lunedì 7 luglio 2008

IL MERCATO HA LE BRACCINE CORTE: E INTANTO I GENITORI PAGANO...

Mi scrive Massimo: «Ho 24 anni, mi sono laureato in corso in Scienze e tecnologie della comunicazione e ho poi conseguito la specialistica in Tv, cinema e produzione multimediale, con un un bel 106/110».
Massimo non è certo uno che se ne sta con le mani in mano: «Durante lo studio ho sempre lavorato. Ho alle spalle due grossi stage presso un'emittente televisiva nazionale e una collaborazione di due anni a un programma televisivo culturale (in un'altra rete tv). Durante gli stage - il primo di tre mesi nella redazione di un format, il secondo di sei mesi nell'ufficio stampa di un noto programma - non ho percepito un euro di rimborso spese: solo un ticket restaurant al giorno!».
Il problema è che dopo ben nove mesi complessivi di stage, l'azienda lo ha lasciato a piedi: ««Dopo avermi riconfermato come stagista, non hanno ritenuto fosse il caso di farmi un contratto vero: evidentemente per lavorare 'aggratis' andavo bene e valevo, ma per essere assunto ero una mezza calzetta. Tanti altri miei validi amici e colleghi sono nella stessa situazione».
E il problema torna sempre a galla: chi mantiene Massimo ora che, con una laurea e già un bel po' di esperienza alle spalle, si ritrova disoccupato e ai colloqui di lavoro si sente proporre solo stage? Come al solito, la famiglia. «Il contratto è sempre un miraggio, e si fa fatica a trovare un lavoro che permetta di vivere a Milano: per questo motivo i miei genitori, entrambi agenti immobiliari in un piccolo paese di montagna, pagano, pagano e pagano...».
E se mamma e papà non potessero permettersi questa ingente spesa? E se - più semplicemente - decidessero di punto in bianco che non vogliono più accollarsela, dato che il pargolo il suo percorso formativo l'ha già finito da un pezzo? In questo caso, che farebbe Massimo? E cosa fanno quelli come lui, che non hanno genitori abbienti - o molto generosi - disposti a mantenerli anche dopo la laurea? E' giusto dover rinunciare al mestiere per il quale si è studiato, perchè il mercato ha le "braccine corte" nei confronti dei giovani?

30 commenti:

Anonimo ha detto...

Purtroppo si aspetta che arrivi qualcuno dall'alto in grado di cambiare le cose,ma al momento la vedo mooooolto difficile.Forse conviene dire di no e guardare oltre il confine italico...

Eleonora Voltolina ha detto...

E' vero Benny, scappare all'estero può essere in alcuni casi salvifico. La storia di Olimpia, più volte citata in questo blog, ne è un perfetto esempio.
Però andarsene via non può essere considerata l'unica soluzione! Secondo me è giusto battagliare e far sentire la propria voce affinchè anche in Italia le cose cambino.
E' vero, il governo attualmente in carica sembra avere più attenzione per la categoria degli imprenditori che per quella dei giovani stagisti e cocopro... Ma non bisogna smettere di credere che la situazione possa mutare e migliorare.
E lo dico con fatica, dato che ieri sera sono andata al cinema a vedere... "Il Divo"!

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
grazie per avere reso pubblica la mia storia, spero possa essere di conforto ai tanti colleghi, che come me, sono in braghe di tela :) Ma ricordiamoci anche che c'è ci sta peggio di noi: magra consolazione.

NB: un noto professore universitario rispose così ad una dottoranda che si lamentava della pochezza remunerativa dei ricercatori(stipendio:800 euro): 'Beh signorina, si sposi uno ricco e si faccia mantenere come moltre altre donne.'

Eleonora Voltolina ha detto...

Questa "soluzione" me ne ricorda un'altra, spiattellata in diretta tv... Mi pare fossimo in campagna elettorale...
;-)
A parte gli scherzi, Massimo: grazie a te per aver voluto condividere la tua storia e le tue riflessioni con me e con gli altri lettori di questo blog!

Anonimo ha detto...

