci non si concentrino - come purtroppo avviene qui in Italia - sulle stesse facoltà.
Perchè non copiare anche in Italia questo sistema, almeno per quanto riguarda la presenza di consiglieri d'orientamento nelle scuole? Basterebbe anche solo un professore incaricato di dedicare 2 ore all'anno a ciascun allievo.

32 commenti:

Anonimo ha detto...

Il fatto che già a 10 anni si venga indirizzati ad un mestiere mi sembra una grandissima strxxxxta, roba da "Brave new world" di Huxley.

Ma figuriamoci se il mio futuro deve essere deciso quando ho 10 anni da un burocrate, oltretutto sulla base della pagella.

La maggior parte di quelli che alle elemantari o al liceo aveva voti più alti dei miei oggi fa lavori spazzatura e guadagnano meno della metà di quello che prendo io.

Sul tema del "consigiere d'orientamento" è chiaro che in Italia un ruolo di questo tipo NON potrebbe assolutamente essere ricoperto da un professore (meno che mai uno del liceo o delle scuole medie): se non te ne fosti accorta I PROFESSORI IGNORANO TOTALMENTE COSA SIA IL MERCATO e non vedo come dei dipendenti publici con posto fisso da 40 anni possano venire a spiegare A ME come funzioni oggi il mondo dell'impresa.

Quelli le imprese private NON SANNO NEANCHE COSA SONO.

Anonimo ha detto...

Si sono d'accordo con Artur. a me dopo il liceo sarebbe piaciuto moltissimo fare l'accademia delle belle arti, non la feci perchè ero convinta(penso a ragione)che non avrei mai trovato lavoro. e che cosa ho scelto?la facoltà di sociologia!!!!!!!dalla padella nella brace!e lavoro in un call center che fa interviste telefoniche!ora se qualcuno competente mi avesse aiutato nella mia scelta questo non sarebbe accaduto.ma come mi avrebbe potuta aiutare?ora che conosco un minimo il mercato del lavoro dico che quel qualcuno avrebbe potuto dirmi:tu ami disegnare, certo l'accademia delle belle arti in ambito lavorativo non ti porterà lontano, sociologia, che ti piace ma non ami,idem. Allora?ecco l'università non è l'unica strada!fai un corso di grafica, puoi allo stesso tempo seguire la tua passione per le arti grafiche e imparare un mestiere che è richiesto sul mercato(sicuramente più dei sociologi e degli storici dell'arte)insomma ci sono molte strade che i ragazzi ignorano e l'orientamento dovrebbe aiutarli a sondare le proprie attitudini e il mercato.il modello svizzera è terrificante!e applicato in italia sarebbe anche peggio come dice artur.

Anonimo ha detto...

Comunque secondo me il problema peggiore in italia rimane questa maledetta riforma del lavoro che hanno fatto. tutta sbagliata. ha peggiorato il nostro paese. ah sapete perchè sono stati inventati i contratti a progetto?perchè così una azienda ti assume, ti usa per 2- 3 mesi - 3 anni, poi si laurea il figlio dell'amico del capo di quell'azienda, a te scade il contratto a progetto, non te lo rinnovano e assumono il figlio neolaureato del capo. ecco l'unico motivo per cui hanno introdotto il contratto a progetto!APRIAMO GLI OCCHI!

Anonimo ha detto...

Io non ho mai avuto la media dell'8... ero così così fino alla fine del liceo. In compenso all'Università avevo la media del 28 abbondante, sempre in corso.. sono daccordo con artur pure io. Se anche la laurea in italia è carta igienica, possiamo pretendere di decidere il destino di un ragazzino sulla pagella delle medie/liceo? In base alla mia, chissà dove sarei finito.. meno male che ho fatto quello che mi piace (cosa che si dovrebbe fare sempre..)! Saluti, Riccardo

Anonimo ha detto...

Non conosco bene la realtà svizzera, ma credo dipenda anche dalla mentalità del posto. I giovani europei del nord Europa vogliono avere subito uno stipendio, anche se piccolo, che dia loro indipendenza dai genitori. E' il DENARO la molla. Altrimenti nessuno farebbe lavori come la parrucchiera, dove si sta in piedi 8-10 ore o il cameriere, dove devi continuamente servire gente vorace che beve e mangia. E' gente abituata a vivere in case dello studente, campus o appartamentini già dai 15 anni, che si stupisce degli adolescenti italiani che devono portare gli amici o la "fidanzatina" a casa dai loro genitori.

Ho visto casi di gente che ha trovato un lavoro che non c'entrava un piffero con gli studi fatti, come una che aveva studiato conservazione dei beni culturali e, stufa di fare stage gratis, è andata a lavorare da un'amica che confeziona abiti imparando sul campo il mestiere di sarta; o uno che aveva studiato da grafico pubblicitario e, non guadagnando abbastanza, ha mollato tutto per lavorare nel Mc Donald (e -incredibile a dirsi- gli piace!).
Forse non ha nemmeno tutti i torti Angela Padrone (anche se i rimedi che suggerisce spesso mi sembrano più un ripiego o un rassegnarsi allo status quo; oltre al fatto che omette parecchi demeriti dei "padroni" italiani) quando denuncia la "vergogna" degli italiani nei lavori non impiegatizi.

