lunedì 26 maggio 2008

STAGE E FALSE SPERANZE - UNA TESTIMONIANZA

Ormai siete veramente in tanti a scrivermi!! Sono davvero contenta che vogliate condividere con me e con gli altri frequentatori di questo blog le vostre esperienze di stage.

Oggi pubblico lo sfogo di Anna.

«Ho "perso tempo" correndo dietro a uno stage che sembrava si sarebbe potuto trasformare in lavoro vero, e invece no. Lo stage, presso la redazione di un giornale in una città europea, è stato certo formativo, ottimo a livello di contatti e di formazione professionale come giornalista: ma retribuito poco e perdipiù dandomi false speranze.
Primi sei mesi: in nero; unico rimborso: 50 euro al mese (l'abbonamento ai trasporti urbani).
Il lavoro non era semplice: dovevo controllare delle traduzioni, fatte tutte da volontari, quindi talora di basso livello, e occasionalmente fare l'editing di articoli in italiano, una responsabilità quotidiana e continua, uno stress fisico e psicologico (non c'era serata che trascorressi fuori casa senza l'incubo delle mail da controllare al rientro). Per sbarcare il lunario, mentre lavoravo quasi gratis per loro e andavo all'università, insegnavo italiano agli stranieri.
Mi propongono di rimanere a 350 euro al mese, dicendomi "magari poi troviamo qualche finanziamento". Quando, dopo altri tre mesi, finalmente arriva la convenzione stage, cominciano a darmi i famosi 350 euro di rimborso spese. Dopo i sei mesi pattuiti, m'implorano di rimanere un altro mese in più: non trovavano nessuno che mi sostituisse, chissà come mai (nessuno si è fatto scrupolo di chiedermi se, visto che facevo loro un favore, volessi qualche soldino in più). Poi, arrivederci e grazie.
Risultato? Abbruttimento fisico e psicologico, perdita di energie che avrei dovuto consacrare a finire gli esami e a scrivere la tesi, speranze deluse, insomma: un'umiliazione vera e propria.
Oggi fortunatamente sono uscita dalle mie depressioni, ho voltato pagina dopo lo stage, sto scrivendo finalmente la tesi, lavoro come traduttrice free lance. Si può sempre vedere la luce alla fine del tunnel».

Credo che il fulcro dello sfogo di Anna stia tutto in tre parole: «dandomi false speranze». Purtroppo questo è uno dei (tanti) problemi dello stage: spesso è ben difficile capire se davvero ci sono possibilità di assunzione al termine del tirocinio, e pertanto avere tutti gli strumenti per valutare se il gioco valga la candela.

60 commenti:

Anonimo ha detto...

Le false speranze non sono mai scelte da soli.

:-)

Un abbraccio

CHICCO MERDEZ ha detto...

L'esperienza insegna... Certo che quando iniziano a tirarla troppo per le lunghe, dovrebbe suonare più di qualche campanello d'allarme...
In ogni caso una cartina di tornasole c'è: le scuse. Lo stage è come un rapporto amoroso: patti chiari fin dall'inizio e quando qualcuno ti chiede scusa non tanto per una fatalità quanto per qualcosa che avrebbe dovuto essere sotto il suo controllo, vuol dire che c'è qualcosa che non va...
Altrimenti detto: se promettono e non mantengono fin dall'inizio, mandare a cagare...

Anonimo ha detto...

Del senno di poi son piene le fosse, si dice...
Meno drasticamente, io che sono la protagonista di questa storia dico: anche se si ha carattere, è facile farsi intortare dai biechi personaggi di queste aziende (giornali in questo caso), anche perché uno pensa: se poi va bene, ho trovato il lavoro della mia vita, e mi sistemo. Anche se obiettivamente ci sono pochissime possibilità che ciò accada...
Io non mi sento completamente vittima di questa situazione: sono stata avvertita da amici e conoscenti, sfiniti da quanto li ammorbavo, che non sarebbe forse andata come speravo, mi sono un po' illusa forse, ma voglio semplicemente dire alle aziende che, se non hanno una reale intenzione di assumere o non ne hanno la possibilità, è meglio non illudere le persone, che comunque sono un gradino più in giù, in quanto stagisti. E soprattutto, che se vogliono andare avanti a stagisti, che almeno li prendano al massimo per sei mesi, non per un anno e passa come è capitato a me.
Voilà! :-)

Anonimo ha detto...

@anna
Una delle cose a cui ci riferivamo in diversi nostri interventi tra cui questo stesso era proprio dettata da pensieri quali la tua frase, quando dici:

" ... anche se si ha carattere, è facile farsi intortare dai biechi personaggi di queste aziende (giornali in questo caso), anche perché uno pensa: se poi va bene, ho trovato il lavoro della mia vita, e mi sistemo. Anche se obiettivamente ci sono pochissime possibilità che ciò accada... "

Il termine "mi sistemo" e tutto ciò che consegue fa parte di una cultura ancora troppo diffusa purtroppo.

Il fatto che tu non ti senta completamente vittima di questa situazione ti fa onore, vuol dire semplicemente che sei una persona che ha un sufficiente livello di sale in zucca da riuscire a vedere la realtà delle cose un po oltre a quello che sono i luoghi comuni che alcuni raccontano, anche qui su Internet.

Parlare di una reale intenzione di assumere oggi, nel 2008, nel tempo del lavoro autonomo, è un po anacronistico.

Si liberano e si autopropongono collaboratori, si prende nuova gente per tempi prefissati, a fare delle cose specifiche che servono a quel singolo scopo, e via dicendo.

Questo è un bel mondo del lavoro per oggi, dove certamente c'è spazio anche per una ragazza brava e preparata come te.

Basta sapersi proporre, avere le giuste competenze, e quel minimo di voglia di emergere che dovrebbe essere alla base della società occindentale, ma anche giapponese, ma anche cinese, ma anche indiana ... etc etc etc.

:-)

Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Cioè nel 2008 non ci sarebbero più aziende che hanno "reale intenzione di assumere"? Ben triste, allora, sarebbe questo mondo del lavoro se davvero offrisse impieghi solo "a tempo", solo "finche ce n'è bisogno". Per fortuna non è così, per fortuna ci sono ancora imprese che si comportano bene con i dipendenti, che li mettono a posto: il che non vuol dire per forza "per sempre", ma vuol dire garanzie, contributi, cassa di previdenza, malattie e maternità.
Nel caso specifico, Anna ci racconta che ha fatto PIU' DI UN ANNO DI STAGE, ammazzandosi di lavoro (lavoro, non formazione), sempre sperando in un salto di qualità, che poi però non è arrivato. Anche questo va bene? Anche questo fa parte del "bel mondo del lavoro" di oggi?

Martina

il microblogger ha detto...

Brava Eleonora, vedo che Franco Abruzzo ha ospitato il tuo appello sulla sua newsetter! Ora potresti puntare a Tremonti, visto che in campagna elettorale si è scagliato contro il lavoro flessibile e sperticato a favore dei contratti a tempo indeterminato. Sarebbe un colpaccio! :-)

Anonimo ha detto...

