sabato 25 ottobre 2008

LA FUGA ALL'ESTERO NON È L'UNICA SOLUZIONE: BISOGNA TROVARE IL CORAGGIO DI RESTARE QUI E CHIEDERE DI PIÙ

«Me ne vado all'estero, qui non trovo opportunità»: troppo spesso, negli ultimi tempi, ho sentito questa frase. Sono tanti i giovani che emigrano alla ricerca di un lavoro che evidentemente in Italia non riescono a trovare. Sia chiaro, andare all'estero è certamente una bella esperienza di vita, arricchisce il curriculum, permette di imparare bene una lingua straniera e di ampliare gli orizzonti. Però se da scelta diventa necessità, qualcosa comincia a scricchiolare. Mi sono ritrovata spesso a parlarne attraverso commenti su blog amici (CuocaPrecaria, Michel Martone), magari citando l'ormai famosa storia di Olimpia - la brillante 24enne neolaureata fuggita in Olanda per veder riconosciute (e retribuite) le sue competenze, e uscire dal turbine degli stage.
Mi ha colpito la risposta della CuocaPrecaria: «L'istinto di fuga fa paura anche a me. Ma gli italiani sono troppo mammoni per emigrare in massa, per cui al momento il rischio di un'evasione collettiva mi sembra piuttosto remoto. Forse invece se davvero tutti i migliori trovassero il coraggio di Olimpia e lasciassero soli, con i loro stage da quattro soldi, i poco lungimiranti datori di lavoro italiani... chissà, magari qualcuno comincerebbe ad accorgersi che qualcosa non va». E aggiunge: «Gli stage sottopagati, e gli altri lavoretti "per la gloria", continuano ad esistere anche perchè tanti continuano ad accettarli. Non prendiamocela solo con gli imprenditori senza scrupoli, il popolo dei milleuristi e dei serial-stagisti dovrebbe farsi una semplice domanda: non sarà che alla fine è comodo stare qui da mamma e papà a lamentarmi del mio ennesimo stage senza avere mai il coraggio di chiedere di più?». Non potrei trovarmi più d'accordo: qualche tempo fa avevo intitolato un post proprio «Rimborso spese per lo stage: bisogna anche avere il coraggio di chiederlo».
Ecco quel che ciascuno di noi dovrebbe cercare di mettere in pratica:
non accettare supinamente quel che il mercato offre, far valere le proprie competenze, avere il coraggio di dire a chi propone una retribuzione da fame «Mi scusi, ma io con questa cifra non riuscirei a mantenermi!». Insomma, andare all'estero forse - paradossalmente - è la soluzione più facile: mentre è qui che dobbiamo combattere, per cambiare la situazione.

15 commenti:

Seoer ha detto...

Permettimi di dissentire quando dici "se da scelta diventa necessità, qualcosa comincia a scricchiolare".

Il pavimento scricchiola già da un bel pezzo. E continuerà a farlo fintanto che non vi sarà una chiara opposizione ad un sistema che continua a logorare il tessuto sociale che ancora rimbecillito dalle promesse elettorali va a votare sperando che la nuova conformazione politica prescelta, magari all'opposizione di quella del turno precedente, sia la svolta definitiva per il nostro paese.

Con questi presupposti politici (leggasi l'ennesimo aumento di stipendio approvato all'unanimità e fatto passare sotto banco) il nostro paese è come il Titanic: UN TRANSATLANTICO CHE STA COLANDO A PICCO.

Ma poverini, però, c'è da capirli, con il continuo caro petrolio e aumento della pasta, anche loro avevano bisogno di una mano per arrivare a fine mese.

Unknown ha detto...

Purtroppo per la situazione è talmente grave che per una persona che rinuncia un'offerta economica poco conveniente ce ne sono altre 10 pronte ad accettare.

Mikamarlez ha detto...

