C'è una cosa che mi preme sottolineare. Abbiamo sentito parlare e parlato tanto di bamboccioni: quasi tutti i miei "blog di riferimento", da Cambiamondo a DiversamenteOccupati, fino all'EcoDiario che ho scoperto solo ieri, hanno pubblicato post e avviato discussioni al riguardo.
Ma nessuno ha ancora fatto il punto sulla questione principale: quanti anni hanno i bamboccioni? Il particolare non è di poco conto.
Si dice che i giovani devono accettare la precarietà e adeguarsi agli stage e agli altri "contratti strani", quelli che prevedono pochi soldi e ancor meno garanzie. Devono accettare la gavetta, non possono avere troppe pretese. Ok. Però dall'altra parte si dice che i giovani devono a un certo punto lasciare il nido familiare e spiccare il volo, trovandosi una casa e mantenendosi con le proprie forze. Che altrimenti sono i soliti viziati, comodi a casa, appunto: "bamboccioni", come li ha definiti il ministro Padoa-Schioppa. Ok.
Ma queste due direttrici devono trovare un punto d'incontro. E bisogna che ci mettiamo d'accordo. Finchè a una persona vengono proposti contrattini di stage o altro che prevedono retribuzioni risibili (diciamo, al di sotto degli 8-900 euro al mese) è innegabile che non potrà andarsene di casa con le sue forze. Quindi sarà un "bamboccione": la variante è il "bamboccione-vip", con casa da solo finanziata dai genitori.
Allora il ministro dovrebbe specificare quanti anni hanno i bamboccioni a cui ha fatto riferimento. Sono i giovanissimi laureati triennalisti? Allora hanno dai 23 ai 25 anni. Sono i giovani laureati vecchio ordinamento, o con laurea specialistica? Allora hanno dai 25 ai 28 anni. Sono gli over 30? Gli over 35? Perfavore, qualcuno mi aiuti a capire. Nell'attesa, rimango convinta che a ogni età corrispondano sogni e bisogni e diritti. A 25 anni si può ancora accettare di guadagnare 600 euro al mese, ed essere (per forza!) aiutati economicamente dai genitori. A 28 è già molto più difficile da mandar giù. Dopo i 30 è definitivamente indigesto: perchè a 30 anni uno vorrebbe sacrosantamente avere una sua famiglia, una casa, magari pure un FIGLIO (eresia), e potersi permettere di mantenere tutto ciò senza chiedere la paghetta a mamma e papà.
Quindi, definiamo una volta per tutte l'età dei bamboccioni. E conseguentemente definiamo anche l'età degli stagisti. Si può essere stagisti a 22 anni? Sì. Lo si può essere a 28? Secondo me, no.
martedì 9 ottobre 2007
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4 commenti:
ti segnalo l'interessante libro di Tito Boeri e Vincenzo Galasso, in uscita x Mondadori. Si chiama "Contro i giovani" ed esprime una tesi coraggiosa e molto provocatoria, che ruota intorno a una domanda cruciale: riuscirà la generazione di mezzo a cambiare il proprio destino e ad aiutare questo paese a ripartire davvero?
Maria Adele
@Maria Adele: e quale migliore editore di Mondadori per un libro del genere...
L'età dei bamboccioni è valutata da fortunati 40-50enni che dall'alto dei loro incarichi a tempo indeterminato (o perlomeno lo sono e lo saranno i bonifici mensili) si permettono di pontificare su realtà che non conoscono per niente. E dietro la massa di asini del giornalismo italiano, in massima parte pecoroni che riescono a malapena a trascrivere un'ansa.
Come ho già risposto in seguito a un tuo intervento su miglioriamolavoro, bamboccioni saranno i figli dei politici, neanche uno precario o stagista e questo indipendentemente dall'età.
Tutti gli altri sono poveri sfigati non raccomandati che per un posto di lavoro sono disposti a tutto. tutta qui la differenza, a qualsiasi età.
Se può interessarti, un contratto che è passato sotto silenzio (sia sindacati che giornalisti) è stato il rinnovo del CCNL Turismo che pone come limite all'età per il contratto da apprendista "nessun limite" e come limite al numero di contratti a tempo determinato "nessun limite". Voilà, un altro settore precarizzato. Oppure, come direbbero questi saccentoni, "che bamboccioni quelli che lavorano nel turismo!"
Caro Bloglavoro (mi fa un po' ridere chiamarti così, sembra un'entità astratta e non una persona!), grazie per questo tuo nuovo intervento.
Sono assolutamente convinta che il mercato vada lasciato libero, ma mettendo alcuni "paletti", regole che impediscano che i più deboli vengano sfruttati. Non è una posizione particolarmente originale, non me la sono inventata io: è il socialismo liberale, semplicemente.
Viviamo nel 2007, dobbiamo elaborare "paletti" che siano al passo coi tempi.
Oggi invece viviamo una schizofrenia: da una parte i lavoratori "garantiti", quei 40-50enni di cui parla Bloglavoro, assolutamente "illicenziabili" e protetti da mille garanzie. Dall'altra i giovani (sempre che uno di 30-35 possa essere ancora considerato tale), che subiscono contratti "strani", come li chiamo io, e hanno ben poche tutele.
Io dico che bisogna riequilibrare la situazione: togliere paletti divenuti anacronistici (es. l'articolo 18) per quanto riguarda i contratti "vecchi", e mettere qualche paletto per quanto riguarda i contratti cosiddetti "flessibili".
Ieri Rutelli a Ballarò diceva che il Governo vuole incentivare la stabilizzazione del lavoro. Diamogli qualche suggerimento.
Ciao Ele,
passa da me e leggi il mio ultimo post. In particolare, la lettera.
E poi ci chiamano Bamboccioni...Un saluto.
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