Quest'anno ad esempio per studenti e pensionati ci sono i cosiddetti "buoni lavoro" (o "voucher") per la vendemmia; non si tratta del solito lavoro precario (vale solo per studenti e pensionati!), quanto viene pagato con questo sistema ha una trattenuta alla fonte, quindi non serve metterli nella dichiarazione dei redditi [come già avviene per il compenso dello scrutatore elettorale; una bella comodità per molti precari, costretti spesso a fare il conguaglio di tanti piccoli lavori precari diversi].
Perché non mandarci qualche diplomando o universitario? Magari fra tanti, uno scopre una vocazione per il lavoro in campagna e avremmo un precario del call center in meno.

Anonimo ha detto...

Breve riflessione: se il sistema svizzero non funzionasse, tutti i giovani svizzeri sarebbero frustrati e ci sarebbe una tensione sociale da tagliare a fette. Invece tutti sembrano felici, recentemente ho letto anche un reportage su Io Donna del Corriere della Sera che raccontava quanti giovani cervelli italiani emigrano nella vicina Svizzera per trovare un lavoro dignitoso e uno stipendio soddisfacente (invece che i soliti call center, appunto).
Se il sistema svizzero è così tremendo, come sembrano affermare Artur e quelli che gli hanno dato ragione, com'è che in Svizzera non scoppia la rivoluzione?? Mi sembra invece che tutti siano ben contenti di quel sistema.
Anzi, io credo che sia anche un modo per limitare il senso di frustrazione: tanti mediocri (o magari intelligenti ma svogliati) fanno corsi di studio troppo difficili (magari il liceo classico, magari l'università) rimanendo sempre indietro, andando fuori corso, senza reale motivazione. Risultato: magari si diplomano a 20 anni, si laureano alla soglia dei 30. E con la laurea in tasca pensano di aver diritto a chissà quale posto di lavoro prestigioso e di responsabilità. Magari ammettendo di non essere tagliati per un certo tipo di studio, invece, avrebbero potuto diventare ottimi (e ricchi) idraulici, parrucchieri, commercianti. Risparmiando un sacco di tempo e guadagnando già da giovani soldi (invece di spendere tempo e denaro all'università).
Viva il sistema svizzero che evita le perdite di tempo.

Anonimo ha detto...

IO CI MANDEREI I POLITICI A VENDEMMIARE!e i giovani laureati che lavorano nei call center li manderei in parlamento, e sono sicura che l'Italia finalmente farebbe un salto di qualità sotto tutti i punti di vista.

Anonimo ha detto...

Concordo parola per parola con Artur. Il metodo svizzero è simile a quello che c'è in alcuni Land tedeschi. Possibile che vada bene per loro (io ho sentito alcuni lamentarsene), ma molto improbabile che vada bene qua. Non sto a ropetere la storia delle pagelle delle scuole che riflettono poco quello che si farà poi...

Ovvio ci vuole maggiore informazione sui lavori più richiesti dal mercato, ma poi non si può nemmeno convogliare gli studenti come capre... Credo che la motivazione negli studi e nel lavoro poi, dipenda anche molto da quanto un certo corso di studio piace allo studente...

Anonimo ha detto...

E' davvero bizzarro: molti ragazzi qui sul blog nei giorni scorsi si lamentavano di non essere stati aiutati a scegliere bene il percorso formativo.
Ilaria il 18 dicembre scriveva: "Sono una laureata in lettere che a 18 anni pensava di avere in tasca il mondo solo perchè aveva ottimi voti a scuola. Se solo mi avessero detto cosa mi sarebbe accaduto dopo avrei fatto scelte diversissime, dettate dal mero calcolo (se è ancora possibile) e non certo dal sacro fuoco della passione giovanile. Avrei sicuramente scelto una facoltà che avvia ad una professione in proprio (con annessi i rischi) perchè il fallimento è doppio se si è in regime di quasi schiavitù."
Alex il 19 dicembre scriveva: "Spesso si sceglie alla cieca (tipo: "vado al classico perché ero scarso in matematica alle medie"), basandosi sulle scelte di genitori e amici. Bisognerebbe far provare ai ragazzi dei brevi mestieri o dei corsi durante le vacanze, forse uno scoprirebbe di avere interessi diversi dal solito lavoro impiegatizio. E tenere conto anche che certi mestieri sono inflazionati: chi sceglie di diventare insegnante ha buone probabilità di restare precario per una ventina d'anni. Anche lauree come scienze della comunicazione rischiano solo di sfornare disoccupati che finiranno nei call center".
Però quando si propone una soluzione, subito c'è la levata di scudi con lo slogan che tutti devono poter fare tutto e che non è giusto precludere a nessuno nessuna possibilità.
Il risultato amici è sotto gli occhi di tutti: migliaia di ragazzi che si iscrivono ogni anno a Scienze della comunicazione e dopo la laurea vanno a fare per 2-3 anni gli stagisti gratis o i cocopro a 800 euro al mese. Se secondo voi è giusto così, tenetevi il sistema italiano. Io voto per quello svizzero.