Credo che combattere in Italia significhi combattere contro i mulini a vento e sono d'accordo con Benny: se io rifiuto mille altri dopo di me accetteranno. Allora preferisco andare all'estero, dove non soltanto riesco ad essere pagata per il lavoro che mi piace e che SO fare, ma vengo SOPRATTUTTO rispettata per le mie competenze. In Italia se hai una laurea (metti una laurea in lettere, filosofia etc..) e sei bravo, la maggior parte della gente ti dà una pacca sulle spalle e ti guarda come se andassi ad un funerale. Come possono i migliori sopportare di vivere in un paese dove si sta tentando di risparmiare sulla scuola e la cultura? Come posso restare a guardare il mio paese che va allo sfacelo, dove la gente si lamenta, ma non fa niente per cambiare? Mi domando quotidianamente se voglio avere dei figli in un paese come questo, ma la risposta è semplice: se resto in italia non avrò mai abbastanza soldi per farlo un figlio...siamo una generazione senza futuro e qualcuno si permette anche di chiamarci "bamboccioni"...mah...

scusa lo sfogo, ma in questi giorni ho lo stomaco davvero rivoltato e l'idea di andare via sta diventando sempre più concreta.

Letizia
Archeologa specializzata precaria-tuttofare e supplente per necessità...

Anonimo ha detto...

io ho rifiutato 2 stage perchè non retribuiti e l'ho detto chiaro e tondo il motivo alle due aziende: gli ho detto che stavo cercando di rendermi indipendente dalla famiglia visto che ho 28 anni!e ti dirò mi è sembrato che si son vergognati di loro stessi quando mi hanno sentita parlare così!sarà stata una mia impressione?!facciamoli vergognare delle loro proposte!

Elena ha detto...

A volte me lo sono chiesto anche io se, come dici tu, andare via dall'Italia sia stata la scelta più facile, mentre rimanere e lottare sarebbe stata la scelta difficile. Poi però penso che se fossi rimasta vivrei ancora con la mamma e quindi sarei quella che viene definita "mammona" (perchè puoi lottare quanto vuoi ma trovare un lavoro che piace e che contemporaneamente permette di essere indipendenti, almeno per quanto riguarda il campo della comunicazione, è difficile). Forse andare via è una scelta più facile sotto certi punti di vista ma non è facile in assoluto. Inoltre io, come forse altri, sono fuggita all'estero ma spero di poter tornare in Italia prima o poi, con un bagaglio di esperienza di vita e lavorativa che mi permetta di trovare un buon lavoro retribuito. Infine, concordo con Benny, per 2 che chiedono di più ce ne sono 8 che accettano le condizioni!!

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Elena, il mio intento non era assolutamente quello di sminuire i tanti, tantissimi giovani "costretti" a fuggire all'estero per poter ottenere un lavoro degno con un contratto degno e una retribuzione degna.
Conosco bene le difficoltà che l'emigrazione dei cervelli comporta, e penso che cambiare Paese, lingua, abitudini, allontanarsi dalla famiglia e dagli amici sia difficile e impegnativo.
Ma la CuocaPrecaria non ha tutti i torti quando afferma che da noi «gli stage sottopagati, e gli altri lavoretti "per la gloria", continuano ad esistere anche perchè tanti continuano ad accettarli». E quindi con questo post volevo lanciare un messaggio: oltre alla fuga all'estero forse c'è un'altra soluzione, provare ad "educare" quelli che CuocaPrecaria definisce «gli imprenditori senza scrupoli», dicendo qualche NO bello e forte alle proposte più pidocchiose. Come ha scelto di fare l'Anonimo 28enne.
Ma so bene che l'eventuale reazione delle aziende non sarebbe immediata: e quindi penso con grande rispetto e una punta di malinconia a te, Elena, e a tutti quelli come te che per realizzarsi professionalmente sono costretti da qualche anno a scappare dalla nostra bella Italia.

Aldo Mencaraglia ha detto...

Secondo me andare all'estero o dire di no a proposte di stage sottopagati sono due soluzioni allo stesso problema. Tolgono la linfa ad un sistema indegno per un Paese dei G8. La differenza sta nel fatto che all'estero le alternative si trovano mentre in Italia ci sono altre 10 persone pronte ad accettare la proposta, come gia' detto in un altro commento.

Aldo
www.italiansinfuga.com

Anonimo ha detto...