E' la stessa domanda che mi pongo (e che ho scritto in un commento su questo blog) da quando pure io ho iniziato questa odiosa trafila: chi non ha alle spalle la famiglia che paga, non fa lo stage? E se l'80% dei giovani (stima letta sul quotidiano gratuito Metro, da prendere con le pinze) accede al lavoro tramite stage, chi non può non lavora?
E poi dove iniziano e dove finiscono le responsabilità dello stagista? Voglio dire, giusto per fare un esempio in cui ogni riferimento al sottoscritto è puramente casuale, se uno stagista fa lo sviluppatore software e i suoi sviluppi vengono rilasciati e vanno in produzione....è stage o lavoro?

Anonimo ha detto...

@cccp
finalmente una domanda sensata su questo blog a cui vale la pena di rispondere nella maniera corretta.

Tu ci racconti:

"E poi dove iniziano e dove finiscono le responsabilità dello stagista? Voglio dire, giusto per fare un esempio in cui ogni riferimento al sottoscritto è puramente casuale, se uno stagista fa lo sviluppatore software e i suoi sviluppi vengono rilasciati e vanno in produzione....è stage o lavoro?"

La risposta migliore che ti si può dare in questo caso è: dipende dallo stage, e da cosa esso prevedeva.
Non puoi fare di tutt'erba un fascio in nessuno dei 2 punti di vista infatti.

Puoi indicare cosa prevedeva il tuo stage per meglio capire la tua situazione?

Se il tuo stage è finalizzato all'apprendimento di come fare un software, e poi nella seconda parte dello stage acquisisci le competenze per poter realizzare il tuo modello che poi per scelta aziendale viene messo in produzione, certamente ricadi nello stage classico, e non nella parte lavoro.

Se viceversa tu fai lo sviluppatore e lo stage è terminato, e quindi produci finito quello qualcosa di concreto per l'azienda, lo dovresti fare con un adeguato incarico di collaborazione concordato tra te e l'azienda specifica.

Qui quindi il tutto è lavoro.

Di base di questo discorso c'è il fatto che durante le fasi formative di ciascuno di noi si producono elementi, che poi il soggetto che eroga formazione usa e promuove se lo reputa opportuno - la formazione non è solo teoria per fortuna ma anche pratica.

:-)

Un abbraccio

Eleonora Voltolina ha detto...

Caro CCCP,
la questione che tu poni è fondamentale. In questo blog se ne parla spesso e volentieri: dov'è il confine che separa lo stage dal lavoro mascherato da stage?
Io credo che due importanti fattori da tenere in considerazione per dare la giusta definizione siano questi: le competenze "pregresse" dello stagista e la durata dello stage.
Primo punto: se un giovane (facciamo l'esempio: tu) arriva in un'azienda che sviluppa software con un bagaglio di esperienza già ricco, e fin dai primi tempi riesce a dare valore aggiunto all'azienda e a creare profitto, quello è un lavoro mascherato da stage. Se al contrario lo stagista non aveva mai visto un software in vita sua, e tutto quello che sa fare lo ha imparato durante lo stage, allora è uno stagista-stagista, e se poi alla fine dello stage diventa anche capace di produrre software tanto buoni da entrare in produzione... meglio per lui e per l'azienda.
Secondo punto: mettiamo che uno arrivi a fare lo stage completamente digiuno di programmazione software. E' ovvio che se il suo stage avrà una durata di tre mesi, lui potrà imparare e poi eventualmente essere utilizzato dall'azienda con un contratto (e una retribuzione). Se invece il suo stage avrà una durata di sei mesi o più, è chiaro che l'intenzione dell'azienda è quella di formare il giovane per i primi mesi e poi averlo a disposizione per altri mesi con la possibilità di sfruttare il suo lavoro senza doverlo pagare (come il contratto di stage permette).
Ecco, secondo me per valutare se lo stagista è davvero uno stagista o se è un lavoratore sfruttato bisogna sempre tenere conto di questi due fattori prima di tutto.

Anonimo ha detto...

Massimo stringi i denti. Oppure sii più coraggioso di me e scappa!
Che forse è la scelta migliore!
Sulla questione ma se uno lo stage non se lo può permettere cosa fa? La risposta è semplice: avete mai fatto caso a quanti laureati ci sono a fare commessi, cassieri, camerieri?
Ovviamente non approvo. Come non approvo che il lavoro di uno stageista vada in produzione: se è così bvravo da produrre lui ciò che dovrebbe produrre il suo tutor, quale formazione può dargli l'azienda?!?

