giovedì 29 maggio 2008

GIÀ OLTRE 80 ADESIONI ALL'APPELLO PER GLI STAGISTI GIORNALISTI!

Voglio dire grazie, grazie e ancora grazie a tutti i giornalisti - praticanti, pubblicisti, professionisti - che hanno aderito all'appello per gli stagisti giornalisti lanciato qualche settimana fa su questo blog e su quelli di Alessandro Trevisani e di Gigi Furini.
Le firme sono già più di ottanta: ecco una panoramica delle motivazioni più significative che alcuni hanno voluto aggiungere alla loro adesione.

«Ritengo che
chiedere che gli editori paghino una retribuzione, seppur minima, agli stagisti sarebbe un segno di civiltà da parte dell'ordine e del sindacato, invece di imporre norme assurde e ingiuste che non risolverebbero il problema dei giornalisti disoccupati».

«Aderisco, da ex Ifg che ha trovato lavoro grazie allo stage estivo (retribuito)».

«La situazione è esattamente quella da voi riportata nell'appello: nelle redazioni si lavora anche più di un redattore senza, però, vedere un centesimo di compenso. Chi frequenta una scuola o un master va in stage in giro per l'Italia e anche all'estero e sostiene delle spese non proprio alla portata di tutti. Il principio mi sembra di una semplicità disarmante: il lavoro va pagato, sempre».

«Uno stage costa, ma solo agli stagisti!
Spese di vitto, alloggio e trasporto sono a carico degli stagisti e, soprattutto per chi si sposta dalla propria città per andare in posti come Roma o Milano, questo corrisponde ad un salasso».

«Sto vivendo una situazione che non è per niente facile: devo stare a Roma per due mesi e pago 450 euro al mese per una stanza. Ogni giorno faccio i conti con il mio portafogli e con i sensi di colpa nei confronti dei miei che stanno facendo sacrifici per permettermi questo stage fuori sede. Oggi ho avuto l'ennesima delusione: mi è stato detto che a me in quanto stagista non spettano i buoni-pasto. Questo è paradossale perchè ne ho più bisogno io che i colleghi più grandi di me che guadagnano tremila euro o più al mese».

«Anche gli stagisti hanno una dignità e il diritto di essere valorizzati per il proprio bagaglio culturale. Sì a una retribuzione minima e no al lavoro gratuito!».

«Un giornalista che ha bisogno di soldi è già un mezzo schiavo».


«È giusto che ci sia un minimo di retribuzione, perchè
per anni grandi gruppi editoriali hanno imbarcato stagisti a vagonate durante l'estate per evitare di effettuare sostituzioni ferie pagate: risultato, i giornali potevano uscire durante l'estate grazie al lavoro di stagisti che non venivano pagati un euro, neppure in buoni pasto».

E grazie anche a Franco Abruzzo, già presidente dell'Odg della Lombardia, che ha ospitato questa iniziativa sul suo sito e l'ha citata nella sua Newsletter!

lunedì 26 maggio 2008

STAGE E FALSE SPERANZE - UNA TESTIMONIANZA

Ormai siete veramente in tanti a scrivermi!! Sono davvero contenta che vogliate condividere con me e con gli altri frequentatori di questo blog le vostre esperienze di stage.

Oggi pubblico lo sfogo di Anna.

