giovedì 25 ottobre 2007

LAUREATO, STAGISTA ASSICURATO

Interno notte, riunione di vecchi amici, quasi tutti classe 1978. Trent'anni: non ancora, ma quasi. Partono le storielle sui bei tempi andati, il liceo, le gite scolastiche, le pettinature anni Novanta. E poi, di colpo, si parla di quello. Di quelli che dopo il liceo hanno fatto l'università, di quelli che hanno fatto altro.
C'è quella che si è laureata come un fulmine, 110 e lode in Lettere, e ora insegna italiano in una scuola privata. C'è quello che ha fatto psicologia clinica, ma ora non è più tanto sicuro di voler dedicare la sua vita ai matti, e medita di darsi alla psicologia del lavoro. Ci sono il carabiniere, la farmacista, l'artista. Poi ci sono anch'io, ovviamente, giornalista in fieri.
Si chiacchiera di stage, di contratti a progetto, di stipendi. E quel che viene fuori è un'altra Italia a due velocità. Non più contrapposte (come nel post di qualche giorno fa) due generazioni, i più vecchi coi contratti blindati e i più giovani coi contratti a progetto. No: ad essere contrapposti stavolta sono i giovani della stessa età che hanno fatto scelte diverse.
Perchè ad essere tartassati di stage sono sostanzialmente quasi solo i laureati. Quelli che a 18 anni hanno scelto di investire sul proprio futuro. Gli altri, idraulici elettricisti geometri e molti altri, di stage non ne vogliono sentir neanche parlare. Lavorano, e per quello che lavorano vengono pagati. Sacrosantamente, aggiungo. Prova a dire a uno spazzino: "per insegnarti a spazzare la strada ti chiedo di fare 3 mesi gratis, come stagista". La scopa te la tira in testa, quantomeno.
Quindi il discorso è questo: chi vuole fare un lavoro "importante", di quelli per cui serve studiare, aggiunga pure agli anni dell'università un certo numero di anni di sfruttamento. Pur dopo anni di studio, e magari già qualche esperienza lavorativa, si rassegni a percepire - inizialmente, certo - retribuzioni ridicole, inferiori perfino a quelle di una donna delle pulizie (8 euro all'ora, più o meno).

Insomma: se vuoi l'indipendenza economica a 25 anni sognati di fare l'architetto, il giornalista, il pubblicitario. Anche se sei bravissimo. Anche se sei sveglissimo. Anche se sei avantissimo. Quelli sono lavori che in Italia rendono dai 40 anni in poi. Non so voi, ma io non ci sto.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao lolli cara, passo sempre dalle tue parti anche se non sempre mi posso soffemare a commentare... oggi ci sono! ed eccomi qui diligentemente a scriverti kilometri di pensieri su carta: sai già come la penso in generale, sono in mezzo tra quel che dici - universalmente sacrosanto - e quella che è la mia esperienza personalissima e diretta che è stata positiva e ripagante...

(non posso non tenerla in considerazione! è la MIA esperienza e vale in quanto tale: sarò un campione, rappresenterò una qualche percentuale anche io no?)

insomma, per farla breve, secondo me se sei bravissimo avantissimo e capacissimo prima o poi ce la fai, sopratutto se VUOI farcela.

ed è anche verissimo che però se vuoi fare "certi lavori" DEVI studiare, il chè non ti permette di mantenerti.

(studiare è una cosa seria per chi la prende seriamente, nel qual caso lascia poco spazio anche per la palestra figuriamoci per un lavoretto contemporaneo!)

ma vale anche viceversa: se inizi davvero a lavorare a 18 anni e 1 giorno non studi più, ti costruisci una professione (parlando di "altri lavori" ovviamente) e magari a 22 anni sei già sposato e mantieni la famiglia...

per qualcuno è un sogno che si avvera, per qualcuno è un obiettivo da raggiungere e per qualcun'altro proprio no, ma in ogni caso per TUTTI è una scelta obbligata, fa parte della vita, e come tutte le scelte c'è sempre un prezzo da pagare: se vuoi qualcosa devi rinunciare a qualcos'altro, non puoi avere nè tantomeno pretendere tutto.