Anonimo ha detto...

Buongiorno a tutti,
sono stagista o tirocinante da ormai 15 mesi, cioè dal giorno successivo al conseguimento della laurea. I primi mesi, essendo laureato in economia e commercio, ho iniziato la pratica necessaria per la pippa dell'esame di stato abilitante alla professione. Sapevo che nono era quella la mia strada ma in 7 mesi di onorato e puntuale servizio ho contribuito al buon funzionamento delle attività dello studio. Risultato? mai una lira,mai un grazie e anche una telefonata che mi esortava a tornare al lavoro 3 giorni prima del previsto (ad agosto) perchè c'era da fare. Poi, un corso di formazione e adesso il successivo stage in una media azienda che mi comunicherà a giorni quale sarà il mio destino. Tutto ciò assolutamente GRATIS e a tempo pieno. Nel frattempo un noto istituto bancario mi inviava una mail per partecipare ad un iter di selezione parlando di "assunzione" in caso di esito positivo del processo selettivo. Arrivo al famigerato colloquio individuale, l'ultimo step: silenzio per 2 mesi e poi mi telefonano proponendomi uno stage di 6 mesi,rinnovabili, ASSOLUTAMENTE GRATUITO,senza buoni pasto e con le stesse responsabilità di chi lavora normalmente. Io ho detto no e loro mi hanno richiamato e ho ridetto no. Ciò mi consola perchè forse qualcuno comincia a negarsi a queste truffe. Sembra di stare prima del 1860 prima che la schiavitù venisse abolita. Ora aspettiamo stando sempre con le antenne tese i motori (di ricerca) accesi. Dopo la mia avvilente storia, credo comune a tanti, vorrei fare alcune considerazioni.
Concordo con cccp sul fatto che lo stage sta diventando roba da ricchi e vorrei aggiungere dell'altro. Nella mia esperienza aziendale ho conosciuto ragazzi giovani e meno giovani che svolgono attività di alto livello professionale (tutti laureati)con stipendi bassi e spesso contratti co.co.pro. . Le imprese italiane hanno scoperto che è possibile "scaricare" il costo del lavoro sulle famiglie. Gli stagisti come me sono "pagati" da papà che mi tiene a casa. I co.co.pro. sono in perenne stato di stress e non hanno possibilità di creazione di una vita indipendente. Continuando così per 5-10 anni le famiglie non avranno più le risorse per sostenere il costo del lavoro che le aziende traslano su di loro perchè mamme e papà saranno andati in pensione e percepiranno meno reddito. Arriveremo al punto di rottura del sistema e ciò sarà molto grave per tutti, a partire dall'accumulatore mondo imprenditoriale. Spenderemo di meno, consumeremo di meno e compreremo meno beni e servizi di coloro che oggi speculano sul lavoro di centinaia di migliaia di stagisti e milioni di co.co.pro . Il sistema si rifiuta di guardare al domani ma io no. Sarebbe bello vedere l'approvazione di un provvedimento legislativo (magari un decreto legge urgente...visto l'uso che se na fa) in cui si regolamentano alcuni aspetti del mercato del lavoro. Mi permetto di suggerirne alcuni. Divieto di stage per le persone gia laureate o oltre i 25 anni. Confinamento dello stage solo all'interno di scuola e università. trattamento equivalente a quello degli altri lavoratori anche per gli stagisti. é una questione di civiltà e di rispetto del lavoro delle persone e della loro dignità. Non ci sono compromessi su una materia del genere. Non parliamo solo di posto fisso, non è quello il punto: si violano principi basilari in nome della competitività e del mercato.

Eleonora Voltolina ha detto...

Per Lilyce: cerco di spiegare un po' meglio il mio ragionamento.
Se un ragazzo arriva in un'azienda completamente digiuno di programmazione, durante lo stage gli insegnano tutto da zero, lui impara e alla fine dei tre mesi riesce a fare un buon software, credo che sia nell'interesse del giovane stesso che il prodotto venga messo in produzione. In questo modo, per esempio, lui potrebbe mettere quel software nel suo curriculum!
Completamente diversa è la questione se il ragazzo viene preso come stagista malgrado sia già capace di progettare software, o se al ragazzo viene fatto un contratto di stage troppo lungo, già prevedendo di sfruttare il suo lavoro una volta terminato il periodo di formazione.
Ma anche lì il discorso si biforca: perchè se il ragazzo percepisce per esempio 1000 euro al mese di rimborso spese è una cosa; se ne percepisce zero è un'altra!