«Ho "perso tempo" correndo dietro a uno stage che sembrava si sarebbe potuto trasformare in lavoro vero, e invece no. Lo stage, presso la redazione di un giornale in una città europea, è stato certo formativo, ottimo a livello di contatti e di formazione professionale come giornalista: ma retribuito poco e perdipiù dandomi false speranze.
Primi sei mesi: in nero; unico rimborso: 50 euro al mese (l'abbonamento ai trasporti urbani).
Il lavoro non era semplice: dovevo controllare delle traduzioni, fatte tutte da volontari, quindi talora di basso livello, e occasionalmente fare l'editing di articoli in italiano, una responsabilità quotidiana e continua, uno stress fisico e psicologico (non c'era serata che trascorressi fuori casa senza l'incubo delle mail da controllare al rientro). Per sbarcare il lunario, mentre lavoravo quasi gratis per loro e andavo all'università, insegnavo italiano agli stranieri.
Mi propongono di rimanere a 350 euro al mese, dicendomi "magari poi troviamo qualche finanziamento". Quando, dopo altri tre mesi, finalmente arriva la convenzione stage, cominciano a darmi i famosi 350 euro di rimborso spese. Dopo i sei mesi pattuiti, m'implorano di rimanere un altro mese in più: non trovavano nessuno che mi sostituisse, chissà come mai (nessuno si è fatto scrupolo di chiedermi se, visto che facevo loro un favore, volessi qualche soldino in più). Poi, arrivederci e grazie.
Risultato? Abbruttimento fisico e psicologico, perdita di energie che avrei dovuto consacrare a finire gli esami e a scrivere la tesi, speranze deluse, insomma: un'umiliazione vera e propria.
Oggi fortunatamente sono uscita dalle mie depressioni, ho voltato pagina dopo lo stage, sto scrivendo finalmente la tesi, lavoro come traduttrice free lance. Si può sempre vedere la luce alla fine del tunnel».

Credo che il fulcro dello sfogo di Anna stia tutto in tre parole: «dandomi false speranze». Purtroppo questo è uno dei (tanti) problemi dello stage: spesso è ben difficile capire se davvero ci sono possibilità di assunzione al termine del tirocinio, e pertanto avere tutti gli strumenti per valutare se il gioco valga la candela.

venerdì 23 maggio 2008

LA REPUBBLICA DEGLI STAGISTI SEMPRE PIÙ MEDIATICA

Si accendono - finalmente! - i riflettori dei media sul tema degli stage.
Aveva cominciato a parlare della Repubblica degli Stagisti l'edizione online del mensile Toplegal all'inizio di aprile: ora è la volta del mensile Glamour, che nel numero di giugno dedica un bell'articolo a chi cerca stage sul web, e della radio Rtl 102.5, che ha parlato di stage proprio ieri nella sua trasmissione di punta Password.

Qui potete leggere il boxino dedicato a questo blog (tra l'altro l'articolo, scritto dalla brava Michela Gentili, contiene anche interviste agli amici Stakastagista e Stageadvisor!). E qui ecco l'intervista radiofonica, che dura poco più di tre minuti - pochi ma buoni!
La mia speranza, ovviamente, è che i media parlino sempre più spesso e approfonditamente di questa tematica così importante: lo stage riguarda centinaia di migliaia di persone ogni anno
, non si può continuare ad eludere l'argomento! Quindi grazie ancora a Toplegal, a Glamour e a Rtl 102.5 per l'ospitalità.

mercoledì 21 maggio 2008

PICCOLA PRECISAZIONE: QUEL CHE INTENDO PER STAGE PIÙ «EQUO»

Qualche giorno fa ho pubblicato un post dal titolo La battaglia per stage più equi: una questione di principio. E subito qualcuno mi ha chiesto: cosa intendi per stage più equi? Lo spiego volentieri.
1) Tempi definiti per la durata di ogni stage: massimo 3 o 6 mesi
2) Divieto assoluto di prorogare lo stage: se l’impresa è contenta del lavoro di uno stagista, che al termine dello stage lo assuma, o gli faccia qualche contratto strano (sempre comunque migliore del contratto di stage!)
3) Rimborso spese minimo obbligatorio (almeno 5-600 euro al mese) per tutti gli stagisti in possesso di laurea
Stage più equo poi vuol dire tracciare una linea di confine ben visibile tra tirocinio con finalità di formazione, per gli allievi delle scuole superiori e delle università, e tirocinio con finalità di assunzione, per tutti coloro che hanno già terminato la propria formazione, hanno una laurea e spesso anche altri titoli.
Stage più equo vuol dire che lo Stato deve fornire dati sullo stage, attraverso un Registro nazionale consultabile online. Ogni giovane ha il diritto di sapere quando e come questa o quella impresa utilizzano stagisti, a quanto ammonta il rimborso spese che erogano, in quale percentuale utilizzano stagisti (facendo il rapporto col numero dei dipendenti). E poi naturalmente sapere se gli stagisti, dopo la fine dello stage, vengono tenuti a lavorare in azienda con contratti veri, oppure se vengono lasciati a spasso con un “grazie e tanti saluti” per lasciare spazio al prossimo.
Stage più equo vuol dire infine più controlli da parte degli ispettori del lavoro: per verificare che gli stagisti abbiano davvero un tutor (e che non sia solo un'anonima firma su un modulo), che non debbano svolgere mansioni troppo gravose o al contrario troppo semplici (es. fotocopie&caffè), che l’azienda non ne prenda troppi facendoli ruotare uno via l'altro con l’unico fine di evitare di prendere un dipendente vero.
Stage più equo vuol dire semplicemente impedire alle aziende di usare gli stagisti per risparmiare sul personale, e obbligarle a prenderne di meno, investire davvero sulla loro formazione, e dare una concreta opportunità di occupazione.

