Il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa dice spesso quel che molti altri politici non hanno il coraggio di dire. Sulle pensioni, per esempio. Sull'evasione fiscale, per esempio. E per me questo è un pregio.
Ma credo che le sue ultime dichiarazioni siano un po' miopi. E' vero che ci sono tanti giovani che preferiscono rimanere a vivere dai genitori. Le lasagne di mamma e le bollette del telefono pagate da papà sono sicuramente argomenti allettanti, e si sa che siamo un popolo di mammoni...
Ma è vero anche che un neolaureato non ha davanti molta scelta: uno stage (da zero a cinquecento euro al mese come rimborso spese, in media - ma più zero che cinquecento), un contratto a progetto o a termine (da seicento a mille - milleduecento per quelli proprio fortunati) oppure collaborazioni saltuarie che non si sa mai quando e se renderanno qualcosa. O vogliamo parlare dei giovani avvocati che fanno praticantato con rimborsi-spesa risibili?
Su queste basi, suvvia, altro che bamboccioni: non è realistico pensare che i ragazzi possano prendere armi e bagagli e andare a vivere da soli! Quando un monolocale in affitto a Roma o a Milano non costa meno di 600 euro al mese (per non parlare delle caparre esose e delle mensilità anticipate - e quasi sempre senza contratto, non serve nemmeno specificarlo...), c'è poco da scegliere.
Guardiamoci in faccia: chi esce di casa è aiutato dai genitori, che pagano l'affitto, le spese della macchina o che una volta ogni tanto riforniscono la dispensa. Solo così la maggior parte dei giovani riesce a diventare "indipendente" - si fa per dire. Poi piano piano, anno dopo anno, lo stipendio cresce, il contratto migliora, e si arriva all'indipendenza vera. Ma i giovani che riescono a uscire di casa presto, e senza chiedere niente a nessuno, sono una specie in via di estinzione: per tutti gli altri c'è la convivenza (ormai forzata) con la famiglia di origine, o una casa propria, sì, ma grazie all'aiuto (salvifico) di mamma e papà.
Il ministro si dovrebbe chiedere: con gli stipendi che diamo a questi 25-30enni, possiamo davvero pensare che rimangano troppo a lungo a casa perché sono pigri e bamboccioni?
Ma credo che le sue ultime dichiarazioni siano un po' miopi. E' vero che ci sono tanti giovani che preferiscono rimanere a vivere dai genitori. Le lasagne di mamma e le bollette del telefono pagate da papà sono sicuramente argomenti allettanti, e si sa che siamo un popolo di mammoni...
Ma è vero anche che un neolaureato non ha davanti molta scelta: uno stage (da zero a cinquecento euro al mese come rimborso spese, in media - ma più zero che cinquecento), un contratto a progetto o a termine (da seicento a mille - milleduecento per quelli proprio fortunati) oppure collaborazioni saltuarie che non si sa mai quando e se renderanno qualcosa. O vogliamo parlare dei giovani avvocati che fanno praticantato con rimborsi-spesa risibili?
Su queste basi, suvvia, altro che bamboccioni: non è realistico pensare che i ragazzi possano prendere armi e bagagli e andare a vivere da soli! Quando un monolocale in affitto a Roma o a Milano non costa meno di 600 euro al mese (per non parlare delle caparre esose e delle mensilità anticipate - e quasi sempre senza contratto, non serve nemmeno specificarlo...), c'è poco da scegliere.
Guardiamoci in faccia: chi esce di casa è aiutato dai genitori, che pagano l'affitto, le spese della macchina o che una volta ogni tanto riforniscono la dispensa. Solo così la maggior parte dei giovani riesce a diventare "indipendente" - si fa per dire. Poi piano piano, anno dopo anno, lo stipendio cresce, il contratto migliora, e si arriva all'indipendenza vera. Ma i giovani che riescono a uscire di casa presto, e senza chiedere niente a nessuno, sono una specie in via di estinzione: per tutti gli altri c'è la convivenza (ormai forzata) con la famiglia di origine, o una casa propria, sì, ma grazie all'aiuto (salvifico) di mamma e papà.
Il ministro si dovrebbe chiedere: con gli stipendi che diamo a questi 25-30enni, possiamo davvero pensare che rimangano troppo a lungo a casa perché sono pigri e bamboccioni?