A tal proposito, continuo a citarti le mie vicende autobiografiche per cui, appena lauratami con lode e nei tempi giustissimi (24 anni direi) mi ritrovai a lavorare in un'agenzia immobiliare, senza alcuno stage e direttamente assunta con uno stipendio di circa 1milione e mezzo al mese tra fisso e provvigioni (che non so se mi spiego, ero praticamente miliardaria all'epoca). il lavoro in sè per sè non era orribile, non era tra quelle professioni ritenute spesso anche ingiustamente "declassanti", l'ambiente mi sembrava comunque molto "ignorante" nel senso anticulturale del termine, e siccome a quanto pare ero bravina anche lì mi proposero di crescere, di diventare socia, di aprire la mia agenzia... e guadagnare ancora di più ovviamente. Io a quel punto mi sono dovuta fermare lolli, ho dovuto riflettere e ho scelto.

Ho DOVUTO scegliere.

E ho scelto di rinunciare ai soldini per provare la mia strada, il mio sogno, quello per cui avevo studiato e mi ero almeno teoricamente "formata" prima di mollare e dedicarmi eventualmente ad altro nella vita. Una delle ragioni era che "per fare quel lavoro non c'era bisogno di studiare e io invece AVEVO STUDIATO." (nel senso che non c'è una facoltà di lettere o di economia con indirizzo compravendite immobiliari...!)

Ho deciso e mollato tutto, ho rinunciato a quella indipendenza così comoda e così facilmente raggiunta, ho ricominciato a partire dallo stage gratuito o giù di lì, e poi pian pianino mi sono fatta valere, e il mio ruolo (nonchè il mio compenso) è salito di pari passo con la mia crescita e professionalità. Oggi sono contenta, non credo di essere arrivata o chissà cosa, ma come sai a me è andata più che bene.

Questo non vuole dire che consiglio a tutti i bamboccioni/e/* e non- di fare gli agenti immobiliari che si guadagna un gran bene (anche se è vero, ma solo se sei BRAVO/a/*), ma vuole dire solo che LA VITA E' FATTA DI SCELTE e di PREZZI DA PAGARE, che magari non è giusto ma è così, non le abbiamo fatte noi trentenni ma queste sono le regole del gioco.

E se vogliamo allargare il discorso torno a prendermela con tutto il nostro sistema scolastico che a mio avviso non forma e ti costringe ancor di più a questo tipo di scelta obbligata tra "nonstudiolavoroeguadagno" e "studiononlavorochilosa".

Non ho fonti da citare, ma so che in altri paesi non funziona così, funziona meglio. e non serve andare negli states, figurati, vai a vedere la svizzera che è vicina.

Concludendo, ti segnalo questo blog (è un mio carissimo amico) e in particolare questo post che secondo me è molto pertinente: http://samuelescettri.blogspot.com/2007/10/da-68-90.html

spero che ti piaccia e che le sue provocazioni ti stuzzichino anzichenò!!!

In attesa di rileggerti al più presto, la tua corrispondente dall'estero bolognese ti manda i più classici dei saluti e baci. Ciao ciao, v

angela padrone ha detto...

visto che oggi ho qualche minuto ho fatto un giro e ho trovato il commento precedente...! è appunto quello che cerco di dire, ma è chiaro che se lo dice una persona giovane che l'esperienza l'ha appena fatta, è più convincente. E non è vero che queste persone sono di meno: i numeri lo dicono. Ma li sentiamo meno perché non hanno tanto da lamentarsi: parla e si fa avanti solo chi si lamenta, gli altri hanno altro da fare.
Interessante quello che dice sulla scuola: quello è il vero punto dolente, la scuola e l'università che non formano, non accompagnano, non indirizzano.

Eleonora Voltolina ha detto...