lunedì 19 maggio 2008

L'ITALIA È IMMOBILE, MENTRE ALL'ESTERO I GIOVANI CORRONO: UNA TESTIMONIANZA

Mi scrive Olimpia:

«Pochi giorni fa in televisione mi sono imbattuta in un programma in cui si parlava di giovani e lavoro. Una top manager HR consigliava ai giovani di essere più umili: "Prendono la laurea e si aspettano solo per questo di entrare in ruoli chiave". Non potrei trovarmi più in disaccordo. Intendiamoci, qualche arrogante capita, è ovvio, ma la maggior parte dei neolaureati cerca semplicemente un lavoro onesto che metta nelle condizioni di fare e crescere.
L'equazione giovane = inesperto ("giovane" fino ai 30 ed oltre!) blocca la crescita non solo nostra personale, ma, a mio avviso, del Paese intero.
Senza considerare che il giovane di oggi è molto più esperto e capace di quanto si creda: con la riforma del 3+2 - un vergognoso parcheggio di giovani - facciamo 2 tesi, e in più conosciamo 2 o più lingue, abbiamo esperienze all'estero, siamo cresciuti con il computer e spesso cerchiamo di fare qualche stage prima della laurea. Non so davvero cosa si possa pretendere più di così: l'intraprendenza non è già dimostrata da tutto questo?».

Olimpia non è certo una che se ne sta con le mani in mano. A 24 anni ha già un curriculum lungo così: laurea specialistica in Economia aziendale, 6 mesi di stage a Roma in una multinazionale dell'informatica, poi altri 3 mesi di stage negli USA. In Italia però, dato che è così giovane, continuavano a proporle ancora solo stage.
Quindi ha cominciato a mandare il suo curriculum anche all'estero. Risultato? A luglio si trasferirà ad Amsterdam e comincerà a lavorare per una multinazionale che si occupa di telecomunicazioni. Lei ne è ragionevolmente orgogliosa, e racconta: «Sono riusciti a vedere valore in me nonostante la giovane età e nonostante non avessero "prove" su di me: non avevo fatto per loro stage, né progetti, né periodi di prova. Eppure mi hanno presa! A coronare tutto questo, uno stipendio che è il doppio di qualunque entry level in Italia: 37mila euro all'anno. Mi è sembrata la classica offerta che non si può rifiutare».

A Olimpia vanno i miei complimenti. Ma perchè, mi chiedo, qui in Italia i giovani non possono avere le stesse opportunità?

domenica 18 maggio 2008

LA BATTAGLIA PER STAGE PIÙ EQUI: UNA QUESTIONE DI PRINCIPIO

La condizione di stagista è temporanea. Questa è la caratteristica che la rende sopportabile: ma è anche il suo tallone d'Achille.
Tanti giovani attraversano nella loro vita un periodo da stagisti, lo patiscono, lo maledicono: ma sempre dicendosi «E' solo per poco»
. Quanto poco, non è dato sapere. Tre mesi, sei mesi, un anno. Talvolta anche di più. Ma sempre ripetendosi «Tra un po' ne sarò fuori, tra un po' mi faranno un contratto vero. Tra un po' smetterò di essere solo uno stagista».