Anonimo ha detto...

Non capisco perchè alcuni insistano con il sistema Svizzero come se fosse l'UNICA alternativa a quello Italiano, quando è chiaro CHE NON è COSI (a chi ritiene la Svizzera un paese felice in quanto non c'è stata una rivoluzione armata della popolazione, faccio notare che la rivoluzione non c'è stata neanche in Italia - e neppure in Cina).

Ci sono altri sistemi basati su filosofie ben diverse (una possibilità per tutti, da qualunque estrazione sociale e a qualunque età) che hanno dato risultati ben migliori.

E dico questo con tutto il rispetto per la Svizzera che fino a quando la finanza mondiale ha tenuto è stata un paese sicuramente molto ricco, per certi versi più del Nord-Italia.

Detto questo è chiaro che il NUMERO DI LAUREATI in Italia deve RIDURSI DRASTICAMENTE - meno della metà - per poter garantire un pay back accettabile a chi investe 4/5 anni in formazione, ma la soluzione non può essere prendere dei bambini di 10 anni (DIECI ANNI, D-I-E-C-I A-N-N-i) e mandarli al macello in base agli umori dell'insegnante di turno.

Chi ha l'insegnane severo e quindi voti un po' più bassi va in catena di montaggio?

Chi ha un maestro un po' "figlio dei fiori" o comunque "accomodante" va ad Harvard?

Cos'è? uno scherzo?

Il mio cervello viaggia al triplo di quello dei miei maestri delle elementari (se gli va bene), come fanno ad essere loro a giudicarmi?

E' chiaro che si deve prevedere un orientamento, ma questo ribadisco che NON può essere fatto da delle MAESTRE ELEMENTARI e NON può essere VINCOLANTE (A MAGGIOR RAGIONE SE FATTO DA MAESTRE ELEMENTARI).

La soluzione non può che passare attraverso una riforma universitaria che preveda almeno:

1) aumenti delle tasse di iscrizione (non meno di 10.000 euro annui - basta con i KRUMIRI che vanno all'universita "tanto per fare" e poi si svendono sul mercato a 4 lire obligando tutti ad accettare SALARI-MONNEZZA)

2) vincolare i fondi pubblici rivolti alle università a precisi obiettivi NON DI NUMERO DI LAUREATI (quello che avviene oggi), ma DI SALARIO DEI LAUREATI UNA VOLTA GIUNTI SUL MERCATO (le facoltà che sfornano gente da 500 euro al mese DEVONO CHIUDERE, SENZA SE E SENZA MA)

3) Eliminare i Baroni nelle Università - e qui ben venga la riforma Gelmini che prevede l'estrazione per i membri delle commissioni che definiscono i professori ordinari rendendo più difficili gli accordi sottobanco. Quest'ultimo punto è forse il meno importante, anche perchè se si attuassero i primi due le università baronali non sopravviverebbero una settimana.

Eleonora Voltolina ha detto...

Piano, piano... nessuno pensa che il modello svizzero sia l'unico possibile, tantomeno io. L'ho citato per portare l'esempio di un sistema diverso dal nostro, in cui i ragazzi sono accompagnati da un esperto nella scelta del loro futuro. Un modello che, è doveroso ricordarlo, contribuisce a costruire un mercato del lavoro molto migliore di quello italiano: le retribuzioni sono molto più alte che in Italia e il tasso di disoccupazione è molto più basso.
Detto questo, vorrei fare qualche considerazione. Innanzitutto, i consiglieri d'orientamento svizzeri non sono maestri: sono psicologi. E il loro lavoro è estremamente preciso e codificato, come può verificare chiunque mastichi un po' di francese al sito orientation.ch.
Il rischio che sbaglino, o lavorino male, è quindi abbastanza ridotto.
In secondo luogo, come ho scritto nel post, la loro indicazione non è del tutto vincolante: se il ragazzo che loro - poniamo - han piazzato in una scuola media professionalizzante si sente sminuito, o viene preso tutt'a un tratto dal sacro fuoco dello studio e da asino diventa genio, può benissimo sostenere l'esame e passare a una scuola media preginnasiale: in questo modo potrà poi andare all'università.
Anch'io nutro qualche dubbio su questo sistema: fare l'anno di orientamento a 10-11 anni mi sembra un po' presto. Ma ciò non toglie che il metodo svizzero funzioni, aiuti a smistare i ragazzi verso i differenti mestieri di cui una società ha bisogno, contribuisca a rendere meno affollate le università, permetta alla maggior parte delle persone di rendersi economicamente indipendenti dalla famiglia d'origine appena terminato il proprio percorso formativo.
Penso che dovremmo prendere l'idea dei consiglieri d'orientamento e portarla nelle scuole italiane - certamente, adattandola alla nostra realtà, magari rendendola non così vincolante come in Svizzera, ma dando questa opportunità ai 14enni che devono scegliere la scuola superiore e ai 18enni che devono scegliere l'università.
Sono d'accordo con Gianca: il problema delle facoltà iperinflazionate che poi producono migliaia di stagisti forzati va risolto. Forse non sarebbe una cattiva idea che qualcuno spiegasse ai 18enni a cosa vanno incontro scegliendo facoltà del genere - e parla una persona che si è laureata proprio in Scienze della comunicazione, ormai qualche anno fa...