Io credo che la testimonianza-fiume di Viviana sia importante perchè fornisce un'iniezione di fiducia ai giovani.
Ma non sono d'accordo con Angela quando afferma che questa è la regola: sono piuttosto dell'idea che si tratti di una grande eccezione.
E' vero, come dice Viviana, che "se sei bravissimo avantissimo e capacissimo prima o poi ce la fai, sopratutto se VUOI farcela". Però è innegabile che il tempo che uno "bravissimo capacissimo avantissimo" ci mette, in Italia, per arrivare a fare il lavoro che gli piace con la retribuzione adeguata è doppio, talvolta triplo rispetto al tempo che ci metterebbe altrove. Di nuovo faccio riferimento a Viviana: non serve guardare troppo lontano, basta fare riferimento alla Svizzera, o all'Inghilterra.
Sono d'accordo con Viviana quando scrive che "c'è sempre un prezzo da pagare: se vuoi qualcosa devi rinunciare a qualcos'altro, non puoi avere nè tantomeno pretendere tutto". Però credo anche, fermamente, che in Italia (parafrasando Iva Zanicchi...) il prezzo NON sia GIUSTO. Il prezzo è troppo alto, e spesso rasenta lo sfruttamento. Va bene lavorare tanto, va bene fare la gavetta, va bene essere sempre sotto pressione per dimostrare a capi e controcapi di essere in gamba. NON VA BENE NON ESSERE PAGATI PER IL PROPRIO LAVORO.

Ladypiterpan ha detto...

Cara Eleonora,

sicuramente hai ragione quando affermi che il prezzo da pagare è troppo alto, e allora?
Più di tanto molto spesso non si riesce a fare, spesso ci si mette anche la fortuna di mezzo... anche se, se uno le situazioni se non se le crea, è difficile che gli passino davanti!
Si afferma da più parti che questa forse, sarà la prima generazione dal dopoguerra fino ad adesso, che avrà meno della generazione dei propri genitori. Ci troviamo a vivere un momento tutto particolare... Come uscirne? Domanda difficilissima ! Io penso che, comunque, sappiamo sempre bene quello che non ci sta bene e quello che non vogliamo fare, ma sappiamo sempre molto poco quello che vogliamo veramente.
Fallo tu quest'esperimento, chiedi a qualcuno che, ad esempio, vuole cambiare lavoro cosa vorrebbe fare.
Vedrai che ti saprà benissimo elencare quello che da un altro lavoro non vuole fare, ma saprà dirti poco di quello che invece vuole veramente fare.
Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, dice un vecchio proverbio.
Ora, per quanto riguarda le tutele lavorative mancanti riguardo i nuovi lavori, nessuno lo mette in dubbio, ma anche, in questo caso, ritengo che la colpa dipenda sempre un pò da noi. Se accettiamo di piegarci sempre, ci continueranno a piegare sempre.
Tu mi dirai che è facile parlare da di fuori, se uno ha bisogno accetta tutto.Certo, è vero,però bisogna pur cominciare da qualche parte...
Anna

Anonimo ha detto...

Io sono d'accordo con Anna. Nel senso che è giusto capire nel "sistema" cosa funziona e cosa no. Però ci si dimentica troppo spesso, che il sistema, siamo noi. Un pò come quando uno se la prende con la politica, dice che non se ne può più di questa classe dirigente, che però poi la maggioranza vota.
Il divario tra lavori manuali e
lavori "intellettuali" rafforza ancora il mio pensiero: ci sono salari bassi o inesistenti nei secondi, perché c'è chi lo accetta. Se qualcuno mi viene gratis, perché doverlo pagare? Invece, chi farebbe l'idraulico per 5/6 anni gratis? "apprendistato?, e va bene, ma poi mi paghi. E bene.". Invece chi aspira a mestieri più aulici è disponibile a sacrificarsi, grazie anche alle proprie possibilità economiche (della famiglia intendo), e dunque abbassa il prezzo di mercato. Quello che mi fa arrabbiare, è che tutto ciò va a discapito di chi non se lo può permettere, chi non ha genitori che pagano! Tu sei povero, e devi guadagnare? come fare se altri 50 stanno dietro, disponibili anche gratis, perché i loro genitori pagano al posto del loro datore di lavoro?
Ogni volta che qualcuno accetta di lavorare per una miseria, contribuisce ad inflazionare il mercato, e soprattuto a escludere i più poveri. Pensateci...

Ciao
Matteo

Anonimo ha detto...

Condivido in pieno la tua riflessione, aggiungerei però anche la laurea in giusrisprudenza tra gli studi da evitare se si vuole avere uno straccio di indipendenza economica prima che l'alopecia androgenetica e il doppio mento ci riducano in cariatidi...
Poi sai nella vita è tutto relativo, al "figlio di" basta la terza media per sfondare..
Ad ogni modo complimenti, il tuo blog è uno sfogo essenziale per tutti i giovani che in questa italia stentano ormai a sopravvivere!
In bocca al lupo

Anonimo ha detto...