@ Prime: Martina ha colto pienamente nel segno. Il problema non è lo stage o la precarietà. Mi sarebbe anche andato bene essere precaria, per un anno o due. Ma per 1500 euro al mese, non per 350 euro al mese per 8 mesi (e gli altri sei mesi aggratis).
Inoltre, si trattava di un lavoro vero e proprio, non di uno stagetto part time. Il problema è che spesso e volentieri le aziende usano gli stagisti come fossero materiale umano da spremere come limoni. Io ovviamente di tanto in tanto mi ribellavo a questa situazione (minacciando di andarmene, chiedendo altri stagisti in mio aiuto), il che mi ha reso la condizione più sopportabile, ma non si può pensare di fare così sistematicamente.

Anonimo ha detto...

@martina
Si stava parlando di concetti semantici nel caso a cui tu fai riferimento.

Parlare di reale intenzione di assumere è nel 2008 anacronistico come espressione, e ci riporta alla guerre sindacali degli anni '70, ormai superate in tutto il mondo come atteggiamento generale.

Affermare poi come fai tu che "ci sono imprese che si comportano bene, sono quelle che mettono a posto il loro personale" è anche qui anacronistico, e riporta a pensieri antichi.

La larga maggioranza delle imprese italiane utilizza personale completamente in regola - purtroppo presso alcune tipologie dei nostri amici giornalisti fanno però spesso molta + notizia, e tiratura, le citazione delle "mele marce" che ci sono un po in ogni mondo.

Sul caso di Anna, abbiamo già detto la probabile verità della questione, che anche lei correttamente individua: abbiamo un concorso di responsabilità tra una ditta che forse ha male gestito uno stage, e una persona che forse ha preso il suo stage non proprio con il migliore dei suoi atteggiamenti possibili.

@anna
Su Martina abbiamo già detto.

Nel tuo caso, come dicevamo, la poca competenza generale è da dividere in un concorso di responsabilità tra te e l'azienda come indicavi anche tu.

Per il resto, non esistono "stagetti". Sono sempre sbagliati quelli che tu definisci gli "stagetti".

Lo stage è sempre una cosa seria, e cosi deve essere presa da entrambe le parti in causa, ragazzo e azienda.

Spesso va tutto bene.

Altre volte sbaglia uno dei 2, o entrambi.

Anche se va comunque ricordato che lo stage è un periodo di formazione-lavoro, non è un contratto di lavoro.

Questo lo si deve sapere prima di poter pensare cose sbagliate dello stage, come hai fatto tu.

:-)

Un saluto

Eleonora Voltolina ha detto...

Anna è molto lucida nell'ammettere che forse anche lei durante lo stage ha un po' voluto illudersi, evitando di dare peso ai segnali negativi che provenivano dai suoi capi.
Ma non bisogna, a mio avviso, mai dimenticare che stagista e datore di lavoro non possono essere messi sullo stesso piano. Nel mercato del lavoro è nel 90% dei casi l'impresa ad avere il coltello dalla parte del manico: e anche questo caso non fa eccezione. Loro hanno avuto una dipendente a costo zero per sei mesi, a costo semizero per altri sette, e questo è un fatto incontrovertibile. Se non ci fosse stata Anna - o un altro stagista - a svolgere l'indispensabile compito di controllare le traduzioni, la testata avrebbe dovuto assumere un dipendente. Ritorniamo al solito discorso: anche qui lo stagista è stato preso all'unico e innegabile scopo di risparmiare sul personale.
Questo non è accettabile: perlomeno, qui sulla Repubblica degli Stagisti non lo si vuole accettare con la solita scusa "perchè ormai il mondo del lavoro va così".
A fronte di questa immensa scorrettezza dell'impresa, la "colpa" di Anna (essersi illusa, non essere stata abbastanza forte da rifiutare, da andarsene, da contrattare e pretendere condizioni di lavoro più dignitose) diventa piccola piccola, quasi invisibile.

Anonimo ha detto...

Il problema secondo me non è volersi illudere durante lo stage... che è naturale e segno di un vero entusiasmo, di interesse e passione verso il proprio lavoro. Il problema non è nemmeno il posto fisso: essere precari con un contratto lungo e uno stipendio dignitoso va bene, permette di potersi costruire una vita, una reale indipendenza. Prescindendo dal fatto che nel nostro paese nessuno aiuta i precari: i mutui che vengono concessi ai lavoratori atipici (ancora è così che sono chiamata) sono irrisori (difficilmente ci compri un monolocale a Milano, dove i 3/4 dei precari lavorano) gli stipendi sono più bassi di quelli dei tempi indeterminati (anche se tu alla'azienda costi meno e il tuo tasso di rischio di perdita lavoro è più alto).
Il problema è che arrivi a un punto in cui non ci credi più. Non credi più al periodo di prova di tre mesi e poi vedremo: sai bene che coprirai un buco di tre mesi e poi forse altri tre e poi ricominceranno. Non ci credi più a io do il massimo anche se mi pagano una miseria ma si accoreranno di quanto valgo, perché infondo sai che non è vero.
Il punto è che arriva un giorno in cu ti chiedi se ne è valsa la pena, e a conti fatti è più ciò che hai perso di ciò che hai guadagnato.

Anonimo ha detto...

Nel caso delle Unbiversità il coltello dalla parte del manico per gli stage non risiede nelle imprese.

Va equamente diviso tra stagisti, imprese e univerisità/enti formativi.

Conoscendo bene la situazione si comprende facilmente questa realtà.

Questo è stage, non lavoro, non dipendendi a costo zero quindi, ma formazione.

Unknown ha detto...

Come ha correttamente suggerito Eleonora, la colpa di Anna, sempre che di colpa di voglia parlare, è trascurabile rispetto a quella dell'azienda. Non si possono mettere sullo stesso piano l'azienda, con potere decisionale e che, con ogni probabilità, sapeva fin dal principio quali erano le sue intenzioni, e una ragazza convinta, anche in virtù della mole di lavoro e responsabilità attribuitele, che dando il massimo sarà premiata.
Sono comunque convinta che per Anna abbia costituito un'esperienza importante, se non altro per interpretare più appropriatamente certe situazioni in futuro e capire quando è il caso di dire basta.

Anche io vedo molto di anacronistico nel sogno del posto fisso. Ma purtroppo in Italia non esiste una grande mobilità se parliamo di lavoro qualificato. E il sistema di fatto discrimina molto chi si trova nella condizione di precario. Ecco da dove, a mio avviso, nasce "l'anacronistica" voglia di posto fisso.
Per non parlare di quello che sottolineava lilyce: i livelli di retribuzione illogicamente più bassi del lavoro precario e non sufficienti affinché si conduca un'esistenza finalmente indipendente e dignitosa.

Lo stage non finalizzato all'assunzione è un ottimo strumento per consentire ai più giovani di fare esperienza prima della laurea. Tuttavia una retribuzione minima è testimonianza anche della serietà dell'azienda, che, poiché ha costi relativi allo stagista (e non solo vantaggi fiscali!), avrà interesse a selezionare un profilo adatto e a rendere il rapporto proficuo.

Anonimo ha detto...

I soggetti vanno messi sullo stesso piano perchè sono sullo stesso piano.

Non lo sarebbero se fosse un contratto di lavoro.

Ma stiamo parlando di stage formativi, non lo dimenticare.

In uno stage, come racconta spesso anche elly, un ragazzo può anche far nulla di sua volontà, oppure può alzarsi e andarsene quando vuole, sempre di sua volontà.

Unica cosa che perde sono crediti formativi et similari, insieme alla simpatia di quell'azienda.

La stessa che, per le stupidaggini che il ragazzo può combinare, ci rimette invece ben oltre queste cose.