Anonimo ha detto...

Da figlia di una professoressa di liceo (linguistico) vorrei dire una parola a Artur.
Mi fa venire i brividi quando scrive che i professori ignorano totalmente cosa sia il mercato. Forse non si rende conto che un professore è sì un dipendente pubblico (sottopagato), ma prima di tutto un cittadino che vive nella società, ha figli e nipoti, vede benissimo come va il mondo del lavoro, guarda la tv e legge libri e giornali (questo, anzi, più della media).
E' triste sentire tanto disprezzo verso persone che dedicano la loro vita ai giovani per trasmettere nozioni e competenze.
Certo ci sono professori lavativi o non preparatissimi ma la maggior parte di chi lavora nelle scuole italiane ha a cuore i suoi studenti e sa bene che il mondo del lavoro sarà per loro difficile.
Credo quindi che non sarebbe sbagliato incaricare in ogni scuola uno o due professori (magari i più attenti al sociale) di fare questo servizio di counselling per gli studenti dell'ultimo anno di medie e dell'ultimo anno di superiori, per non mandarli allo sbaraglio.
Non ho idea di come potrebbe essere realizzabile questa proposta a livello di costi, però i consiglieri d'orientamento servirebbero anche a noi.

Elena

Anonimo ha detto...

cara elena,
Nn sn daccordo. Nella mia esperienza scolastica e universitaria,I prof bravi che ho incontrato e ai quali porterei rispetto li conto sulle dita d una Mano.gli altri o facevano altri lavori,o erano politicizzati,o aspettavano l'accredito degli euro a fine mese...tua mamma non e' cosi'?meglio,sn contento x I suoi studenti. Ma se dipendeva dai midi prof ,dio solo sa cosa sarebbe stato d me(la mia famiglia nn era benestante..)...mentre I loro "prediletti",loro si, li avrebbero mandati ad harvard..e invece,guarda1po', molti dei prediletti sono d1paio d'anni fuoricorso...
Saluti e buon natale a tutti!
Riccardo

Anonimo ha detto...

Gentile Eleonora,

E vero che spesso il giovane non ha sempre le idee chiare sul proprio futuro. Ma credo che questa sia una esperienza naturale successa a molti di noi. Chi tra i tuoi lettori e i miei lettori da piccolo non voleva fare l’archeologo, lo scrittore o addirittura lo scienziato e poi si è accontentato di fare ad esempio l’operatore call center.
L’idea di una selezione dei ragazzini (alla luce di alcune esperienze internazionali) fin dai dieci e undici anni per scegliere il loro miglior presunto percorso scolastico e la carriera successiva mi fa onestamente rizzare i capelli. Perché non ci sarà nessun professionista che per quanto bravo possa essere sia in grado di scegliere e predeterminare il tuo futuro lavorativo.
Lasci che ti racconti brevemente un episodio. In terza media, conoscevo un ragazzino che aveva dei seri problemi di dislessia e di inserimento. Alla fine dell’anno, due professoresse iniziarono a litigare furiosamente tra loro per il miglior consiglio da dare a sua madre. La prima disse: “deve fare una scuola di avviamento professionale e poi lo mandi a lavorare, ma le sconsiglierei l’università”. La seconda disse: “le faccia fare la scuola superiore e se successivamente il suo desiderio e quello di fare l’università è giusto che la frequenti”. Questo ragazzino nel frattempo e diventato grande, si è brillantemente laureato, ha ottenuto fior di complimenti da professori accademici che vediamo comparire anche in televisione e ha vinto diversi concorsi letterari. Di tanto in tanto riesce anche ad attirare qualche professionista della comunicazione per la forza delle sue parole e delle sue riflessioni.
Questo per dirti che i nostri migliori tutori sono la costanza, la passione e di credere in quello che fai. E che queste caratteristiche possono spostare montagne più di una persona intelligente e svogliata. La nostra “predisposizione” ad un certo mestiere la si acquisisce con l’esperienza, con il tempo e perché no anche sui propri sbagli. E dai nostri errori che comprendiamo il nostro cammino e ci rende per fortuna umani. Pensa che società noiosa sarebbe la nostra, se nessuno di noi sbaglierebbe!