Anonimo ha detto...

Credo che la cosa migliore da fare sia avviare una campagna di sensibilizzazione contro lo sfruttamento:no alle truffe,no a lavoro-formazione sottopagati; più persone si convincono di rifiutare certe offerte più velocemente il mondo imprenditoriale potrebbe cambiare rotta.
Purtroppo vedo molta gente intorno a me che accetta certe condizioni convinta che sia una breve situazione temporanea non accorgendosi che in realtà,così facendo,alimenta il sistema lavorativo già malato.

Eleonora Voltolina ha detto...

Sono molto d'accordo con Benny e ringrazio Integer per il suo lungo e articolato intervento.
Grazie: raccontando la tua storia, hai aggiunto un tassello importante per arricchire la riflessione sul mercato del lavoro italiano che troppo spesso maltratta i giovani, costringendoli a lunghissime gavette, a stage gratuiti, al bamboccionismo forzato.
Le conclusioni di Integer mi fanno venire i brividi, ma in larga parte devo ammettere che le condivido: il sistema non potrà reggere ancora a lungo. Per adesso i genitori tengono duro, mantengono i figli ben oltre la laurea, si fanno carico di quegli infiniti "periodi di formazione extra" che sono gli stage. Ma per quando? Credo che siamo pericolosamente vicino al point-break.

Anonimo ha detto...

Eleonora io il tuo discorso lo avevo capito e in parte lo approvo. Il punto è che se io i software li so già sviluppare l'azienda non può mettermi in stage, mi faccia almeno un cocopro e mi metta dalla parte dei precari, che è comunque meglio di quella degli stageisti. Il mio commento non era contro di te, era solo il mio punto di vista. Il punto di vista di chi sa che spesso lo stageista non firma i lavori che fa, e che quindi non arricchisce un granché il curriculum, perché per il "mondo che conta" quel lavoro lo ha fatto il suo tutor...

Anonimo ha detto...

Care Eleonora, i miei genitori si sono scocciati di pagare già da un po' e non perchè non abbiano a cuore me e il mio futuro ma perchè non ce la fanno. Io sto per laurearmi, come sai, ed ho sempre lavorato: sono passata da piccoli giornali a grandi giornali a emittenti tv a siti internet a enti a uffici stampa e ritorno. Ho fatto stage e corsi di formazione, ho anche una qualifica professionale oltre all'iscrizione all'albo. In ogni caso ho guadagnato poco e niente e, di sicuro, quel poco di guadagnato l'ho visto secoli dopo la fine del lavoro. Oggi, come sai, ho pubblicato un romanzo, proprio sul tema Stagisti e Precari. Il problema è che da pochi giorni per mantenermi ho iniziato a fare le pulizie. Penso spesso che se non avessi fatto l'università, se avessi messo da parte quei soldi, forse ora sarei in una condizione migliore. Di certo mi sentirei meno frustrata,credo

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Raffaella
le tue parole mi addolorano. E' ovvio che ogni lavoro ha la sua dignità. Ma è davvero ingiusto che con la tua preparazione, le tue capacità e la tua grinta tu sia costretta a fare le pulizie per mantenerti.
Ti faccio il mio più grande in bocca al lupo per il successo del tuo libro, e spero che presto tu possa tornare a fare la giornalista - stavolta, però, con una giusta retribuzione per il tuo lavoro.
Non mollare, sei forte Raffaella!

Eleonora

PS: giusto per non fare pubblicità: il libro di Raffaella si chiama "Santa Precaria" ed è pubblicato da Stampa Alternativa.

Anonimo ha detto...

@per tutti
Ci siamo chiesti mai una cosa ragazzi: perchè secondo voi una persona che si presenta dotata come sembra esserlo la nostra amica Santa Precaria poi alla fine, pur avendo fatto come ci raccontare diversi stage, tirocini, etc etc, non riesce a livello economico a sfondare e si ritrova quindi costretta a fare le pulizie per sbarcare il lunario?