Ciao! Ho scoperto il tuo blog tramite il Bello del Web (sono una neo professionista che sta aiutando i prossimi esaminandi) e mi pare oltremodo interessante. Leggendo l'intervento di Viviana alcune domande me le sono poste. Non so che lavoro faccia adesso (non lo specifica) per cui non posso esprimermi. Quello che voglio dire è che a volte non basta la professionalità, a meno che non sia in campi strettamente specialistici. Ovvero: chiaro che se sono un fisico o matematico che ha scoperto una formula innovativa, le aziende mi si contenderanno a suon di milioni (e in Italia neppure questo è vero). Ma se, faccio il mio esempio, sono 'solo' brava a scrivere? Scrivere lo sanno fare tutti, chi bene chi male. Io ho una certa esperienza, e quello che ho ottenuto sono solo compensi leggermente più alti (ma sempre ridicoli) e certo se minaccio di andarmene nessuno si strapperà i capelli per me: semplicemente, se ne troveranno altre...

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Yodosky,
grazie di essere passata e dei complimenti che hai voluto fare al mio blog: sono contenta che lo trovi interessante.
Credo che la testimonianza di Viviana (che da qualche anno lavora con successo in un'agenzia pubblicitaria come copywriter) sia importante perchè - forse mi ripeto - fornisce un'iniezione di fiducia a chi è sull'orlo della depressione. Ma credo anche che la sua esperienza sia abbastanza "fuori dagli schemi", e che non possa essere presa come esempio di "come vanno le cose".
Io vedo ogni giorno ragazzi bravi e motivati che lavorano per pochi euro al mese nelle aziende più diverse (ormai si prendono stagisti in qualsiasi ambito lavorativo!), sperando di fare una buona impressione ai capi e di riuscire a rimediare qualche contratto strano o collaborazione al termine dello stage.
Sono sicura della buona fede di Viviana, ma credo che la sua visione sia un po' troppo ottimista.
La verità è che ci sono troppe persone iperqualificate disposte a lavorare per niente. Come dice nel suo commento anche Matteo: "disponibili anche gratis, perché i loro genitori pagano al posto del loro datore di lavoro". E non è campata in aria nemmeno la sua conclusione: "Ogni volta che qualcuno accetta di lavorare per una miseria, contribuisce ad inflazionare il mercato, e soprattuto a escludere i più poveri". Perchè ormai fare gli stagisti è divenuto una sorta di privilegio. Chi non ha genitori abbienti (o quantomeno generosi) alle spalle, difficilmente si potrà permettere, per un anno o due, di "giocare a lavorare" percependo un quarto dello stipendio che gli spetterebbe se anzichè stagista fosse normalmente assunto.
Credo che l'argomento sia interessante, presto gli dedicherò un post. Voi intanto che riflessioni mi suggerite?

bob ha detto...

Ciao a tutti!
Leggendo qui e lì qualche post mi sono soffermato su questo, dal tema a me caro.
Anch'io credo di essere una personcina avantissimo, formatissima ed intelligentissima.
Ma ahimè ho dovuto cambiare località (stato -sempre che questa parola abbia ancora un senso in Italia)per essere precocemente (ma poi mica tanto all' estero come dice eleonora) premiato con onori e gloria lavorativa (e sempre che di ciò si tratti dal momento che dobbiamo lavorare per vivere e non vivere per lavorare...).
Altri amici miei ci stanno ancora provando: laurea con lode (studiando al CEPU per la verità- ma tanto chi lo sa-mica viene scritto sulla laurea), master, stagestagestages e via di gusto verso gli -anta, mantenuti dai ricchi parenti, magari del profondo sud.
Indi I do not agree con chi dice che VOLERE E' POTERE, STUDIARE E? PREMIARE e tutti gli altri bei discorsi dorati detti quando (passatemi il termine, ve ne prego) "hai il culo parato", sono chiacchiere.
Quando hai da far tintinnare il conto in banca che quello dei tuoi è orami chiuso hai ben poche scelte.
La mia è stata quella di andare all' estero.
L' Italia è il paese del clientelismo.
"No conoscio? No parti!"
Un salutone a tutti
Bob