Io per il momento ho deciso di andare via dall'Italia... chissà se mai ci tornerò!
Mio fratello ci sta pensando da diversi anni. Ha 7 anni di esperienza nel campo dell'informatica, è uno dei pochi che fa il suo lavoro nel suo settore e lo fa molto bene.
All'estero prenderebbe 3 volte il suo stipendio attuale, farebbe molta meno fatica. Vive da più di 10 anni fuori casa, ha una ragazza e ama la sua terra, la Sicilia. Vorrebbe finalmente mettere su famiglia.
Io sono andata via da là a 19 anni e posso capire una persona che ci ha sempre vissuto e che non vuole abbandonarla allo sfascio, che vuole lottare perché finalmente qualcosa cambi. Ha chiesto degli aumenti, a volte concessi, a volte negati... ma come si fa di questi tempi a lasciare un contratto a tempo indeterminato nonostante ti senti sfruttato dalla tua azienda perché hai delle competenze superiori al compenso che ricevi? Perché dobbiamo essere costretti a lasciare la nostra terra perché c'é gente a cui conviene questa situazione?
La situazione è pessima e come hanno già detto gli altri, per due che dicono di no ce ne sono altri 40 che accettano lo stage non pagato nella speranza di fare esperienza che dopo porti un lavoro retribuito.
Io ho sempre pensato di andarmene e quando l'hanno scorso ho cercato lavoro in Italia mi sono convinta che stavo facendo una supidaggine a cercare di restare a qualsiasi costo.
Ora sto all'estero e con lo stage riesco benissimo a mantenermi e ad avere una vita sociale.

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Elisa
perchè non ci dici qualcosa di più su di te? In quale Paese sei emigrata? Quanti anni hai? In che ambito lavori? Che tipo di stage stai facendo? Quanto ricevi come rimborso spese e quali prospettive hai al termine dello stage?
Credo che la tua storia potrebbe essere molto interessante per i lettori di questo blog!
Ciao e grazie di essere passata,

Eleonora

Anonimo ha detto...

lo stage é una perversione del nostro tempo. Va abolito con una legge dello stato che non troverà mai nessuna maggioranza pronta a votarla. La generazione dei nostri genitori é contenta di tenerci a casa fino a 30 anni e non mollerà mai la sua sedia. Chi pagherà le loro pensioni? Io sono al terzo stage...

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
ho già commentato diverse volte su questo blog...
Io sto facendo uno di quei tanto nominati Praktikum che in Germania sono riservati agli studenti. In realtà (a quanto ne so) non sono riservati agli studenti, cioè dipende molto da ciò che serve all'azienda... di solito li fanno gli studenti perché sono part-time e a volte anche non pagati. Qui un laureato non cerca mai un praktikum perché lo ha già fatto da studente.
Io ho avuto la fortuna di farlo alla Daimler, dove pagano bene (per un part time sono 720 euro al mese e sotto i mille euro al mese non si dovrebbero pagare tasse, se non ho capito male) e mi hanno accettato anche se non sono più studente, full-time.
Spero di imparare il più possibile durante questo periodo e che dopo, almeno qui a Berlino, si riesca a trovare un lavoro... vi tengo aggiornati!

PS: dicono tutti che con una laurea in informatica non dovrebbe essere difficile trovare lavoro, ma a parte la conoscenza della materia, ho notato che bisogna sapersi "vendere" bene... l'umiltà e la timidezza spesso non è premiata...

librequetzal ha detto...

Anche a chi lavora mentre studia, purtroppo non va meglio. Sei anni di contratti a progetto per la stessa mansione, vogliamo parlarne?
E non mi posso nemmeno lamentare, rispetto ad altri: almeno ho avuto un buon rapporto umano, c'era disponibilità con gli orari ed era un lavoro coerente con gli studi.
Morale della favola: ho venticinque anni, mi sto laureando in Lettere (Specialistica, grasse risate) a pieni voti, ho due lingue straniere a livello C1, SEI anni di esperienza lavorativa, più altre collaborazioni TUTTE PAGATE... e non sto trovando niente. A parte dar via i volantini per un centro recupero anni scolastici - ironia della sorte.
Questo paese fa schifo, è indubbio.
Oltretutto qualsiasi diplomato che sta imboscato in un ufficio da vent'anni si sente in diritto di farci la paternale, i figli del boom che ci parlano di "gavetta" e di "sacrifici"!