Per il resto, quel che si trascura in italia non è il lavoro qualificato: esso c'è, è forte, e produce valore in tutte le direzioni.

Forse al contrario, c'è molta gente che pensa di rappresentare un lavoratore di un lavoro qualificato, che invece non ha Mercato.

Questo è uno dei problemi italiani.

I livelli di pagamento del lavoro flessibile sono commisurati alle ore lavoro che si impiegano per quel singolo lavoro.

I vantaggi fiscali portati dagli stagisti sarebbe interessante identificarli - perchè l'azienda ha già costi per gli stagisti.

La serietà non è data dal fattore di cui parli quindi, anzi.

:-)

Un abbraccio

Anonimo ha detto...

@prime
Dimentichi che la maggiorparte degli stage sono POST LAUREAM, e che le assicurazioni vengono attivate dagli istituti che inseriscono lo stageista, e non dall'azienda ospitante. Quindi quali costi? Secondariamente se mi fai formazione, come tu dici, non hai da temere che io possa fare stupidaggini, perché non sarò io a svolgere il lavoro: tu a me stai insegnando come si lavora, io non sto lavorando.
Il punto è che solitamente non è così.
Come i lavoratori flessibili DOVREBBERO essere pagati in base alla mole di lavoro, ma ne conosco tantissimi che hanno a contratto l'obbligo di presenza in ufficio 8 ore al giorno, 5 giorni a settimana. Tra questi anche molte mie ex colleghe.
Anche perché ci sono lavori che non puoi svolgere senza materiale che non puoi avere in proprio: tecnici del montaggio, ad esempio, segretari, addetti in libreria... Non è che perché sei un cocopro puoi vendere i panini da casa!
Per ora la cassazione s'è mossa per una sola tipologia di lavoratori: i call center non possono essere considerati collaboratori perché svolgono a tutti gli effetti un lavoro subordinato.
Speriamo che la cosa si risolva anche per altri.

Anonimo ha detto...

@lilyce
La maggior parte degli stage non sono + post-lauream, visto che sono qualcosa di quasi obbligatorio ormai in molti programmi formativi, di molti corsi di laurea.

Non dimenticare che il tempo in azienda è un costo, ed un investimento che si sta facendo.

:-)

Secondariamente la formazione che si fa attraverso lo stage si chiama "formazione on job", e prevede che si svolgano lavorazioni sotto il controllo e il coordinamento aziendale, come è normale che sia in ogni stage.

Capitolo Lavoratori Flessibili: alcuni contratti prevedono degli orari, va visto caso per caso, non è corretto generalizzare i concetti come stai ora facendo.

A livello di call center, le cose non sono esattamente come tu dici, ma decisamente + stratificate.

Sono attese nelle prossime settimane delle nuove pronuncie che certamente faranno chiarezza.

Unica certezza la abbiamo sugli inbound.

Il resto sono chiacchiere.

:-)

Un abbraccio

il microblogger ha detto...

Concordo con Lilyce e aggiungo: se veniamo formati all'asilo, alle elementari, alle medie, alle superiori, all'università e poi pure con gli stage, quando si lavora? Ma soprattutto, chi non ha il sedere parato da mamma e papà, come fa a vivere (=fare la spesa, pagare un affitto, pagare le bollette, fare l'abbonamento ai mezzi) se non lo pagano? Perché se sei bravo e fortunato, all'università ti danno la borsa di studio e riesci a mantenerti, ma l'azienda per cui lavori in stage la borsa di studio manco sa cos'è. Allora il rischio è che se lo stage è solo formazione, e non lavoro pagato, chi se lo può permettere è solo il figlio di papà. Con tanti saluti a tutti gli altri, che dovranno, per campare, accettare lavori non qualificati, mortificando gli sforzi fatti per avere una laurea. Lo dico nel giorno in cui vengono pubblicati i dati Istat, secondo cui il reddito di oltre il 50% delle famiglie italiane (non dei singoli, ma redditi di marito e moglie insieme) non supera i 1.900 euro al mese. 1.900!!! Come fanno, queste famiglie, a mantenere i figli che fanno stage non pagati?

Conclusione sull'idea per cui oggi sarebbe anacronistico parlare di reale intenzione di assumere da parte delle aziende. Cito da Repubblica, sezione economia, pagina 4, 14 novembre 2007: "Due milioni 719 mila dipendenti, nel 2006, hanno lavorato con un contratto a termine: l' 11,8 per cento sul totale degli occupati. Il dato, elaborato su rapporti Istat, è contenuto in una ricerca presentata dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Dallo studio emerge anche che siamo in linea con la media europea: i dipendenti a tempo determinato sono due milioni 222 mila (13,1 per cento dei dipendenti)". Mi pare proprio che in Italia, come in Europa, si prediliga oggettivamente il lavoro stabile.

A scanso di equivoci: a me la legge Treu (poi Biagi) non dispiace affatto, perché introduce il principio della flessibilità. Ma necessita di seri correttivi sul fronte della sicurezza.

Anonimo ha detto...

@andrea
Sulla questione dello stage nella sua essenza di momento di "formazione on job" ci siamo già espressi spesso, anche prima.

Questo è lo stage, può piacere o può non piacere, ma è questo.

Per il resto, nessuno deve obbligatoriamente fare i lavori che diciamo. Si possono fare tranquillamente lavori di livello + basso per campare, mentre di studia per altri mestieri, come fanno molti giovani italiani che si sanno dare da fare.
Questi sono lavori normali, che fanno molte persone, e non sono per questo mortificanti, altrimenti si getterebbe qualcosa di non molto carino in viso a tutti quei ragazzi che i sacrifici li sanno fare, e arrivano ad ottimi risultati.

Sui dati della ricerca: che l'italia sia uno dei 3-4 paesi con la + bassa % di lavoro flessibile in europa, è cosa nota, ed è segno di rigidità e scarsa competitività del nostro sistema.
Non sembra noi si sia nella parte alta della media europea.

Un saluto.

Eleonora Voltolina ha detto...

Sono pienamente d'accordo con Andrea quando dice che la formazione in Italia è troppo lunga. Nei Paesi mitteleuropei e anglosassoni è la norma che i ragazzi di 22-23 anni siano laureati e ottengano lavori (non stage) retribuiti. Ho già raccontato qualche giorno fa la storia di Olimpia, brillante neolaureata 24enne che il mercato del lavoro italiano si è permesso di "rigettare" con un'umiliante sequela di proposte di stage "perchè non sei ancora abbastanza formata, cara" e che invece il mercato del lavoro olandese ha colto al volo e valorizzato con l'offerta di un posto da 37mila euro l'anno.
Questo è il cancro dell'Italia: sfrutta i suoi giovani procrastinando all'infinito il momento in cui potranno avere un contratto vero e uno stipendio che li renda indipendenti dai genitori.
I discorsi sullo stage che è formazione e non lavoro a me ormai fanno sorridere, lo sanno tutti che non è così, quindi chi continua con tenacia ad affermare il contrario faccia pure, non mi scomoderò a rispondere per l'ennesima volta.
Un ultimo appunto sui numeri dello stagismo in Italia: si calcola che il numero degli stagisti impiegati ogni anno nel nostro Paese sia compreso tra 300mila e 500mila. Un dato certo non esiste, bisogna incrociare i dati parziali di Unioncamere, Almalaurea e altri. Sostanzialmente viene fuori che circa il 60% degli stagisti sono studenti delle scuole superiori o delle università: il restante 40% (più o meno) è già laureato.

il microblogger ha detto...