Probabilmente è per questo che il problema dello stagismo viene preso sottogamba non solo dalle istituzioni, ma anche dai cittadini.
È questo che depotenzia la battaglia: il fatto che quasi tutti, mentre sono stagisti, mirano solo a uscire dal tunnel degli stage; e quando finalmente ce la fanno, dimenticano alla velocità della luce quel che hanno passato da stagisti.

Me ne accorgo quando alcune persone, spesso più anziane di me, mi scrivono e mi dicono «voi stagisti...»: danno per scontato che se io gestisco questo blog, se mi batto per regolamentare meglio gli stage, se denuncio lo sfruttamento di troppi giovani stagisti, vuol dire che anch'io sono per forza una stagista.

E invece no: io non lo sono più. Ma non dimentico di quando lo sono stata: e spero che anche altri, giovani e meno giovani, decidano di combattere questa battaglia sebbene non li riguardi - o non li riguardi più - in prima persona. Per una semplice questione di principio.

lunedì 12 maggio 2008

APPELLO ALLE AZIENDE: SEGNALATE VOI STESSE DI ESSERE «BUONE»

Passettino dopo passettino, la Lista dei Buoni continua ad allungarsi: abbiamo superato quota 70. L'obiettivo 100 è sempre più vicino...
Stavolta dedico il post alle imprese. Tutte: dalla piccola casa editrice alla multinazionale, dallo studio legale che non sfrutta i suoi praticanti all'agenzia di comunicazione che vuole davvero valorizzare i giovani.
Imprese, questo è un invito rivolto direttamente a voi: se pagate i vostri stagisti con rimborsi-spesa superiori a 500 euro al mese, segnalatecelo
voi stesse - potete farlo scrivendo direttamente al mio indirizzo email eleonora.voltolina@gmail.com.
Voi ci farete una bella figura
, la Lista dei Buoni ne risulterà allungata, e i giovani in cerca di lavoro avranno un'informazione in più su dove è meglio mandare il curriculum per trovare uno stage dignitoso.

venerdì 9 maggio 2008

BAMBOCCIONI, CI VOGLIONO COSÌ


Oggi racconto una storia. Che mi ha fatto arrabbiare, ma che mi ha anche aperto gli occhi una volta di più sul mondo troppo spesso perverso in cui proviamo a lavorare.
Ho una collega giornalista. E' bravissima. Fa la spola tra due testate, una collaborazione di qua, un contratto a termine di là.
Ora, questa collega viene chiamata dal caporedattore di una delle testate. Che le propone un lavoro per il quale sarebbe pagata a ore (quindi di contratto neanche l'ombra) ma che per svolgere il quale dovrebbe andare due giorni a settimana in redazione. La collega rifiuta gentilmente, spiegando di aver ricevuto un'offerta dall'altra testata per una sostituzione estiva (cioè un contratto vero e proprio per qualche mese). E aggiunge: «Sai, io ho il mutuo da pagare, ho appena comprato casa».
Il caporedattore, a questo punto, si offende. E si inalbera: «Ma che cavolo hai fatto il mutuo a fare! Ma se non hai una lira! Sei troppo giovane per dover pagare un mutuo!». Sottinteso: «Ma come ti permetti di piantare grane? Dovresti accontentarti delle briciole che ti diamo».
In sostanza, non ha digerito il fatto che una ragazza di "
soli" 27 anni - già giornalista professionista - non si prostrasse davanti a lui accettando qualsiasi lavoro. Ma che dimostrasse di voler scegliere le offerte per lei più vantaggiose, per poter affrontare la spesa del mutuo senza dover andare a bussare a mamma e papà.
A quel signore, insomma, avrebbe fatto molto più comodo una bambocciona, che non si ponesse troppe domande sulla giusta retribuzione e non tirasse fuori sgradevoli riferimenti a mutui da pagare...
Perchè la verità è che, troppo spesso, i datori di lavoro ci preferiscono bamboccioni: così non diamo grane.