Una proposta concreta: è possibile associare chi è stagista? Mi rendo conto che si tratta di una situazione (non-)lavorativa transitoria, ma come esistono sindacati dei precari e associazioni per i dottorandi... da soli si è ricattabili, se ci si organizza è più facile fare pressione e ottenere regole e tutele.

Vale

Anonimo ha detto...

Ciao :)
sono sempre lo stesso emirato d'olanda dell'altro post...
Concordo pienamente con Cuoca Precaria.
Tanti mi scrivono o tanti amici mi 'invidiano' per quello che ho qui...ma nessuno muove le chiappe e emigra. Qualcuno mi dice 'che l'anno prossimo' emigrera`...ja hoor, si certo, come no.
Agli italiani piace lamentarsi...ma forse alla fin fine e` piu` comodo stare a casa con mamma e papa`, che pagano tutto, e impiegare il proprio misero stipendio in vestiti, cellulare, macchina e uscite in discoteca e birreria, invece che diventare uomini e donne adulti, individui.
Poco da fare...l'emigrazione prevede un certo tipo di maturita'...e successivamente richiede palle...bisogna avere le palle. Il coraggio di restare in Italia? E` coraggio oppure e` paura di dover lottare da 0 per trovare un nuovo lavoro, nuova casa, assicurazione sanitaria, nuova lingua, nuovi documenti, nuove tasse, nuovo modo di vita...
A parer mio chi non ha la forza di emigrare non ha neanche la forza di combattere in italia...cosa fa, si porta mamma e papa` al lavoro?
Un anno dopo la mia emigrazione ero gia` diventato un uomo...cresci, diventi tosto, spigliato...lo devi fare. In italia ero sono un altro laureato figlio di mamma`.

Anonimo ha detto...

Non credo che il fatto di andare via debba essere considerato una fuga dai problemi dell'italia (volutamente minuscolo). Benny dice molto bene e anche io ho postato un'idea simile: sarebbe bello negarsi alle offerte ridicole, ma qualcun'altro l'accetterà. Chi va all'estero lo fa solo per avere un lavoro rispettabile senza bisogno dell'italianissima spintarella, per avere uno stipendio decente e per sentirsi parte di un sistema del lavoro che funziona! Tante volte ho sentito parlare amici o conoscenti che dicono che "tanto c'è crisi dappertutto! Non conviene andarsene!". Cosa posso rispondergli? Che se ne stiano in italia a combattere contro un nemico che non si sa che faccia abbia! E il nemico è irriconoscibile secondo me perchè è talmente radicato nella mentalità italiana che ormai fa parte di essa! L'italia delle conoscenze e della mentalità mafiosa, l'italia del vecchio mai sazio di potere e di soldi, l'italia degli ignoranti "figli di" che vengono a parlare a me, co.co.pro., di gavetta e sforzi! (ammazza che discorso da politico! :) scusate, mi stavo infervorando!!!). io da qui me ne vado! anzi, vorrei lavorare in UK. Qualcuno mi può aiutare segnalando qualche sito sulle parti più "burocratiche" del vivere nel Regno Unito? che so, sanità, certificati vari per il domicilio, moduli per le tasse, ecc... Grazie in anticipo!!!

Anonimo ha detto...

grazie Eleonora del post come al solito interessante! Sarebbe davvero bello poter essere tutti uniti contro questo sfruttamento. Ma come possiamo unirci, così frammentati in categorie e sottocategorie lavorative? i diritti che i nostri genitori hanno ottenuto prima di noi sono stati conquistati con una cosiddetta "lotta di classe". Tutti si riconoscevano in una classe lavorativa, che nella fattispecie era quella operaia. Ma noi giovani, commessi, impiegati di call-center, co.co.pro. e altro a che classe apparteniamo? Ci tengo a precisare che non vorrei fare paragoni con quegli anni nè tantomeno inneggiare a scontri violenti o cose del genere. Da qui secondo me l'idea di andare via! Ci hanno buttato talmente tanto fumo negli occhi che ora siamo arrivati a un punto da cui è praticamente impossibile tornare!