12 commenti:
Secondo me, e lo dico da straniero (svizzero) arrivato in Italia dieci anni fa, il problema fondamentale è l'equazione seguente: iper-responsabilizzazione del genitore (volontaria) uguale de-responsabilizzazione completa del datore di lavoro. Poi tutto il resto viene di conseguenza. Mi spiego meglio, provando a rovesciare il problema:
Il figlio finisce l'università. I genitori non lo vogliono "perdere" e dunque invece di spingerlo dolcemente all'indipendenza, offrono una libertà quasi totale, sostenendo le sue spese (vacanze, macchina, uscite, ecc...). Il giovane non sente l'oppressione dei genitori e usufruisce delle comodità della casa (lavanderia, cucina, ampio spazio): lo stage non pagato va benissimo, in questo caso. Ma perché mai, a questo punto, un datore di lavoro dovrebbe pagare uno stage, se non c'è pressione su questo fronte?
Prosegue la vita, e il figlio riesce a trovare un contratto, o almeno uno "stipendio", ma un po' lontano da casa. 900 € netti al mese: ovviamente troppo poco. Ma i genitori non mollano, ci mancherebbe, e dunque il giovane accetta, ma continua a vivere con in tasca circa 1500 (per non dire di più)... ovvero se i genitori ti pagano casa, vacanze e vestiti, diciamo che aggiungono altri 700-800 € al mese. Di nuovo, ma se non c'è reale pressione, se sono in realtà tutti contenti così, ma perché dovrebbero pagare di più?
La verità è la seguente: in un circolo economico i prezzi sono legati al mercato. Il mercato dei giovani, sia nei prezzi che negli stipendi, sono "dopati" dalle tasche generose dei genitori, che nella loro bontà non si rendono conto che de-responsabilizzano l'azienda nei confronti del giovane, e alimentano l'innalzamento dei prezzi e l'abbassamento degli stipendi.
lo scenario che vi vorrei sottoporre è: se smettessero tutti i genitori d'Italia a sponsorizzare le aziende attraverso l'aiuto che danno ai figli, come andrebbe a finire? chi se la prenderebbe mai una casa a 700 € al mese a Milano, se non potesse contare sui genitori? chi accetterebbe anni di stage non retribuiti se non ci fossero i genitori? secondo voi non cambierebbe radicalmente l'Italia?
Il problema risiede nella struttura produttiva del nostro paese fatta sia da piccole imprese pseudo-familiari dedite a produzioni manifatturiere e che assorbono una manodopera che è si specializzata ma non laureata, sia da imprese di servizi dedite allo schiavismo e sfruttamento del lavoro. Qui mancano le grandi multinazionali dei servizi, mancano gli investimenti in ricerca e sviluppo per cambiare le cose...
Qui c'è una grande forza lavoro nel settore pubblico che impedisce la liberalizzazione dei servizi...
Questo paese di fatto è spaccato in due e questo governo sta scavando un solco fra lavoratori del pubblico, lavoratori a tempo indeterminato di grandi imprese come Fiat e Telecom ed i tantissimi giovani precari perchè risorse umane di un'economia precaria, di aziende precarie....
Demetrio - Ecodiario :-)
Le riflessioni di Matthieu sono estremamente interessanti, anche se hanno un che di "provocatorio" nell'addossare ai genitori generosi la colpa di "dopare" il mercato del lavoro.
Ci voglio riflettere e poi magari dedicarci un intero post, perchè è innegabile che se per assurdo TUTTI i genitori italiani dicessero ai loro figli "Da oggi niente più aiuti, trovati un lavoro che ti garantisca uno stipendio adeguato a pagarti tutte le spese" sarebbe la fine.
Sì, la fine per tutti noi che accettiamo stage e contrattini strani a pochi soldi, sicuri che tanto il pranzo con la cena lo metteranno insieme i nostri genitori per noi, e che di fame insomma non moriremo. La fine per tutti noi che, se viviamo fuori casa, lo dobbiamo alle tasche di mamma e papà, che ogni mese allungano quei 5-6-700 euro che ci permettono di pagare l'affitto.
Ma la fine anche per tutti quelli che Demetrio definisce senza mezze misure "sfruttatori": quelle aziende e società che si possono permettere di prendere per il culo (sì, ho detto PRENDERE PER IL CULO) un giovane, proponendo uno stage a 300 euro al mese o un contratto a progetto a 600: in città come Roma e Milano, dove quei soldi manco bastano per un monolocale.
Conosco un imprenditore che ai giovani che vengono assunti al primo impiego chiede: "Quanto ti serve per diventare completamente indipendente dai tuoi?". La risposta è quasi sempre incredula, e ragionevole. E lui si accorda per quella cifra, perchè è convinto che un giovane di 25-30 anni DEBBA (ho scritto DEBBA, non POSSA) avere un lavoro che gli permetta di mantenersi senza più dover chiedere soldi a papà.
Ho detto UN imprenditore. Perchè UNO ne conosco, così.