(Grazie ad Arnald per la vignetta).

martedì 6 maggio 2008

PER CHI SUONA LO STAGISTA - NON PER LE PICCOLE IMPRESE

Le piccole imprese raramente prendono stagisti. Non lo dico io: lo dice Excelsior, l'indagine di Unioncamere*. Così possiamo finalmente mettere una pietra sopra a tutte le polemiche sul perchè e percome nella Lista dei Buoni ci siano quasi esclusivamente grandi aziende. La verità è sempre il miglior argomento: basta cercare i dati.
Eccoli: il 10,8% delle imprese italiane ha preso stagisti nel 2006.
La precisazione interessante è suddividere questa percentuale in base alla grandezza dell'azienda. Un misero 8% delle microimprese (da 1 a 9 dipendenti) ha preso stagisti. La percentuale sale a 16,3% nel caso delle piccole imprese (da 10 a 49 dipendenti). La percentuale sale ancora (35,4%) nel caso delle medie imprese (da 50 a 249 dipendenti). E continua a salire nel caso delle grandi imprese (da 250 a 499 dipendenti): il dato è 56,8%. Fino ad arrivare, in un climax perfetto, alla percentuale più alta, 62,5%, relativa alle imprese con più di 500 dipendenti.
Ecco spiegato, semplicemente e inoppugnabilmente, perchè spesso quando si parla di stage non si parla di piccole e medie imprese, ma di multinazionali. Perchè è lì che il fenomeno dello stagismo è più presente.
Certo, le microimprese rappresentano una grande fetta (più o meno il 70%) del mercato del lavoro italiano: ma sono bar, negozi, fotocopisterie, agenzie immobiliari... Tutti posti dove non serve certo fare lo stage per imparare il mestiere!
C'è da aggiungere che proprio le aziende più grosse hanno di solito i comportamenti più corretti con gli stagisti: erogano rimborsi-spesa più alti, per esempio. Quelle poche piccole imprese che prendono stagisti, al contrario, lo fanno troppo spesso a livello "dilettantistico": prevedendo rimborsi spesa pari a zero o poco più di zero, e mettendo il cosiddetto stagista subito al lavoro, senza una figura (tutor) di riferimento. Dimostrando in questo modo di volere, più che un giovane da formare, un dipendente a basso costo da sfruttare.

*Unioncamere, attraverso l'indagine Excelsior, intervista ogni anno oltre 100mila imprese con almeno un dipendente di tutti i settori economici e di tutte le tipologie dimensionali. Per ampiezza e profondità di analisi Excelsior è lo strumento informativo più completo oggi disponibile per la conoscenza dei fabbisogni delle imprese sul mercato del lavoro.