Esatto: se questo è lo stage, così non piace. Altrimenti non mi pare staremmo qui a parlarne.

Sul fare lavori di più basso livello: non è certo mia intenzione ritenerli mortificanti in sé. Ma è inconcepibile dover rinunciare a uno stage coerente coi propri studi solo perché non è pagato, e non ti permette di campare. Altrimenti, semplicemente, è inutile studiare. Lo stage deve essere per tutti, non per chi se lo può permettere.

Sulla ricerca: dice che siamo nella media. Vuol dire: come gli altri. Se la media è quasi il 90% di lavoro stabile in Europa, non credo sia vero che le aziende, in Italia come in Europa, oggi non hanno reale interesse ad assumere e che dobbiamo essere precari/flessibili per forza.

Un saluto.

Eleonora Voltolina ha detto...

Il discorso della flessibilità che si trasforma in precariato era stato affrontato qualche mese fa su questo blog in un post dal titolo "Flessibilità vs precariato: la sottile linea rossa" (http://repubblicadeglistagisti.blogspot.com/2007/11/flessibilita-vs-precariato-la-sottile.html).
Nel quale si spiegava, senza tanti giri di parole, quel che emerge anche dai commenti di Lilyce, Olimpia, Andrea.
E' flessibile chi guadagna una cifra sufficiente a pagarsi da solo vitto, alloggio, vacanze, spese mediche e anche a mettersi via qualche risparmio per gli imprevisti.
E' precario chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, e vive sempre con l'angoscia di dover chiedere prestiti ai suoi genitori (all'alba dei trent'anni) per qualsiasi spesa imprevista.
Non credo sia molto difficile da capire.
In Italia abbiamo un sistema assolutamente folle e illogico: chi ha un buon contratto ha anche un buon stipendio. Chi ha un contratto atipico - salvo rarissime eccezioni - sopravvive grazie agli aiuti dei genitori e a immensi sacrifici.
Il discorso classista "Se non hai i soldi per lo stage, trovati un lavoro meno qualificato" non lo considero nemmeno. Fortunatamente siamo in democrazia, e tutti possono ambire a fare lavori gratificanti e remunerativi, anche se non provengono da famiglie abbienti, grazie all'università aperta a tutti.

Anonimo ha detto...

@andrea
questo è lo stage, e A TE non piace, come non piace AD ALTRI CHE LA PENSANO COME TE.

A molti altri piace invece, e non si sta parlando di aziende ma di ragazzi.

Uno stage non va rinunciato perchè non ha rimborso spese. Il rimborso spese è facoltativo, perchè lo stage NON E' LAVORO.

E' FORMAZIONE, ed è PER TUTTI.

:-)


@eleonora
Siamo in democrazia, che non equivale essere nell'URSS fortunatamente.

:-)

Fa sorridere leggere che lo stage è lavoro e non formazione, quando tutti sanno questo, quando le leggi dicono questo, quando questa è la realtà.

Poi che tu la racconti cose non corrette è quasi normale, sfruttando alcuni casi che purtroppo non fanno scuola - vedi Olimpia.

Rimane quindi nel dovere civico di ogni cittadino dover fare luce sulle cose non corrette che tu racconti, per evitare che altri ragazzi siano danneggiati dalle tue affermazioni.

:-)

Flessibilità e Precariato: sono stati della Mente, e modi di prendere la vita, come raccontato correttamente in www.flessibilieprecari.org

Il resto sono onestamente deviazioni della realtà - che tu ami spesso fare.

:-)

Un abbraccio

il microblogger ha detto...

Uffa, che barba. "Questo è lo stage": sì, ma a ME non piace, e vorrei che cambiasse, e per questo ne parlo in questo luogo di discussione, libero, democratico, aperto a tutti, portando le mie riflessioni. Posso?

"Uno stage non va rifiutato perché non ha rimoborso spese". Ripeto: dillo a quel 50% dei genitori italiani che in due guadagnano 1.900 euro al mese.

:-)

Eleonora Voltolina ha detto...

Andrea, puoi.
Ho aperto questo blog proprio per questo. Mi impegno ad animarlo proprio per questo. Per dare spazio alle persone come te, che vogliono dire a voce alta che questo sistema non va bene, e proporre soluzioni per cambiare la situazione.
Il senso di questo spazio virtuale è proprio questo: discutere, fare il punto sulle cose che non vanno bene (o anche su quelle che vanno bene, vedi la Lista dei Buoni), gli anacronismi, le contraddizioni, le difficoltà, per cercare di elaborare proposte da sottoporre all'attenzione della società civile e dei nostri rappresentanti nelle Istituzioni.
Grazie quindi Andrea, e grazie a tutti quelli che come te contribuiscono a questo dibattito portando le loro esperienze personali, le loro opinioni, le loro idee. Non chiederti mai più "Posso?". Certo che puoi. Siam qui per questo.

il microblogger ha detto...

Ehehe, grazie Eleonora, ovviamente il mio "Posso?" era una domanda che già si dava la risposta.

Invito comunque a leggere l'ultimo intervento al tuo post "L'ITALIA È IMMOBILE, MENTRE ALL'ESTERO I GIOVANI CORRONO: UNA TESTIMONIANZA", tristemente illuminante.

Anonimo ha detto...

@andrea
a te, e tanti altri NON PIACE.

A noi, e tanti altri, di base PIACE anche se va comunque MIGLIORATO.

:-)

E' un mondo libero, stiamo tutti esprimendo opinioni suffragate dalle leggi della nostra amata repubblica ... oppure qualcuno ti proibisce di dire la tua?

???

Quel 50% di genitori manda i ragazzi a lavorare, se ha necessità, non gli fa fare della FORMAZIONE - cioè uno STAGE.

:-)

Anonimo ha detto...

In poche parole caro Andrea lo stage è per ricchi!!Di conseguenza l'Italia è un paese di ricchi visto l'elevato numero di stage!

il microblogger ha detto...

Aspetta, ti spiego le tue parole. In uno dei tuoi commenti mi hai scritto: "Questo è lo stage, può piacere o può non piacere, ma è questo". Siccome il tono sapeva un po' di Urss e sembrava dire "Davanti alla realtà, non si può che star zitti", per questo ti dico: no, non sto zitto, ma parlo, perché questa realtà appunto non mi piace e vorrei che cambi. Ecco perché ho fatto quelle precisazioni. Seguivano alle tue iniziali parole.

Sul secondo punto, vedo che confermi: i poveri non hanno diritto di fare uno stage come i ricchi, che vadano a fare lavori meno qualificati. Curioso, tra l'altro: l'art. 34 della Costituzione dice che "i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi". E visto che tu mi dici che stage è formazione, seguendo la tua logica quello allo stage dovrebbe essere un diritto quasi costituzionale, quindi valido per tutti e non solo per i ricchi/mantenuti/bamboccioni, no?

:-)

Anonimo ha detto...

@benny
fai sempre commenti che denotano voglia di capire la realtà che ci circonda ...

;-)


@andrea
le idee da URSS non sono certo le nostre, per carità ...

:-)))))

Tu come benny non avete molto capito la frase, come anche quella di prima con riferimenti all'URSS che avevi maleinterpretato ...

Le necessità nella vita generano dei modi di essere e di vivere.