Auguri e cordiali saluti
Marco Patruno (GENERAZIONE P)

Anonimo ha detto...

Non è del tutto vero che in Italia non esiste l'orientamento.
C'è molto da fare, certo, ma, anche se a macchia di leopardo, esistono diversi servizi dedicati.
Inoltre nelle scuole secondarie di secondo grado (ex scuole medie inferiori) agli studenti in uscita viene consegnato un consiglio orientativo (non vincolante) per la prosecuzione degli studi. Spesso chi fa ricorsi ai servizi per un ri-orientamento a seguito di un abbandono scolastico alle superiori non ha seguito tale consiglio orientativo.
Perlomeno ciò è quello che accade in una realtà per molti aspetti vicina all'Europa (e alla svizzera) come la provincia di Milano.
Un Operatore di Informagiovani

Michele Boselli ha detto...

auguroni stagionali a te e al tuo bel blog

Anonimo ha detto...

artur secondo me aumentare le tasse di iscrizione è socialmente ingiusto, così solo la gente ricca potrebbe permettersi una istruzione universitaria, la gente più ricca e non la più meritevole. io invece propongo il numero chiuso per tutte le facoltà, così il criterio di selezione sarebbe per merito e non per censo e inoltre si potrebbe programmare il numero di laureati per ogni facoltà in base alle richieste del mercato. non lo trovi più giusto e più efficace?

Anonimo ha detto...

Caro anonimo, la storia del "facciamo le cose gratis così anche i poveri hanno le stesse posibilità" è una delle scuse più vecchie del governanti della repubblica italiota per accumulare potere a loro stesso ED ESCLUSIVO vantaggio (le famose "politiche sociali").

Potere inteso come risorse pubbliche - e quindi sottratte ai lavoratori - da spendere in clientele, amici, amici degli amici e amanti.

Un po' come quelli che difendono gli stipendi faraonici dei parlamentari sostenendo che lo stipendio (...E CHE STIPENDIO...) serve a permettere anche ai poveri di fare politica, che se non ci fosse solo i ricchi potrebbero farsi eleggere.

Ti pongo una semplice domanda: tu vedi dei poveri in parlamento?
Io no.
Ci vedo solo i ricchi.

Il numero chiuso che proponi tu - già adottato in molte facoltà per la laurea specialistica - ha purtroppo dei difetti, non ultimo il fatto che rimane una leva gestionale nelle mani dei Baroni:

Chi decide il "numero"?
Chi decide le modalità di ammissione?

Già oggi esiste "un numero" (esiguo...) per ogni posizione all'interno dell'università, da ricercatore a professore ordinario, e abbiamo già visto quanto questo sistema sia diventato rigido e chiuso ai soli amici e amici degli amici.

Io credo che la decisione su quanti laureati servano e quali siano questi laureati LO DEBBA DECIDERE IL MERCATO, e francamente non vedo come questo non possa passare attraverso la leva "costo", il costo della laurea.

Per i cosiddetti "poveri" la soluzione è semplice: chiedere un prestito. ("poveri" tra virgolette, perche con un salario medio che per i 2/3 dei lavoratori dipendenti spera di poco i 20k euro il termine "povero" andrebbe sostituito con il termine "italiano")

E' chiaro che fino a quando il salario di un laureato sarà inferiore a quello di un bracciante immigrato nessuna banca (GIUSTAMENTE) concederebbe mai un prestito.
Se però i salari di chi investe in formazione salissero, le cose cambierebbero.

Uno che va a studiare legge ad Harvard e quando esce ha un salario sopra i 100.000 dollari annui stai tranquillo che UN PRESTITO LO TROVA.

Uno che va a Wharton e dopo la laurea finisce in una banca d'affari per 200/300 mila all'anno sta tranquillo che UN PRESTITO LO TROVA.

Chiaro che in uno scenario di questo tipo anche i figli "immeritevoli" dei ricchi potrebbero laurearsi, ma questo non è grave: i figli dei ricchi lavorativamente NON FANNO CONCORRENZA agli "italiani" (per intenderci il fatto che la figlia del Presidente del COnsiglio" sia laureata in filosofia ti garantiusco che non ha alcun impatto sulla retribuzione dei laureati in filosofia: la sua è proprio un'altra strada)

Anonimo ha detto...

sulla faccenda dell'alzare le tasse universitarie, ho opinioni contrastanti. la prima volta che ho sentito la proposta sono inorridita (anche io la consideravo socialmente ingiusta). quando però ho saputo - da un libro di Perotti - che all’università vanno soprattutto i ricchi (o cmq gente che potrebbe pagare rette molto più alte di tasca propria), mentre la loro laurea viene finanziata con le tasse di tutti, compresi i poveri che invece all’uni non vanno se non in casi eccezionali, ho iniziato ad avere qualche dubbio...
la domanda di fondo è questa: è giusto che un povero per andare all'uni (senza pagare) debba per forza essere un genio mentre i ricchi ci possono andare anche se sono dei somari?