lunedì 5 maggio 2008

UN APPELLO PER GLI STAGISTI GIORNALISTI

L'Ordine dei giornalisti ha un problema. Ne ha tanti, a dir la verità, da Grillo in giù: ma uno, ora che maggio è arrivato, è "di stagione". Il problema sono gli stage estivi nelle redazioni giornalistiche. I sindacati dicono che gli stagisti rubano il lavoro (cioè le sostituzioni estive) ai giornalisti disoccupati. Gli editori possono risparmiare un bel po', mettendo al lavoro gratis giovani volenterosi e nella maggior parte dei casi già capaci. Alcuni giornali non li prendono direttamente più, gli stagisti, per risolvere a monte il problema. Peccato che, per gli studenti delle venti scuole di giornalismo italiane, gli stage non siano un optional: sono obbligatori per poter accedere all'esame di Stato.
L'Ordine è tra l'incudine e il martello. Da una parte ha i giovani che devono fare stage nelle redazioni. Dall'altra ha i sindacalisti con le antenne vigili. Dall'altra ancora ha un contenzioso con la Federazione italiana editori giornali che va avanti da quattro anni.
E come decide di risolvere la questione? Vietando gli stage per i mesi di luglio e agosto (a partire dall'anno prossimo). Cioè penalizzando i soggetti più deboli. (per saperne di più, potete cliccare qui)
Ma non è giusto. Così, io e i giornalisti Damiano Crognali, Alessandro Trevisani, Elena Orsi,
Gigi Furini siamo i primi firmatari di un appello all'Ordine e alla Federazione nazionale della Stampa italiana (potete cliccare qui per leggere il testo completo), per chiedere che al problema sia data un'altra soluzione. Più giusta e lungimirante. Partendo dal fatto che gli stagisti giornalisti non sono "semplici" stagisti: sono nella maggior parte dei casi praticanti. E pertanto ogni allievo praticante giornalista dovrebbe essere pagato come un praticante normale: e prendere, per i mesi in redazione, esattamente lo stipendio che prenderebbe uno regolarmente assunto con l'art. 35 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico. Ma siccome non vogliamo esagerare, chiediamo solo una parte di quello stipendio: la metà. Per finirla con la storia dei praticanti di serie A (che l'ex direttore del Gazzettino Luigi Bacialli, nel suo libro "Casta stampata", definisce "in via di estinzione"!), assunti, e i praticanti di serie B, che oltre a pagarsi la scuola (da 4mila a 8mila euro all'anno) devono pure lavorare gratis come stagisti.
Questo post è dedicato a tutti i giornalisti: praticanti, pubblicisti, professionisti. Perchè leggano l'appello, qui a fianco, e decidano di sottoscriverlo e promuoverlo. Sottoscrivere l'appello è facile: basta scrivere una mail all'indirizzo appellostagistigiornalisti@gmail.com. E io spero davvero che saranno in tanti ad aderire. Perchè nei giovani, al di là di ogni retorica, c'è il futuro del giornalismo italiano.

giovedì 1 maggio 2008

«SIAMO UOMINI O STAGISTI?», UN ARTICOLO DI TRE ANNI FA: E SEMBRA IERI

Ho trovato un vecchio articolo. Si intitola «Siamo uomini o stagisti?», venne pubblicato sull'Espresso nel novembre del 2005, la firma era di Roberta Carlini.
Ne pubblico uno stralcio: la storia di Matteo.
«Al primo stage facevo salti di gioia. Otto ore di lavoro al giorno più tre di spostamenti Como-Milano andata e ritorno, nessuna retribuzione, nessun rimborso spese, e mi sembrava di toccare il cielo con un dito", racconta
Matteo, che ha debuttato nel mondo degli stagisti a 22 anni, a metà del suo corso di laurea in Economia. I primi lavori, i primi passi nel mondo del marketing e della pubblicità (e che passi: alla Saatchi & Saatchi), la prima timida richiesta di un rimborso spese al sesto mese di tirocinio (accolta: 200 euro al mese), la soddisfazione di vedere i suoi prodotti arrivare senza correzioni al cliente, e altri sei mesi di rinnovo, sempre con 200 euro al mese. E nel frattempo gli studi e la laurea alla Cattolica: 110 e lode, indirizzo marketing e comunicazione. Un percorso perfetto, senonché, "finito il periodo massimo di stage, cioè un anno, mi hanno detto che i tempi erano duri, e contratti non potevano farne". Matteo per non perdere tempo si specializza: tre mesi all'estero per la lingua, più un master in Italia. Non vedendo neanche l'ombra di un contratto all'orizzonte, Matteo va a fare un colloquio a Mediaset per un altro stage. "Qui ho chiesto, a titolo informativo, se era previsto un rimborso spese e mi hanno detto che mi avrebbero fatto sapere. Non mi hanno più chiamato, mi ha telefonato invece il responsabile del master chiedendomi perché mai avessi tirato fuori quella storia dei soldi. A 26 anni, con laurea, master e un anno di tirocinio già fatto, non si può neanche osare chiedere i ticket restaurant».
Sono passati quasi tre anni, e le storie come quelle di Matteo non fanno più notizia... Se volete leggere tutto l'articolo (e merita), potete cliccare qui.