Il problema vero di questa situazione è il costo del lavoro nel nostro paese unito ad una legislazione (una a caso: la legge 30) che ha favorito il prolificare di forme di sfruttamento "atipiche". Oltre a questo, do ragione a Matthieu quando parla delle colpe di genitori troppo legati ai figli che continuano a mantenerli anche ad un'età troppo avanzata, soprattutto al sud, favorendo questa situazione. Ma io vedo anche un'altra peculiarità italiana collegata a quanto appena detto: siamo noi giovani, e nella categoria mi ci metto per primo, che siamo buoni solo a lamentarci, ma poi alla fine, chi più (grazie a mamma e papà), chi meno (facendosi un culo quadrato per arrivare a fine mese), abbiamo abbassato la testa e accettiamo contratti non retribuiti, co.co.pro, ecc.
Ciò con l'illusione di essere valutati positivamente da un eventuale datore di lavoro e conquistare un contratto a tempo "determinato" da 1000 euri al mese sui 30-35 anni!!!!!!
E la pensione??????? tra scalini e scalette bisogna prima arrivarci a quell'età! e poi a quanto ammonterà??????????
Ragazzi lo scenario che ci si prospetta non è affatto dei migliori; tra i paesi occidentali più ricchi solo noi e la Spagna abbiamo questa situazione.
Quindi questi contentini che da il governo, contributi alle imprese per gli stage, contributi per gli affitti ai "mammoni/bamboccioni", come dice il nostro TPS, ecc. non servono ad un CAZZO!!!! Bisogna alleggerire il costo del lavoro ed i fondi potrebbero uscire, per esempio, dai tagli agli sprechi di queste CASTE che si succedono di legislatura in legislatura, di colore in colore, ma che sempre meno pensano alla cosa pubblica ed agli interessi dell'elettorato.
Anch'io penso che i 40 euro al mese proposti da Padoa-Schioppa per incentivare i bamboccioni ad uscire di casa siano un'emerita ca**ata.
E, come ho già avuto modo di scrivere in questo blog, penso che sia insensato che sia lo Stato a pagare un rimborso spese per gli stagisti delle regioni meridionali, per incentivare il lavoro: perchè a mio avviso ciò si tramuterà sostanzialmente in un ennesimo aiutino sotterraneo alle imprese.
Però dico a Matthieu, a Demetrio e a tutti coloro che leggeranno queste parole: DIAMOCI UNA MOSSA. Cerchiamo di cambiare le cose. Pensiamo a qualche proposta concreta per migliorare il mercato del lavoro, specialmente quello dei giovani.
Per esempio: voi a quanto fissereste il "giusto compenso" per uno stagista che lavora a tempo pieno in un ufficio? 500 euro? 600 euro? A quanto fissereste la "giusta durata massima" di uno stage? 3 mesi? 6 mesi? Fatemi sapere come la pensate. Apriamo un dibattito.
Se non possiamo eliminare gli stage dalla faccia della Terra (magari 'sti stage hanno anche qualche pregio, suvvia), pensiamo almeno a come renderli più giusti. Affinchè gli stagisti di domani non vengano sfruttati oltre misura.
Posso essere provocatorio?
Bè allora immaginate un paese dove l'unica forma di contratto sia quello di lavoro a tempo indeterminato, dove il lavoro nero sia punito penalmente come sfruttamento della persona se non schiavismo, dove non ci siano stage ma solo periodi di prova all'interno del contratto a tempo indeterminato variabili fra i sei mesi e l'anno... lo immaginate?... bello no?... BENE SAPPIATE CHE E' REALIZZABILE.....COME?
Abolendo l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori...come è in Spagna...
Già la Spagna, che è da copiare per i Dico e le coppie omosessuali, anzi è elevata a modello( tralasciando che in quel paese è ammesso solo l'aborto teraupetico) e che ha il mondo del lavoro dinamico e non precarizzato...
Personalmente, ho lavorato per una multinazionale spagnola, lì è semplice trovare posto per un neolaureato...basta accettare un lungo periodo di prova, ritmi di lavoro stressanti, remunerazione fissa dignitosa ed incrementata da una remunerazione variabile incentivante...il posto è fisso ed a tempo indeterminato...ma il è permesso sempre giusta o non giusta causa....anzi nel caso di ingiusta causa garantisce un bel risarcimento danni piuttosto che l'inutile reeintegro come fissa l'articolo 18 italiano...
Volete un altro esempio... nel mio settore (consulenza aziendale) vige l'art. 18 ma non si rispetta nel senso che quando l'azienda è stufa di un dipendente, bene è facile mettersi d'accordo per una buonouscita di 6-10 mesi più liquidazione.....
Che ne dite....?