Opinions?

Eleonora Voltolina ha detto...

Ci sarebbero tante ragioni da elencare. Raffaella ha solo 25 anni: non molti venticinquenni si mantengono già da soli, mi pare. Raffaella vive in Campania, una regione certamente non generosa per quanto riguarda i posti di lavoro (specie se si tolgono quelli in nero). Raffaella vuole fare la giornalista, come migliaia di altri giovani ragazzi e ragazze, e il mercato del lavoro nelle redazioni di giornali e tv è a dir poco inflazionato: troppa offerta, poca domanda.
Ma la ragione più importante è che Raffaella non ha alle spalle due genitori disposti (o in grado, non lo so dire e non sono affari miei) a mantenerla fino ai 25-30 anni.
Tutti i giovani giornalisti che conosco (nessuno escluso) hanno potuto invece contare sulla paghetta mensile - piccola o grande che fosse - di mamma e papà.
Raffaella no, Raffaella se la deve cavare da sola. Ecco perchè è finita a fare le pulizie per mantenersi. Ogni malevola allusione a scarsa intelligenza, scarse capacità, scarsa determinazione, scarso talento sono da evitare. Qui si tratta di vile denaro: e come hanno detto nei commenti qui sopra anche Cccp e Integer, ormai solo i giovani che hanno alle spalle una famiglia agiata possono permettersi gli stage e i successivi passaggi della "gavetta gratis". Gli altri, purtroppo, possono finire a fare anche lavori molto umili pur di mantenersi.

Anonimo ha detto...

@eleonora
fai parlare le altre persone ... ricordandoti che nella vita se qualcosa succede, c'è sempre un motivo.

Oltre ad eleonora, ne abbiamo altre di opinioni? Concrete però ... non campate in aria.

:-)

Anonimo ha detto...

Se uno non ha i genitori che lo mantengono, in qualche modo deve pur mantenersi!

Anonimo ha detto...

Siamo onesti: molti stagisti se la sono cercata. Pur sapendo che il mercato del lavoro è in queste condizioni si sono iscritti a mediazione linguistica, filosofia, lettere o facoltà simili che NON DANNO LAVORO, dato che l'offerta è troppa.
Io non ho mai visto un matematico od un fisico disoccupati. Altra obiezione che mi sorge spontanea è: a 28 anni sei ancora all'università? L'uni va finita a massimo 25 anni, e con il 110 e lode. Non hai voglia di studiare? Non ti iscrivere!!!!
C'è poi da dire che molti vogliono il lavoro sotto casa, hanno paura a cambiare città ed inserirsi in un'altra realtà.

Di anni ne ho 25, sono un neolaureato, non un imprenditore!

Eleonora Voltolina ha detto...

Caro Anonimo
il tuo commento è duro ma veritiero. C'è da aprire però un discorso sulla guida che i giovani italiani ricevono alla scelta dell'università. In Svizzera ogni scuola ha un consulente che nei 4-5 anni di liceo incontra per tre volte ogni studente, ci parla, sonda le sue capacità e inclinazioni, gli spiega quali sono le caratteristiche di ogni corso di laurea e le prospettive professionali.
Qui da noi... Niente di tutto questo.
Io nel 1997 ho fatto una scelta poco furba: mi sono iscritta a Scienze della Comunicazione. Mi sono laureata a venticinque anni, con 110 e lode e la mia tesi è stata anche pubblicata. Avevo fatto uno stage durante il percorso universitario, ne ho fatti altri quattro da laureata. Ti assicuro che il mercato inglese, quello spagnolo, quello americano mi avrebbero offerto ben di più. Invece in Italia si tende a sfruttare il giovane, anche se è capace e brillante.
Comunque, sono d'accordo con te sul messaggio dell'importanza della scelta universitaria: tornassi indietro, non farei certo Scienze della Comunicazione. E ai giovani dico: scegliete facoltà meno aleatorie. Di giornalisti, uffici stampa e pubblicitari ce n'è già tantissimi... Troppissimi!

Kuschelbaerchen ha detto...