Anonimo ha detto...

non dobbiamo fermarci alle apparenze!e parlare per luoghi comuni!di fatto La percentuale dei laureati italiani è molto bassa rispetto a quella della maggior parte dei paesi europei e dell'Ocse nel suo complesso.la percentuale dei laureati italiani è, infatti, meno della metà di quella di paesi come francia germania e regno unito.La maggior parte degli economisti attribuisce questo risultato al basso rendimento in termini salariali ed occupazionali dell'istruzione terziaria in Italia. inoltre in Italia istruirsi rende meno e costa di più che altrove.questi i dati di fatto. fonte:
http://www.denaro.it/VisArticolo.aspx?IdArt=535663&KeyW=francesco%20pastore

Anonimo ha detto...

Mi rifaccio al primo commento, trovo un'usanza barbarica e nazistoide quella svizzera di instradare i bambini in base ad un dettaglio sciocco e soggettivo quale è il voto scolastico. Gli trumenti di orientamento sono cose serie e seriamente il problema deve essere affrontato mettendo al centro delle iniziative il bambino/ragazzo e le sue passioni-inclinazioni-attitudini. In Svizzera optano per un sistema da full metal jacket, in Italia, per non smentirci mai, ce ne sbattiamo altamente. Ad majora.

Stefano ha detto...

Cara Eleonora,

quello dell'orientamento è sicuramente uno strumento importante, ma che si espone alle critiche populistiche. Con una seria attività di orientamento, infatti, solo una piccola parte dei giovani potrebbe proseguire gli studi per raggiungere i livelli di istruzione più elevata (i problemi attuali dei neolaureati sono legati principalmente al loro elevato numero, che azzera ogni potere contrattuale): come credi che verrebbe presa una decisione di questo tipo? Qualunque governo appoggiasse questo sistema verrebbe subito tacciato di classismo, di non volere la mobilità sociale, di non garantire il diritto allo studio (che molti pensano sia il diritto a conseguire un titolo di studio...). Nessun in Italia è tanto forte e coraggioso da intraprendere una simile (e a mio avviso giustissima) crociata...

Anonimo ha detto...

Comunque non c'è dubbio siamo i più scemi d'europa: siamo il paese con meno laureati e ci lamentiamo che troppi hanno una laurea, come se alzare la cultura media di un paese non lo arricchisca. vi invito a guardare più in la del vostro naso: Tra il 20% e il 25% degli studenti che oggi in Italia escono dalla scuola media inferiore non sa leggere o scrivere.
Su circa 57 milioni di Italiani poco più di 3.500.000 sono forniti di laurea, 14.000.000 di titolo medio superiore, 16.500.000 di scuola media e ben 22.500.000 sono privi di titoli di studio o possiedono, al massimo, la licenza elementare.SOLO IL 7,5% SONO LAUREATI!non mi sembra una percentuale da capogiro come dite voi!L'Italia è fanalino di coda tra i fra i 30 Paesi più istruiti. Solo il Portogallo e il Messico hanno un tasso più elevato.FONTE
http://www.fainotizia.it/2008/09/12/grande-percentuale-di-analfabeti-nel-sud-italia-il-governo-riduce-il-numero-degli-insegnanti
ragazzi non ci facciamo prendere in giro, i laureati sono richiesti e come solo che non vengono retribuiti perchè ci hanno convinti che siamo troppi e non valiamo nulla!gli fa comodo farci pensare che usciti dall'università non sappiamo fare nulla!

Stefano ha detto...

Caro Anonimo (ma io preferisco sempre chiamare per nome per le persone con le quali discuto...), l'Italia non ha bisogno di laureati. O meglio - per evitare fraintendimenti - il tessuto economico italiano non è in grado di assorbire i laureati che oggi escono dalle nostre università (che - per inciso - sono raddoppiati negli ultimi 10 anni). Prendiamo un caso emblematico: gli avvocati, per esercitare, devono essere iscritti all'albo. Pertanto, il numero di iscritti all'albo di permette di capire quante persone esercitano la professione di avvocato (l'iscrizione all'albo è incompatibile con il lavoro dipendente e con quasi tutti gli altri lavori autonomi, pertanto - ad eccezioni di alcune attività quali l'insegnamento - chi è iscritto all'albo degli avvocati esercita solo quella professione per vivere...). Ora, nel 1993 gli avvocati iscritti all'albo erano 70 mila. Nel 2007 erano 190 mila. Poiché le cause che si discutono nei nostri tribunali sono rimaste sostanzialmente le stesse, ogni avvocato mediamente ha un terzo delle cause che aveva un avvocato nel '93. Questo significa che ci sono troppi avvocati (divisi in due categorie: i "vecchi" che sono pieni di cause, e i "giovani" che non riescono a sbarcare il lunario). Lo stesso discorso vale per gran parte dei laureati italiani: gli ingegneri sono troppi (da leggersi: le nuove posizioni che vengono create ogni anno e che richiedono un profilo altamente specializzato - quindi un laureato in ingegneria - sono meno rispetto al numero di nuovi laureati che ogni anno escono dalle università), non parliamo dei laureati in lettere, lingue, filosofia...