La frase quale:
"Quel 50% di genitori manda i ragazzi a lavorare, se ha necessità, non gli fa fare della FORMAZIONE - cioè uno STAGE."

E' una fotografia della realtà di oggi.

L'articolo che citi dice il vero, si parla di "capaci e meritevoli" ...

... questi sconosciuti. Presentatecene molti, li faremo conoscere volentieri a molti amici che da anni li cercano senza riuscire a trovarli.

Dare per scontato che tutti siano capaci e meritevoli è un errore mascroscopico: sarebbe bello fosse così, ma la realtà ci racconta di un paese ben diverso purtroppo.

Il mondo cresce, impara, è disponibile al sacrificio ... i giovani italiani, generalizzando, purtroppo no.

Poi il diritto di cui si parla già esiste, ma troppo spesso viene usato per fare gli aperitivi ed oziare invece che per studiare ed imparare.

Ma di che mondo stai parlando ragazzo mio?

:-)

Un abbraccio




E visto che tu mi dici che stage è formazione, seguendo la tua logica quello allo stage dovrebbe essere un diritto quasi costituzionale, quindi valido per tutti e non solo per i ricchi/mantenuti/bamboccioni, no?

Anonimo ha detto...

bla bla bla...

Anonimo ha detto...

@prime
Nella nostra Repubblica che tu decanti e che oggi si festeggia, gli studenti che non possono permettersi la formazione sono pagati per averla, e non sborsano un euro: alloggio, tasse, pasti, e soldi contanti per materiale e spostamenti. Quindi se lo stage è formazione, (come sostieni tu: Uno stage non va rinunciato perchè non ha rimborso spese. Il rimborso spese è facoltativo, perchè lo stage NON E' LAVORO.
E' FORMAZIONE, ed è PER TUTTI.)
le aziende devono dare a chi non può permetterselo: alloggio, pasti, tasse e soldi per materiale e spostamenti.
E se lo stage non è lavoro, gli stageisti devono osservare e fare solo simulazioni: le aziende non devono guadagnare dal lavoro degli stageisti, quindi gli stageisti non devono nemmeno portare il caffè o fare fotocopie: in teoria c'è gente pagata anche per quello.

Anonimo ha detto...

@prime
Tu dici: Quel 50% di genitori (intendendo quelli che non superano i 1900€ di stipendio mensile di coppia) manda i ragazzi a lavorare, se ha necessità, non gli fa fare della FORMAZIONE - cioè uno STAGE
Quindi, i lavori più qualificati (ma non solo visto che si fa stage anche per un posto in libreria) a cui si accede solo dopo periodi di stage sono riservati non alle persone di valore, meritevoli, ma ai figli di papà.
CHE BELLO ESSERE ITALIANI.

Anonimo ha detto...

@prime
ultima cosa: è verissimo che esiste uno stage obbligatorio per le nuove lauree. Ma bisogna distinguere da stage obbligatorio per legge intercorso, che ha una durata temporale limitata nel tempo (e trall'altro piuttosto breve), e lo stage non previsto per legge ma che le aziende propinano a oltranza a chi ha un master di secondo livello.
Lo stage che disgustiamo, è questo, non il periodo di pratica di 150 ore per prendere la laurea di primo livello (che per legge è sostituibile con un esame in più, tanto è alto il suo valore!)

Eleonora Voltolina ha detto...

Hai fatto molto bene, cara Lilyce, a ricordare a tutti i lettori che in questo blog nessuno mette in dubbio l'utilità degli stage svolti durante il percorso universitario.
Quegli stage, che solitamente durano da 5 a 12 settimane, sono integrati al percorso formativo, allo studente fruttano dei crediti, e quindi vanno benissimo (perfino se, come il più delle volte accade, non sono remunerati).
In questo blog si stigmatizza l'uso sconsiderato degli stage per gente GIA' LAUREATA: gente che ha terminato la sua formazione dopo anni di università e che spesso ha alle spalle anche periodi di Erasmus all'estero, stage, a volte addirittura master e corsi di perfezionamento.
Queste persone - di 25, 28, 30 anni - sono già perfettamente in grado di produrre profitto e pertanto meriterebbero contratti seri e stipendi adeguati: ma il mercato del lavoro italiano invece preferisce sfruttarli ancora un po', propinando loro stage con la scusa che non sono "ancora pronti" per lavorare, che hanno bisogno di un "surplus di formazione".
Si ritorna all'esempio di Olimpia: lei a 24 anni qui in Italia non è riuscita a trovare altro che stage, mentre tra un mese comincerà a lavorare in Olanda e guadagnerà più di 2mila euro netti al mese. E Olimpia non è nè un genio, nè un'eccezione: è semplicemente una giovane italiana intraprendente che si è rotta le scatole di essere sminuita, ed è andata a cercare la sua occasione all'estero.

Anonimo ha detto...

Forse è il caso di ricordare ad Andrea, Benny e tutti gli altri che i Prime sono principalmente Daniele Buzzurro e Rosa Cristiano, rispettivamente amministratore delegato e responsabile dell'area grafica di un ufficio di progettazione siti web di Roma (Dreamyourmind), e che per la loro attività utilizzano stagisti senza dare un euro di rimborso spese.
Direi che è un particolare da non dimenticare mai quando si leggono i loro commenti.

Anonimo ha detto...

@anonimo
Allora i miei sospetti erano fondati!
Ovviamente ne ignoravo i nomi, ma immaginavo la professione che li portava a stare dall'altra parte della barricata! ;)

Anonimo ha detto...

@lilyce
le aziende non devono dare nulla a nessuno, perchè sono soggetti privati.

Forse ignori il significato di questo, cosi come le differenze che questo ha con il pubblico.

Altrimenti non avresti detto una panzana quale quella da te detta.

Ancora: lo stage è "formazione on job", questa è la sua dinamica: non si tratta di simulazioni, ma di formazione tramite test sul lavoro reale.

Bisogna insegnarlo ancora a molti che qui hanno idee un po fuori dal mondo sugli stage.

ancora: se nella tua università lo stage è di 150 ore, ci fa un po tenerezza la scarsità di formazione che ti viene elargita.

In genere si fanno sempre minimo 250 ore ... e sono anche poche per imparare qualcosa.

Per caffè e fotocopie, è una cosa che denunciamo tutti da tempo, nei rari casi dove avviene, nelle decantate grandi aziende che ci pubblicizza eleonora qui nella sua list.

@anonimo
abbiamo un altro "anonimo" scopritore dell'acqua calda ... 2 dei membri di prime, di cui uno è anche membro fondatore di flessibili e precari del resto, sono noti da tempo, come peraltro può vedere tranquillamente chiunque sa un minimo usare un motore di ricerca ...

... forse il nostro genio "anonimo" potrebbe anche riuscire a trovare i nomi di tutti gli altri partner sia di prime che di flessibili e precari che sono anche essi tranquillamente in rete ed identificabili da tempo, oppure non è capace di fare altro che ripetere cose che tutti noi sappiamo?

;-)

Vi farò contattare a breve comunque da Daniele in merito alla cosa detta nei suoi riguardi relativamente agli stage ...

:-)

Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Salve, sono Daniele, il tanto vituperato Amministratore di DreamyourMind.

Mi chiamate in causa, e per la prima volta da mesi scrivo in questo blog di problemizzati - ho segnalato e consigliato a Carlo, Francesco, Rosa e gli altri amici comuni di evitare di commentare le stupidaggini che dice eleonora, ma evidentemente si saranno innamorati della sua bellezza, cosi come ha fatto anche missmidnight.

