Molto spesso i lettori di questo blog si interrogano – e mi interrogano – sull’aspetto fiscale degli stage. Come sono inquadrati i rimborsi spese? Bisogna pagarci le tasse? Perché si parla di «netto» e di «lordo»? Per fare un po' di chiarezza su questo tema ho chiamato in causa gli amici di Commercialista Telematico, una testata online attiva dal 1995 che dà ai lettori informazioni di carattere fiscale, societario e del lavoro, e vari servizi aggiuntivi riservati agli utenti abbonati. 600mila accessi al mese ne fanno un referente di tutto rispetto: a rispondere alle domande della Repubblica degli Stagisti è uno dei numerosi autori del sito, Maurizio Falcioni, che da oltre vent’anni fa il commercialista in quel di Rimini.
I rimborsi spesa sono gli «stipendi» degli stagisti. Qual è la differenza con una retribuzione vera e propria?
Gli stage o tirocini formativi e di orientamento sono disciplinati dall’art. 18 della legge 196/1997 e dal DM 142/1998 per realizzare momenti di alternanza fra studio e lavoro e agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro. Il rapporto che si instaura tra il soggetto ospitante (pubblico o privato) e il soggetto ospitato (stagista), non costituisce - detta specificatamente l’art.1 del DM 142/1998 - rapporto di lavoro subordinato. Quindi non parleremo mai di «stipendi» o di «retribuzione», ma esclusivamente di somme che vengono corrisposte al tirocinante a titolo di rimborsi spese, borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale.
Queste differenze lessicali implicano differenze a livello concreto?
Se un'azienda decide di dare un contributo economico ai suoi stagisti, può farlo in due modi. Parliamo di «premio» o «borsa di studio» per le somme erogate «arbitrariamente». Parliamo invece di «rimborsi spese» quando le somme vengono erogate espressamente per rimborsare spese effettivamente sostenute (es. per un viaggio). Ormai però le aziende chiamano quasi sempre la somma che danno ai loro stagisti «rimborso spese», intendendo con questo termine una sorta di premio mensile forfettario. A livello fiscale, entrambe queste modalità sono redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente.
A volte questo rimborso spese viene decurtato, e dalla cifra iniziale «lorda» si passa a quella «netta»: perchè? Quali sono le trattenute che gravano su questo tipo di remunerazione?
Abbiamo detto che «rimborsi spese» e «premi» o «borse di studio» sono due cose differenti. E differente è anche il trattamento tributario che subiscono. Per quanto riguarda i premi o borse di studio, si fa riferimento all’art. 50 del DPR 917/86 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR) e si applicano le disposizioni tributarie dei redditi di lavoro dipendente: trattenuta Irpef lorda con aliquota del 23% per somme fino a 15mila euro, nonché detrazioni dall’imposta lorda rapportate al periodo di lavoro nell’anno. L’Irpef è un'imposta personale a carico di chiunque abbia un reddito: in questo caso, lo stagista.
Facciamo un esempio per capire come si fa il conteggio.
Va bene, prendiamo uno stagista che riceva una borsa di studio di 2mila euro per un anno. L’Irpef al 23% dovrebbe decurtare di 460 euro questa somma, ma grazie alle detrazioni previste dal TUIR sopra citato, la somma rimane invariata. Possiamo dire che, da un punto di vista puramente matematico, fino alla somma di 8mila euro all’anno (quindi 670 euro al mese) non vengono attuate trattenute fiscali.
E per quanto riguarda invece i rimborsi spese propriamente detti?
Si fa riferimento sempre al TUIR, ma agli articoli 51 e 52: dov’è previsto per esempio che le indennità corrisposte per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non siano soggette ad alcuna tassazione fiscale fino a 46,48 euro al giorno (77,47 euro se all’estero)… Qui c’è una casistica enorme: l’importante è capire che una cosa sono i rimborsi per spese effettivamente sostenute, come appunto trasporti o alloggio, e un’altra sono i rimborsi spesa forfettari che ormai costituiscono la maggioranza per quanto riguarda gli stage, e che vanno considerati come i «premi» di cui abbiamo parlato prima.
Dunque al momento di erogare il rimborso spese l'azienda ospitante trattiene già gli oneri fiscali, cioè l’Irpef ed eventualmente altre imposte locali.
Esatto. Così facendo, fa il «sostituto di imposta» che tecnicamente è quel soggetto obbligato per legge a trattenere, in caso di erogazione di somme, una ritenuta - prevalentemente a titolo di acconto, ma in certi casi anche a titolo di imposta - Irpef al percettore. Si dice «sostituto» perché sostituisce l’erario: prima trattiene al percettore la somma Irpef e poi la versa, sempre nei tempi dettati dalle norme, allo Stato.
Un’azienda potrebbe affermare «Non sono in grado di calcolare l'entità della cifra netta che erogo ai miei stagisti» o «Non faccio il sostituto d'imposta per i miei stagisti»?
No, assolutamente: è un obbligo di legge. Sarebbe come dire «Ho dei dipendenti ma non sono in grado di elaborare una busta paga e quindi non trattengo le imposte e non le verso»: impossibile.
E su quello che riceve, lo stagista deve pagarci altre tasse o no?
Beh, no. Tutto quello che doveva, l’ha già pagato per suo conto l’azienda ospitante, trattenendolo in anticipo sul rimborso spese.
mercoledì 25 marzo 2009
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3 commenti:
bell'articolo chiaro su un argomento abbastanza intricato anche per le aziende stesse, a cui non è sempre chiaro come e quanto trattenere.
Complimenti alla giornalista e anche al commercialista perchè questo è un argomento davvero molto sentito... Credo che parecchi di noi adesso ci capiscano qualcosa in più... Grazie
Complimenti per l'articolo
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