Tu affermi che aumentando il numero di laureati il sistema Italia ne trarrebbe un vantaggio,che riuscirebbe ad essere più competitivo. Questa è una affermazione che sembra di buon senso, ma non è provata: ci sono paesi con più laureati dell'Italia che hanno un PIL pro capite più basso, il che cozza col sillogismo più laureati=più PIL pro capite. Del resto non puoi non considerare che le lauree triennali sono da sempre la regola in molti paesi mentre in Italia sono nate da meno di 10 anni: se esse vengono incluse nel totale dei laureati degli altri paesi, ovviamente falsano la statistica, poiché viene inserita una categoria che in Italia non esisteva.

Anonimo ha detto...

stefano allora spiegami 3 cose: a)perchè all'estero ci sono più laureati e sono adeguatamente retribuiti; b)perchè molti ragazzi laureati in italia lavorano nel loro campo ma percepiscono stipendi da fame con contratti a progetto degni dell' Inghilterra di fine 800; c)ma chi l'ha detto che il pil deve crescere all'infinito e che è una valida misura del benessere di un paese?La Cina è la seconda potenza mondiale per pil ma non venirmi a dire che i cinesi stanno meglio dei canadesi (al tredicesimo posto),e l'italia sta sopra al canada (al decimo posto). la svezia è al trentesimo posto, un bel po sotto alla polonia e alla russia, ed è certo che i cittadini polacchi non stanno meglio degli svedesi!http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_stati_per_PIL_(PPA)
visto che il sistema economia sta crollando forse è venuto il momento di ripensarlo...alla fine dei giochi l'unica vera ricchezza è il benessere delle persone, la loro valorizzazione e il nostro pianeta (che stiamo avvelenando).Sonia

Anonimo ha detto...

il pil non significa nulla: La crescita del PIL può in effetti nascondere perdite ingenti di ricchezza e di benessere. Per esempio, un paese potrebbe abbattere tutte le sue foreste o mandare i bambini a lavorare invece che a scuola e questo potrebbe avere un effetto positivo sul PIL, oppure un uragano che causa migliaia di vittime e vaste distruzioni potrebbe risultare benefico per il PIL grazie ai successivi lavori di ricostruzione. http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/07/1718&format=HTML&aged=1&language=IT&guiLanguage=en

Anonimo ha detto...

aggiungo un'ultima cosa: il fatto che le nuove posizioni che vengono create ogni anno e che richiedono un profilo altamente specializzato - quindi un laureato in ingegneria - sono meno rispetto al numero di nuovi laureati che ogni anno escono dalle università giustifica il fatto che ci siano ingegneri disoccupati ma non che gli ingegneri occupati abbiano contratti a progetto (vergogna!) e stipendi da schifo confrontati con quelli dei giovani ingegneri spagnoli, francesi e tedeschi. e non mi venire a dire che è la legge della domanda e dell'offerta perchè le persone non sono merci!uno stato non dovrebbe permetterlo.sonia

Stefano ha detto...

Cara Sonia,

innanzi tutto il discorso del PIL va inteso pro capite, e questo sana tutte le storture che segnalavi (la Cina avrà pure il 2° PIL assoluto del globo, ma con 1,2 miliardi di abitanti quello pro-capite diventa parecchio più basso...). Poi posso anche essere d'accordo sul fatto che il PIL è una esemplificazione e da solo non garantisce di essere un buon indicatore del benessere reale; tuttavia io non ho indicatori migliori, quindi finché qualcuno non mi propone una alternativa più valida non posso che utilizzare il PIL.

Passiamo però alla parte più interessante del discorso, quello sulla sovrabbondanza di laureati: dalle tue parole ho capito che secondo te i laureati dovrebbero dividersi in disoccupati e occupati "con stipendi decorosi". Ritieni verosimile che qualcuno - disoccupato - rifiuti un lavoro pagato 90 solo perché il giusto stipendio sarebbe 100? Per la stragrande maggioranza dei lavori ogni laureato (del settore...) va bene, quindi quello che chiede meno è il candidato ideale. Triste ma vero. Affermare che non sia così significa illudersi. Invocare l'intervento dello Stato per impedirlo significa non rendersi conto che lo Stato ha dovuto - negli ultimi anni - accettare un mercato del lavoro più flessibile proprio per permettere a centinaia di migliaia di persone di lavorare. Avere un lavoratore a tempo pieno e indeterminato è meglio che averlo precario. Ma tra un precario ed un disoccupato, meglio il primo, non trovi? Io sono dell'idea che gli interventi dello Stato che hanno portato a milioni di precari in Italia hanno evitare che essi diventassero disoccupati. E - in quest'ottica - sono pertanto portato a ritenere che lo Stato abbia fatto le scelte migliori, vista la situazione in cui operava. Nel resto del mondo le retribuzioni sono più elevate? Vero, ma anche la produttività lo è. Paradossalmente, il costo del lavoro per unità di prodotto in Italia è altissimo, ben più che in altri paesi. Se non aumenti la produttività non hai nessuna possibilità di aumentare le retribuzioni (per il semplice fatto che i prodotti italiani diventerebbero fuori mercato)...