Come dargli torto, quando c'è qualcosa di reale meglio riconoscerlo.

:-)

Battute a parte, veniamo al punto che ci interessa: DreamyourMind utilizza 1 stagista a trimestre per le proprie attività di grafica, cosi come richiesto dai regolamenti.
Lo stagista va sul settore grafico.
Lo stagista impara quindi un mestiere, e se è davvero dotato, rimane a collaborare in azienda qui da noi.

E' già successo che questo sia accaduto, come invece è anche successo che lo stagista fose totalmente inadatto a questo lavoro, come è normale che sia.

Non fa quindi fotocopie, non porta caffè, ma impara.

Questo imparare ha un costo per noi in ordine temporale e di mancato guadagno: formiamo gratis una persona che per imparare le cose che impara da noi tramite un corso impiegherebbe diversi mesi e spenderebbe fior fior di euro.

Generalmente non lo utilizziamo per fare lavorazioni direttamente verso clienti, perchè già è tanto se capisce la differenza tra Firefox e Explorer, oppure se sa cosa è e sa usare un Tag, oppure se conosce anche solo l'abc dell'HTML.

Viene invece effettuato su di lui perciò un investimento reale, sperando che questi si dimostri sufficientemente bravo da poter rimanere a collaborare con noi.

Questo comporta che se investe l'azienda su di lui, debba investire anche il ragazzo su se stesso.

Da ciò deriva la scelta corretta di non fornire alcun rimborso spese a questo stagista, non avrebbe avuto senso farlo, poichè viene già ripagato dal mestiere che impara.

C'è inoltre da dire che il rimborso spese spesso è un palliativo che fa sedere sulle sue lo stagista, e non gli facilità l'apprendimento di quello spirito di sacrificio che è proprio di ogni figura lavorativa che si rispetti.

Un saluto a tutti voi, e cercate di parlare di tematiche così interessanti in maniera maggiormente costruttiva e soprattutto fattiva, invece di discutere del sesso degli angeli.

Anonimo ha detto...

"Le stupidaggini che dice Eleonora"????? Che maleducazione!

Anonimo ha detto...

@prime
Io l'università l'ho fatta a vecchio ordinamento, quando non c'era lo stage obbligatorio.
Secondariamente esistono scuole private (e quindi aziende) che fanno formazione dando borse di studio ai meno abienti.
@Daniele
Che educazione! E che rischio far fare progetti di grafica allo stageista... non vorrei proprio essere al posto del suo tutor e tovarmi a rifare tutto in una sola notte se le cose non dovessero essere buone, visto che infondo sta solo imparando.

Anonimo ha detto...

@lilyce
tuo errore allora probabilmente non aver usufruito dell'ottima opportunità data dagli stage universitari a suo tempo.

Ancora, le aziende private non è detto siano enti formativi, anzi: pochi lo sono, visti i faticosi accreditamente giustamente richiesti.

Diventano però erogatori di stage, quindi di formazione on job, ogni volta che prendono su di se uno stagista da formare.

un abbraccio

:-)

Anonimo ha detto...

Ammazza Daniele, ma sei praticamente un martire! Offri la tua impresa per infondere sapienza a giovani ignavi e incapaci, prendendo sulle tue larghe spalle il rischio che loro combinino chissà quali disastri e addirittura perdendoci i tuoi soldi...
Ma chi vuoi prendere in giro?
Sei davvero convinto che qualcuno si possa bere la storiella che prendere un grafico già preparato con un contratto vero costi MENO che avere uno stagista che ruota ogni tre mesi e che non viene pagato un euro?
Ma per piacere. Tu, come tutti gli imprenditori italiani, prendi lo stagista perchè lo stagista TI CONVIENE.
Ma se continui a negarlo, e ad affermare che tu ti comporti in maniera corretta coi tuoi stagisti e dipendenti, allora accetta almeno un consiglio: perchè non la pianti con il turbine di stage e non ti decidi ad assumere (invece di farlo "collaborare"...) quello che in questi anni ha dimostrato di essere il più bravo? Ormai, dati i ritmi che indichi, avrai una decina di ex stagisti almeno. Direi che hai un'ampia scelta. E così avrai anche un risparmio di quel "costo in ordine temporale e di mancato guadagno" che fa un po' ridere, ma vabbè.

Martina

Anonimo ha detto...

Martina,

mi segnalano che mi hai scritto, invervengo per risponderti:

- noi assumiamo, ma solo le persone che se lo meritano, cioè che sono ad un livello sufficiente, che poi è un livello abbastanza alto nel nostro caso.

Onestamente non vedo perchè dovrei perdere dei soldi prendendo gente che in ufficio si gira i pollici o si mette a chattare su messenger invece di svolgere i compiti assegnati, oppure persone che non sono sufficientemente preparate tecnicamente per i nostri progetti e che non ha imparato molto dal proprio stage per principalmente per propria negligenza, o che magari pensano di esserlo solo perchè nella loro vita hanno realizzato 2 book e 3 siti internet.

Il processo di qualità va garantito: per questo esiste lo stagista.

Lo stagista è alla base del processo di qualità tecnica, deve crescere prima come stagista, e se supera il primo scoglio come collaboratore, e se supera il secondo scoglio viene assunto.

Prendere lo stagista conviene solo se è un bravo stagista, che alla fine del suo percorso ha imparato davvero qualcosa ed è pronto per lavorare.

1 su 4 ci riesce circa, ma questo - quello di perdere risorse di vario tipo stando dietro a stagisti che non saranno mai nessuno - è un problema italico che attraversa la vita di tutti gli imprenditori purtroppo.

Non per questo noi non continuiamo ad investire sui giovani, formandoli ad una professione e sperando che essi siano pronti ad imparare un mestiere - la cosa non avviene poi cosi spesso come vorrei purtroppo, ma avviene.

Ma forse se tu fossi imprenditrice vera, capiresti ciò di cui stiamo parlando - difficile si possa farlo in pieno nella tua posizione, o in quella di una giornalista, etc etc.

Anonimo ha detto...

@prime
scusa: quand'è che ho detto che non l'ho fatto lo stage duante l'univesità? Ho detto che ai miei tempi non era obbligatorio, me li sono trovati (2) e li ho fatti. e non mi sono lamentata del fatto che non mi pagassero perché era formazione, serviva a me per capire se mi piaceva quel lavoro o se valeva la pena di provarne un altro. Li facevo nei mesi estivi, durante la pausa tra gli esami. Qui ci si lamenta degli stage a oltranza, quelli post laurea, post master. Non di quelli intercorso.
C'è una differenza notevole, e tu sei l'unico/a a far finta di non capirlo!

Anonimo ha detto...

@lilyce
non tutti ne hanno bisogno, lo diciamo sempre ... ma molti si.

Colpa del sistema formativo che non forma, e dei ragazzi che spesso non si predispongono ad imparare.

Chi è già pronto per lavorare con contratti ben venga.

Per i molti altri, lo stage è la cosa migliore.

:-)

Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Ma secondo voi perchè Daniele scrive "mi segnalano che hai scritto"?...
Non è capace a guardare Internet da solo? O è un manager talmente impegnato che può perdere mezz'ora a scrivere un commento lungo così e poi neanche due minuti per controllare se gli hanno risposto?
Misteri della vita.