Demetrio - Ecodiario
Caro Demetrio
innanzitutto una battuta: hai scritto "ma il è permesso sempre giusta o non giusta causa"... Omettendo la parola "LICENZIAMENTO"!! Lapsus freudiano???
Comunque sono molto d'accordo con te: l'articolo 18 frena la crescita del Paese, perchè le aziende sono TERRORIZZATE all'idea di assumere una persona a tempo indeterminato, in quanto sanno che poi sarà quasi impossibile licenziarla.
Lo scrivevo già altrove, forse su questo mio blog, forse su quello di Angela Padrone: il fatto che in Italia assumere una persona equivalga quasi a "sposarsela", il fatto che i Tribunali in oltre il 90% delle cause di lavoro diano ragione al licenziato e obblighino le aziende al reintegro e al pagamento degli arretrati, non ci rende un Paese civile.
Se la società è dinamica (e lo deve essere, nel tempo di Internet), allora anche il mondo del lavoro lo deve essere.
Ma se i sindacati persistono nel voler a tutti i costi mantenere una regolamentazione ANACRONISTICA del lavoro, va da sé che i datori di lavoro si difendono come possono: in questo caso, evitando accuratamente di assumere persone a tempo indeterminato, e abusando di tutti i contratti atipici possibili e immaginabili per evitare di trovarsi legati mani e piedi al dipendente.
Noi dobbiamo cambiare questo sistema. Meno garanzie del "lavoro per sempre" per i pochi privilegiati che hanno contratti a tempo determinato, più dignità per i molti che oggi subiscono condizioni di lavoro non dignitose.
1) mi risulta che in Spagnail 33% dei lavoratori è a termine, in Italia siamo al massimo al 13%;
2) è vero, la dimensione dell'impresa in Italia è minima, meno che familiare, quindi non si investe nei talenti, non si investe in ricerca e sviluppo, e se è per questo, non si assumono tante donne;
3) i salari non li decide una autorità centrale, ma il mercato: lavoratori non specializzati ricevono un salario basso. E' un trend disastroso in atto in tutto il mondo
4) in Italia nessun giovane vuole sacrificarsi, ma non perché particolarmente cattivo: è abituato così, questa è la nostra cultura da sempre, dai tempi dei vitelloni
5) se non ci sta bene cominciamo a cambiare qualcosa, senza aspettare che lo faccia qualche autorità misteriosa. L'unica cosa che lo Stato dovrebbe fare è pensare meno ai lavoratori insider, ipertutelati da art. 18, pensioni e quant'altro, e di più ai giovani con sussidi, istruzione, formazione e trasparenza del mercato
Lascio stare le provocazioni, sulle quali è giusto riflettere ma niente di più perchè purtroppo la generazione '68 adesso al potere si preoccupa solamente di mantenere i propri privilegi nell'ottica che conti il presente e che la vita è altrove :-). Vi propongo un'altra visione:
la precarietà è un fatto, secondo me, italiano, ed è dovuto essenzialmente all'approccio opportunistico delle nostre aziende che si è accentuato da quando la valutazione delle aziende è effettuato in termini puramente finanziari. Le imprese italiane sono precarie, vivono sull'onda dell'opportunità, dell'export, propongono prodotti a scarso contenuto tecnologico e di nicchia. Vendono strizzando l'occhiolino alla moda, al glamour...pensate alle autovetture Fiat che hanno un prezzo paria WV o a Toyota o a Mercedes ma non altrettanta qualità... può una fiat 500 costare a parità di accessori quanto una classe A Mercedes?
Così la potenziale domanda dei nostri prodotti è legata non ad una qualità o riduzione dei costi ma al marketing emozionale.
....la precarietà...è nell'economia delle nostre imprese
Caro Demetrio-ecodiario, saprai bene che anche in Italia è possibile lavorare per delle enormi multinazionali di consulenza e revisione (Accenture, Price water house, ecc.) con una retribuzione iniziale sufficiente per un neolaureato (parliamo di 1100-1200 euro per iniziare), c'è anche possibilità di carriera, ma saprai anche che si lavora anche 14-15 ore al giorno e questo non lo definirei un sacrificio a cui i neolaureati dovrebbero sottastare, anche se per solo qualche anno prima della "carriera". E' schiavismo allo stato puro per me.......
Beh dai io conosco persone che lavorano alla Price... sgobbano, sì, ma non proprio 14 ore al giorno suvvia...
La giornata sfiancante che comincia alle 9 e finisce a mezzanotte può capitare nell'ambito di tutte le professioni, ma da qui a farne una regola generale ce ne passa. Per fortuna...
eh beh si beh , ho visto un re...
il fatto è che sempre allegri dobbiamo stare , il nostro piangere fa male al re !!!fa male al politico o al cardinale , che sono tristi se noi piangiam !!!
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