Beh, se non ci fossero i genitori, farebbe quello che in questi anni, licenziati dalla azienda dove lavoro, hanno fatto in molti.
Si va al mercato ortofrutticolo a scaricare cassette, alla mattina alle tre, fino alle 10, alle 11.
Si rinuncia al telefonino nuovo, si rinuncia alle vacanze, e si tira un po' la cinghia. Io ho uno stipendio di 1480 euro netti al mese. mantengo me, mia moglie, mio figlio, mia madre e la mamma di mia moglie. In tre case differenti, in due nazioni differenti.
Si tira la cinghia, si fanno rinunce, ma si vive.

Possibile che c'è gente che da sola, non riesce a sopravvivere con un paio di centinaia di euro al mese? Ma devono tutti avere telefonino, automobile, vacanze, computer, iPod e vestiti all'ultmia moda?

Non dico che la situazione sia buona, non lo è. Ma i nostri genitori sono ventuti fuori da una Guerra Mondiale, tirandosi il culo come una capanna. E noi siamo andati all'università.

Guardare con più attenzione a quello che hanno fatto loro e cercare di imitarli?

Anonimo ha detto...

Vi racconto l'esperienza mia e di un mio amico.
Ormai la storia è vecchia ma esemplare.
Ci laureamo entrambi con 110 e lode in una università meridionale. Io fortunatamente ho un papà "operaio" che può permettersi con i suoi risparmi di pagarmi addirittura il master (a Nord) e sovvenzionarmi per il periodo di stage successivo a questo (tra l'altro anche con un minimo di rimborso di 400.000 lire) al termine del quale vengo assunto.
Il mio amico purtroppo non ha la stessa fortuna!
I suoi non lo possono sostenere finanziariamente quindi per lui niente master, ma soprattutto non può nemmero fare stage, perchè quelli che gli offrono sono tutti chiaramente a costo zero.
A questo punto è costretto a mettersi a lavorare nella serie come: carpentiere, agente di commercio con provvigione (ovvero ci rimetteva quasi sempre la benzina), operaio in un'azienda di piastrelle, magazziniere in un azienda di moda, poi ancora magazziniere (addetto alla logistica per non sminuire troppo il ruolo) fino alla fantomatica assunzione in un'altra azienda del settore con più o meno stesse mansioni. Il tutto dopo 3 anni dalla laurea!
A volte penso che mettersi a fare il garzone dell'idraulico a 14 anni sia più conveniente!
ciao

Anonimo ha detto...

Leggo il blog con grande interesse. Vorrei dire questo, mi sembra un'ovvietà sostenere che chi ha l'aiuto dei genitori alle spalle è molto avvantaggiato nella sua libertà di scelta e quindi di esperienze e chi, questo prezioso aiuto non c'è l'ha, è molto più limitato in tutto: nella stessa possibilità di studiare e poi in quella di scegliere l'occupazione più adatta alle proprie aspirazioni. Detto questo, mi sembra che emerga questo nuovo fenomeno: ovvero che ci siano molti figli di genitori che hanno studiato che, con lo stesso titolo si studio che aveva consentito a mamma e papà un discreto benessere economico e sociale, oggi non godono più di quello stesso benessere.
Ma, infine penso, anche questa, tuttosommato, è competizione. Quando mamma e papà non riescono più a pensare a ogni cosa, perchè magari non rientra più nella loro sfera d'azione, è lì che emerge il talento di ciascuno nell'arrivare all'obiettivo che si era prefissato.
Grazie

Anonimo ha detto...

Io di anni ne ho 25,mi sono laureato esattamente un anno fa in economia (laurea specialistica con 100 che di certo non é il massimo ma ho cercato di fare del mio meglio sempre) eppure sto trovando un sacco di difficoltá a cercare un lavoro/stage che non sia una truffa.
Vivo a qualche km da milano per cui non sono in una regione disagiata;giusto 2 mesi fa mi sono rivisto con i miei compagni di uni,molti laureati con me con lode eppure anche loro costretti a passare da uno stage all'altro sperando che il prossimo sia quello buono...

Anonimo ha detto...