Anna

Anonimo ha detto...

@prime
guarda anna, la segnalazione gliela ho fatta io di prime, purtroppo hai visto giusto: non ha tutto questo tempo da perdere dietro alle farneticazioni di eleonora, come sai ci ha anche sconsigliato di perderne noi, ma che ci vuoi fare, abbiamo a cuore il bene dei ragazzi ...

:-)

Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Prime vorrei proprio sapere che lavoro fai, o che lavoro fanno i tuoi dal momento che ti puoi permettere di bighellonare tra stage non retribuiti all'infinito...
Dici che questa è la realtà?
No so che all'estero non è così: ad esempio c'è un'amica di un collega che lavora in Canada, che prende l'equivalente di 1800 euro al mese e lavora in una gelateria!
Quindi non è proprio la stessa cosa.
Se l'Italia è così, lascio a te ed a quelli come te, il clima, il mare ed il cibo e me ne vado da un altra parte : non si può barattare la DIGNITA' con un piatto di pasta!

Anonimo ha detto...

Caro Ghibellina
leggi un po' più sopra, e avrai le risposte che cerchi in merito all'identità (plurima) di Prime...

Anonimo ha detto...

Ah ho capito, ho capito chi è costui!
Be' vorrei dirti, caro Daniele, che se mi si rompe un tubo e devo chiamare l'idraulico, quando mi presenta la fattura non posso mica proporgli un rimborso spese oppure chiedergli che mi offra la sua manodopera gratuitamente perchè non è un idraulico molto conosciuto nel quartiere!
E la stessa cosa se vado dalla parrucchiera .
Immagina un po' " No lei mi sembra troppo inesperta, se vuole le pago la metà se no niente!".
No no non funziona così, ovunque le prestazioni ed i servizi vanno pagati.
Ma forse questo vale solo per noi comuni mortali, non per voi aziende!
Avete trovato la scorciatoia per avere manodopera GRATUITAMENTE!
Ed ammettilo dai!
Sarai più in pace con te stesso e con gli altri.
Non c'è niente di male ad essere uno schiavista di fatto mentre invece è bruttissimo ammetterlo?
Guarda, in qualsiasi posto di lavoro, ogni volta che si entra per , appunto, la prima volta , c'è qualcosa da imparare perchè ogni azienda ha un suo modo di lavorare, di strutturare progetti ecc...
Allora secondo il tuo ragionamento bisognerebbe fare stage all'infinito?
Non è meglio fare un contratto di lavoro, a progetto come cavolo ti pare, ma un contratto...inquadrare il nuovo arrivato come junior, retribuirlo un po' meno degli altri perchè junior e deve imparare?
Guarda che nell'azienda dove lavora il mio ragazzo fanno così e non stanno fallendo.
Invece ti posso dire di un collega del mio ragazzo che si è da poco licenziato perchè ha un progetto molto edificante: rilevare un'azienda in perdita, mettere a lavorare due stagisti sotto o non pagati, spremerli come due limoni finchè reggono ed alla fine dichiarare fallimento e beccarsi tutti i soldi.
Sono parole che ho sentito dal vivo, con le mie ORECCHIE, dette da un aspirante giovane imprenditore.
Quindi tu e gli altri non me la date a bere!
Prendete esempio dalle aziende estere e vedete di fare meno i PARACULI!

Eleonora Voltolina ha detto...

Benvenuto su questo blog, Ghibellina. Sono Eleonora Voltolina, la "padrona di casa". Vorrei invitarti a usare un linguaggio più soft nei tuoi commenti: in questo blog non è consentito offendere gli altri visitatori.
Nel caso specifico, per quanto io non sia affatto d'accordo con l'impostazione di Daniele Buzzurro e con la sua maniera di utilizzare gli stagisti nella sua impresa, non posso consentirti di definirlo uno "schiavista" o un "paraculo".
Come molti altri piccoli e grandi imprenditori, Buzzurro si muove nella legalità, utilizzando la norma sullo stage (142/1998) che consente di prendere stagisti anche per lunghi periodi, anche senza pagarli, anche se sono già formati e laureati.
E' in questo senso - chiedendo a gran voce una revisione della legge - che dobbiamo indirizzare la rabbia, l'indignazione, la forza per combattere. Non ha senso prendersela con i singoli imprenditori che, più o meno correttamente, utilizzano lo spazio che la normativa concede loro per avere personale a costo molto contenuto. Loro fanno quel che per loro è più conveniente: dovrebbero essere le istituzioni a fermare questo sistema che purtroppo molto spesso confina con lo sfruttamento.

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora, hai ragione, mi devo moderare...il problema è che sono davvero arrabbiata perchè per quanto uno protesti, scriva ai giornali ecc...è come se parlasse al vuoto.
Io penso che si debba attuare una forte pressione nei confronti di chi ci governa affinchè quella maledetta legge venga cambiata.
Ma sono anche convinta che il cambiamento debba partire da ognuno di noi.
Ormai purtroppo, qui in Italia si è andata a formare una cultura per cui non essere pagati durante una stage , è non solo la prassi ma anche giusto!
Io mi sto prendendo un esurimento nervoso per questo.
Oggi mi chiama mia cugina, medico chirurgo e mi dice che anche lei ha lavorato in un ospedale per 4 mesi senza essere pagata e che io dovevo stringere i denti ed abbassare la cresta perchè chiedere certe cose - un rimborso spese non i miliardi- non me lo posso ancora permettere.
Il problema è che lei lo diceva come se fosse giusto e che qui è così e che ci dobbiamo adattare.
Be' io non ci sto!

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Ghibellina,
fai bene a non starci. Siamo qui apposta!
Il problema è effettivamente quello che descrivi tu: ormai in Italia viene "dato per scontato" che i giovani debbano fare una serie di stage prima di poter ambire a un contratto vero e a uno stipendio decente.
Come ho già detto altrove, il problema è che la normativa attuale è troppo "generalista", mette nello stesso calderone - sotto il cappello della "formazione" - gli studenti delle scuole superiori, gli studenti universitari, i disoccupati, i disabili, e poi anche tutti gli altri. Non ci sono barriere, è questo il problema.
La normativa invece dovrebbe prevedere che gli stage gratuiti fossero riservati ad alcune categorie di persone (in primis gli studenti, che stanno appunto compiendo al liceo o all'università il loro "percorso formativo"). Alle persone laureate, con una formazione già solida alle spalle e magari già altre esperienze di stage o di lavoro, dovrebbe perlomeno essere garantito un compenso minimo.
E' questa la direzione dell'iniziativa La Lista dei Buoni, che forse hai avuto modo di conoscere su questo blog: l'obiettivo è premiare con un po' di visibilità quelle aziende che, pur non obbligate dalla normativa vigente, scelgono di dare un buon rimborso spese ai loro stagisti.
Tu ne hai qualcuna da segnalare, per caso?

Anonimo ha detto...

Eh magari Eleonrora, purtroppo per ora no...anche perchè nel mio campo, l'audiovisivo, solitamente prendono persone che lavorino anche come volontari.
Ad esempio, una volta mi chiamarono a fare l'assistente alla regia per una televendita.
Be' in mano non avevo niente, ne convenzione per stage, ne assicurazione, ne niente...vabbè, durò solo una giornata..però
No il cinema e la tv sono gli ambienti lavorativi dove c'è maggiore sfruttamento.
A proposito se non lo hai già visto ti consiglio BORIS, una serie che fanno su FOX.
Rispecchia molto bene quel mondo del lavoro , anche se è una commedia e può sembrare che sia esagerata, ti assicuro che è davvero così.