Anonimo ha detto...

ok allora stiamo bene così stefano!a ognuno il paese che si merita!teniamoci le nostre politiche liberali mentre persino gli statunitensi hanno capito che c'è bisogno di un nuovo progetto di futuro.
http://it.youtube.com/watch?v=MXMSB23oKTg
ma d'altronde a noi ci ride dietro tutto l'europa e il mondo, facciamo cabaret al consiglio europeo. sonia

Anonimo ha detto...

Tralascio il tema del Pil Procapite che francamente davo per SCONTATO (...sigh...) e comunque recuperato da Stefano.

Il discorso di Stefano sulla produttività è SACROSANTO, e l'obiettivo di ogni paese dovrebbe essere quello di aumentare continuamente la produttività e quindi il Pil procapite.

Purtroppo molto spesso i bassi salari (e basso costo del lavoro nel caso degli stage/cocopro/lavoro nero) riducono la produttività per ora lavorata in quanto disincentivano gli investimenti.

Nel Sud Italia ad esempio molte operazioni di raccolta in agricoltura vengono fate manualmente con braccianti stagionali quando in altri paesi vengono fatte in maniera meccanizzata.
Chi glielo fa fare al "Padrone" di investire e rischiare in un parco macchine da 400.000 € quando con 400 euro al mese(costo pieno, anche perchè sui cocopro ecc. i contributi sono quasi insistenti) puoi comprare un bracciante che lavora 10-12 ore al giorno?

Chi glielo fa fare a un'azienda di investire in computer e software aggiornati (che costano) quando per smaltire un certo carico di lavoro basta prendere l'ennesimo staggista gratuito?
Chiunque abbia un minimo di esperienza lavorativa sa bene quanto PC di ultima generazione e software recenti (da Autocad a Excel) possano incrementare INCREDIBILMENTE la produttività del singolo, ma nessuno investe in strumenti simili per uno staggista.

Come detto meglio prendere altri staggisti.

Tranquilli, offre la casa.

p.s per Stefano: il problema dei contratti flessibili non è il rischio di essere licenziato, sono i salari-monnezza e la mancanza di sicurezza sul lavoro, figli della mancanza di leggi e controlli.
Inoltre le riforme avrebbero dovuto essere complessive del sistema economico e non riguardare solo i giovani senza soldi.
Per intendeci anche io sono d'accordo che è meglio un precario che un disoccupato, ma ricorda che la concorrenza di mercato rende le condizioni di lavoro "endemiche" (se tu paghi poco i tuoi lavoratori o li pago poco pure io oppure fallisco) , e un domani non lontano saremo tutti precari pagati di merda.

Stefano ha detto...

Sonia, non confondiamo i problemi: che il sistema Italiano abbia enormi problemi è fuori discussione. Ma se dobbiamo cercare le ragioni, non possiamo prescindere dall'affollamento delle università (le quali, tra l'altro, negli ultimi anni hanno reso molto più agevole conseguire la laurea: non per nulla il numero di laureati è raddoppiato in questo arco di tempo...): negare che l'Italia abbia un oggettivo problema di assorbimento dei suoi laureati (che infatti finiscono per fare gli operatori di call centre: c'era bisogno di conseguire una laurea per farlo?) significa innanzi tutto mentire a se stessi. Sonia, non tutti possono fare i capi, e prima le persone se ne rendono conto meno frustrazione proveranno per la sorte che è loro toccata: è triste - lo so benissimo - ma la realtà spesso lo è.


Artur, il discorso della bassa produttività legata alla disponibilità di manodopera a basso costo ha un solido fondamento (non per nulla l'abolizione della schiavitù ha contribuito allo sviluppo tecnologico e all'aumento della produttività), ma il problema principale resta quello delle cause che provocano questa abbondanza di manodopera: se ci sono così tante persone e così pochi lavori, allora c'è un problema strutturale che va affrontato...

Anonimo ha detto...

L'Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. È un paese dove regna il disordine, il cinismo, l'incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade, si sente circolare l'intelligenza, come un vivido sangue. È un'intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d'un ingannevole, e forse insensato, conforto.
(N. Ginzburg, Le piccole virtù)