Ciao a tutti.
Il post in questione riguarda un problema fin troppo diffuso. Io credo che se non cambiano le leggi che regolamentano questi stage, tutte le parole fin qui dette andranno perse. E purtoppo le leggi non cambieranno mai in favore di poveri ragazzi abbandonati al loro destino. Quindi, riassumento il tutto ......... andiamo tutti via da questo paese ridicolo, controverso, ipocrita e chi più ne ha è più ne metta!!!

P.S.:da una canzone di Luciano Ligabue, Libera Uscita(album Miss Mondo) - "... ci hanno promesso un grande futuro e poi ce l'han tolto, ci han detto scusate, e così sia ..."

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
mi sono chiesta tante volte se ho davvero sbagliato facoltà, se sono davvero in grado di fare il lavoro che sogno. Non ho una risposta. Quello che so di certo è che, come ti ho raccontato, mi impegno da anni per riuscirci. Non sono mai stata con le mani in mano e da sempre, anche prima dei miei sogni, l'hanno fatta da padrone le esigenze economiche. Ho una vasta esperienza come cassiera di supermercati, banco frutta, banco carne, babysitter, eccetera, ad esempio ;).
Il giornalismo è un sogno che portato avanti: da abusiva senza un euro di paga per 4 anni in una redazione in cui ogni mese mi promettevano un contratto (redazione che prende contributi statali) a co.co.co in un'azienda che fa della legalità una bandiera ma mi teneva là senza manco una sedia e un pc a mia disposizione.
Ho fatto questi lavori mentre lavavo scale per garantirmi un minimo di soldi per comprare i libri per l'università. E' vero, non sono mai stata tranquilla, non ho mai avuto la possibilità di dire a me stessa: " ho un esame difficile, per i prossimi due mesi devo solo studiare", e questo mi è mancato. Oggi, dopo questo piccolo libro, pensavo ingenuamente che la mia situazione avesse avuto un minimo di miglioramento, anche visto che dalla mia piccola città mi sono trasferita a Napoli (dove dormo su una brandina in casa di amici, ndr.)
La verità è che non ho trovato nulla, se non un posto dove mi pagano con ritardo di 6/7 mesi se va bene, anzi, adesso non mi pagano proprio più perchè lo farebbero solo se avessi un contocorrente e io non ce l'ho, perchè non ho soldi da metterci su.
Scusa dello sfogo, penso solamente che vada detto e sottolineato che la mia situazione, situazione che riguarda tanti altri ragazzi (che hanno la mia età, più o meno), è già una condizione sfavorevole di suo, al di là del precariato.
Io non mi vergogno a dire che aspiro quasi al co.co.co. Io non mi vergogno a dire che aspetto che qualcuno mi dica: hai tre mesi di tempo per farmi vedere chi sei.
Il problema è che, quelli che ho trovato io mi hanno detto: fammi vedere chi sei per tre mesi, impegnati, gira tutta Italia a tue spese, trovati un pc per lavorare. Poi quando si è trattato di pagarmi mi hanno detto che "per pagare e morire c'è sempre tempo" e così torno, di nuovo, alle mie pulizie nelle case del Vomero.

Sissi ha detto...

Sono d'accordo con te Eleonora, la fuga non può essere una soluzione, dobbiamo lottare per far riconoscere i nostri diritti!Far sentire la nostra voce.
Di persone, esseri umani prima che di stagisti, cocopro o qualsiasi altra categoria.
Una riflessione da psicologa: oltretutto l'impresa si trova uno stagista più motivato se lo aiuta a crescere professionalmente e inoltre da ad esso anche un rimborso spese (anche se non superiore ai 400 euro) poichè, secondo la sempre accettata "scala dei bisogni di Maslow" il bisogno di sussistenza è il primo da realizzare, andando più in alto, una volta che questo è soddisfatto, si cerca soddisfazione anche al bisogno di crescita.
E l'impresa che ha al suo interno stagisti motivati, sicuramente può ricavare dei benefici anche in termini di prodotto e risultati da questo!

Anonimo ha detto...

Ciao :) molti miei ex colleghi dell'emittente tv che ha citato il Corriere han letto l'articolo...vediamo se in futuro mi assumeranno comunque, o se me la faranno pagare :)

massimo

Aldo Mencaraglia ha detto...

Cari ragazzi, il mio consiglio nato da esperienza personale ventennale all'estero: studiate, emigrate, guadagnate quanto vi meritate e siate indipendenti!