Eleonora Voltolina ha detto...

Io semplicemente ADORO Boris!!
Però preferivo la prima serie, più "ruspante", a questa seconda che sta andando in onda adesso.
Tu che ne dici?
Mitico il personaggio dello STAGISTA Alessandro... Ovviamente il mio preferito!!

Anonimo ha detto...

Anch'io, come Olimpia vivo e lavoro all'estero con grandi soddisfazioni, ho solo 26 anni e in Italia mi proponevano solo stage, mentre qui mi hanno assunto subito. Questo é successo anche a molti altri miei amici, e dall'ultimo rapporto Almalaurea sembre siamo decisamente parecchi. Siamo tutti "casi che non fanno scuola"? Lavoratori di un lavoro non qualificato ma che pensano di esserlo?

Ho trovato sulla rete un'interessante ricerca condotta da tre studiosi esteri:

http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=378522

che mostra come l'Italia stia perdendo molte delle sue risorse più importanti. E questo già a partire dagli anni novanta.

"Flessibilità e Precariato: sono stati della Mente, e modi di prendere la vita"

Uno modo di prendere la vita per me é tale quando é una scelta personale e ragionata, non quando é un'imposizione di un mercato del lavoro che non premia la qualità dei dipendenti.

Per quanto mi riguarda non tornero' in Italia tanto presto, uscire dal nostro paese apre molte prospettive e aiuta a capire che il nostro paese, e l'Europa, non sono sicuramente l'ombelico del mondo. Ci sono un sacco di paesi emergenti, dove c'é molto da fare e costruire e dove le persone qualificate e tenaci sono molto apprezzate.

Coraggio, non mollate e non lasciatevi prendere in giro.
(e basta con questi "Un abbraccio"!!!) :-)

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Espatriata
ti ringrazio moltissimo per la tua testimonianza.
Perchè non ci racconti un po' meglio la tua esperienza? Sarebbe interessante, per me e per i frequentatori di questo blog, sapere in cosa ti sei laureata, quale lavoro cercavi in Italia, quali stage (e con quali prospettive...) ti venivano proposti, quando hai deciso di espatriare... E naturalmente che contratto ti hanno fatto nel Paese estero dove attualmente vivi!
Insomma, qualche particolare in più per conoscere la tua storia, confrontarla con quella di Olimpia, capire un po' meglio perchè questa nostra cara Italia obbliga i suoi giovani più intraprendenti a emigrare in cerca di opportunità lavorative migliori della solita sequela di stage.
Spero che tornerai presto su questo blog e che lascerai altri contributi alla discussione!

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora!
E' vero le nuove puntate di Boris non mi fanno impazzire però c'è Corrado Guzzanti che è troppo forte nei panni del conte!
Tra i miei personaggi preferiti c'è Lorenzo, lo stagista schiavo, Renè e Stanis!

Anonimo ha detto...

Allora non sono una pazza!E' vero che all'estero è tutto diverso!
Mia madre mi dice sempre che devo andare via per provare e capire che fuori si sta peggio!
Invece da quello che dicono molte persone mi sembra proprio il contrario!Ah sto leggendo il libricino che mi hanno lasciato all'ufficio stage dell'università!
Ma quante cazzate dicono?
" Anche facendo le fotocopie si può imparare molto..provate a leggere le carte che vi danno da fotocopiare..."
Oppure , " L'azienda vi sta mettendo alla prova...vuole vedere se siete Smart, se siete flessibili che vuol dire adattarsi a tutte le mansioni...anche portare il caffè..."
E poi tutto l'opuscolo è intriso di spirito paternalistico.
Vuole farci intendere che lo stage non è un lavoro ma solo una sorta di prova per conoscere da vicino il mondo del lavoro.
Manca che alla fine scrivano " Ed ora ragazzino ti diamo due euro così ti vai a comprà il gelato, va! "

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,

mi fa sempre piacere passare sul tuo blog e vedere che ci sono dei giovani in Italia che, nel loro piccolo, non si arrendono e cercano di cambiare le cose(post: "RIMBORSO SPESE PER LO STAGE: BISOGNA ANCHE AVERE IL CORAGGIO DI CHIEDERLO ").
Io mi sono laureata nel 2003 in Economia e Commercio, all'epoca parlavo già tre lingue e avevo fatto un periodo di studio all'estero (USA)due stage (uno in Inghilterra e uno in Italia, giustamente per finire l'università avendo già un bagaglio di esperienza lavorativa).
Dopo la fatidica laurea ho cominciato a cercare lavoro: non meno di 100 CV inviati, al massimo 3 risposte e tutte negative (di cui una farcita di insulti per aver fatto "perdere tempo con la mia telefonata idiota"). Non volendo rimanere con le mani in mano ho deciso di fare un altro stage in azienda (zero rimborso spese, per fortuna la mia famiglia poteva sostenermi) e di cercare un lavoretto serale o nel week end per guadagnare un po' di spiccioli. Premetto che non ho nemmeno trovato un posto di cameriera o commessa, mi dicevano che ero "troppo vecchia e troppo qualificata" e che comunque avrei dovuto iniziare con uno stage (!!!!).
A quel punto ho deciso che avrei fatto di tutto per espatriare e ho trovato uno stage all'estero, in Francia per la precisione, con un rimborso spese di € 1000 lordi al mese.
Alla fine dello stage ho subito trovato un lavoro, un tempo determinato che per mia volontà non é diventato indeterminato. Volevo cambiare azienda e dopo due settimane ho subito trovato un contratto a tempo indeterminato a € 30000 all'anno. Adesso comincio a essere un po' stufa della Francia, anche perché con le mie competenze: 3 anni di esperienza, (contano anche gli stage!) e parlando 4 lingue (nel frattempo mi sono data da fare per impararne un'altra) sono sottopagata.
Non ho ancora deciso dove andare ma non sarà di certo l'Italia!

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Espatriata
sei una grande!
Penso che "trasferirò" nei prossimi giorni questa tua testimonianza (o meglio, un compendio... per ragioni di spazio!) in un post vero e proprio, per riprendere il tema dei giovani che scappano all'estero per trovare opportunità di lavoro dignitose.
A te vanno i miei complimenti per l'intraprendenza, e i migliori auguri per trovare un'altra patria di adozione dopo i quattro anni francesi!

PS: Ti trovo ancor più fantastica dato che affermi che con uno stipendio di 30mila euro l'anno ti senti... SOTTOPAGATA! (Non c'è ombra di ironia nella mia voce virtuale: sono fermamente convinta che se uno è convinto di valere di più, sia giusto che cerchi un lavoro più importante, con responsabilità maggiori e stipendio più alto!!)

PPS: anche io sono stata rifiutata a un colloquio come commessa. Era il 2004. Mi ero laureata da poco. Mi presentavo con un curriculum lungo così, laurea con 110 e lode, tesi pubblicata, due lingue parlate fluentemente... La selezionatrice mi ha guardata in tralice e mi ha detto fuori dai denti "Ma lei che ci fa qui?". Le ho risposto "Cerco un lavoretto per cominciare a guadagnare dei soldi", ma non l'ho convinta. E così è sfumata la mia carriera di commessa. E vabbè.