mercoledì 9 luglio 2008

MICHEL MARTONE: COSA PENSO DEGLI STAGE

Michel Martone insegna Diritto del lavoro. E' uno dei pochissimi professori universitari al di sotto dei 35 anni in Italia, ed è una vecchia conoscenza della Repubblica degli Stagisti.
Da meno di un mese ha aperto un suo blog (per vederlo potete cliccare qui) con l'obiettivo di «attrarre i giovani alla politica e contrastare l'apatia e il qualunquismo». Uno spazio virtuale dove parla di giovani, valori, mercato del lavoro, precarietà, futuro e ricambio generazionale. E occasionalmente anche di stage.

Professore, come si distingue uno stage buono da uno stage cattivo?

Io direi piuttosto uno stage fisiologico da uno stage patologico. Da una parte ci sono gli stage utili, fatti durante l'università o appena dopo la laurea, che sono un primo contatto per studenti e neolaureati con il mondo del lavoro. Dall'altra ci sono gli stage inutili, in cui le aziende prendono giovani uno via l'altro perchè hanno bisogno di manovalanza di basso livello, per esempio per fare fotocopie o eseguire compiti semplici e ripetitivi, senza nessuna reale intenzione di formare né di assumere.
E' giusto che gli stage possano essere gratuiti? Potrebbe essere utile inserire l'obbligo di un rimborso spese minimo?
Il rimborso spese è importante ma attenzione: se venisse introdotto l'obbligo di pagare un rimborso troppo alto ai tirocinanti molte imprese potrebbero scoraggiarsi e smettere di prendere stagisti, e questo sarebbe negativo perchè lo stage è un potente strumento formativo e una porta sul mondo del lavoro. Quindi penso che un eventuale rimborso spese minimo obbligatorio non dovrebbe superare i 400 euro al mese.
Ha senso prendere un ragazzo di 28-30 anni come stagista?
No. Lo stage andrebbe limitato al periodo scolastico-universitario e ai primi 18 mesi dopo la laurea. Superata questa soglia, le imprese dovrebbero utilizzare un normale contratto di lavoro, e magari introdurre la clausola del "patto di prova" per poter decidere dopo tre mesi se continuare il rapporto di lavoro o no. Così come non ha senso fare stage troppo lunghi: se si superano i 6 mesi, lo stage sconfina automaticamente nel patologico!
Perchè capita che lo stesso giovane qui in Italia si senta proporre solo stage mentre altrove in Europa ottenga contratti veri con retribuzioni adeguate?
Perchè all'estero c'è un mercato del lavoro che funziona e che è concorrenziale. Gli imprenditori si "litigano" i giovani, per non farseli scappare. L'Italia deve imparare a valorizzare di più il suo capitale umano.

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Le parole del professore sono interessanti ma a mio parere troppo "ottimistiche". Vorrei fare degli esempi. Molti miei amici, miei coetanei dai 25 a ai 28 anni, sono impiegati nelle forze armate e guadagnano come un 5-6° livello ccnl metalmeccanico pur lavorando 35 ore alla settimana. Io non ci ravviso nulla di male e non sono la persona che critica il pubblico impiego o le forze armate. Lo stato li ha presi in carico a 19-20 anni, li ha formati da zero investendo quindi sul proprio capitale umano. Anche li si adottano forme contrattuali privatistiche con ferme annuali, triennali, più o meno rinnovabili e non è infrequente che qualcuno dopo qualche anno ritorni disoccupato. Dal primo giorno di divisa il militare percepisce una retribuzione in linea con i colleghi e come loro viene inquadrato: è un lavoratore a tutti gli effetti. Perchè il mondo imprenditoriale deve fare eccezione? Molti stagisti, forse quasi tutti, hanno alle spalle almeno una laurea, alcuni master costosissimi e/o corsi di formazione più o meno validi. Smettiamola con discorsi tipo "fare esperienza nel mondo del lavoro": questo paradigma, un dogma dei tempi moderni, sta vessando e umiliando una generazione di "high skilled workforce" come dicono gli anglosassoni. Fare esperienza nel mondo del lavoro è una necessità ma NON DEVE ESSERE A CARICO DELL'INDIVIDUO O DELLA SUA FAMIGLIA. Facciamo due conti: 5-6 anni di università, 1 anno di formazione (master o corso), 1-2 anni di "stage". Totale 7-9 anni di formazione continua in cui le imprese non intervengono ma beneficiano attraverso il lavoro gratuito e gli utili derivanti da master e corsi di formazione che "patrocinano". La componente passiva, il costo di tutto, è a carico delle famiglie che già sostengono le tasse universitarie e vedono sempre lontano il ritorno del proprio investimento. Sembra che le nostre imprese vogliano competere sul mercato globale dal lato del costo del lavoro e non dal lato dell'innovazione, della cultura e della professionalità. Saremo una generazione che sarà clamorosamente più povera dei propri genitori. nell'immaginario di tanti genitori italiani mandare i propri figli all'università significa, forse oggi sempre meno, dare loro una chance di crescita e di libertà: le imprese agiscono su questa leva, sanno che le famiglie sono "generose" e pagano oltre il dovuto la formazione dei propri ragazzi. Cerchiamo di ridurre questa situazione di selezione avversa. Il professore sostiene che sarebbe comunque necessario un tetto per le retribuzioni degli stagisti. Tira fuori, non so su quale base, la cifra 400€. Se il suo discorso è limitato solo agli stage inclusi nel cammino formativo universitario allora non sarebbe necessaria forse alcuna retribuzione. Sappiamo tutti però, che la realtà è ben diversa. Molti ragazzi cambiano città per andare a fare stage gratuiti o quasi in aziende "di grido" convinti da becere promesse di carriera (a cui molti fanno finta di credere) e animati anche da un tragico elemento che va affermandosi: "un'esperienza presso una multinazionale fa curriculum". Papà paga l'affitto, papà paga da mangiare,papà...sempre papà. Inoltre gli stages sono a tempo pieno e non permettono di affiancare un'attività "remunerativa" per lo stagista: io ci ho provato ma è dura se esci di casa alle 8 di mattina e torni alle 19 e 30.
Se poi le aziende non "raccattano" più stagisti perche sono diventati costosi dovranno trovare un'altra soluzione. Di sicuro qualcuno dovrà svolgere quei compiti e al diavolo l'esperienza formativa. Se un'azienda vuole creare occupazione è disposta ad investire se invece è attratta dalla convenienza degli stagisti vuole solo approfittare. Signori qui c'è gente che ha studiato per anni, ha fatto sacrifici, si è riambientata in più contesti lavorativi, recita la parte degli "ultimi" nelle aziende dove arriva. Il mondo va al contrario più studi e acquisisci cultura e professionalità e meno la società ti gratifica. Chiediamo ai signori imprenditori di mandare i propri cari a fare stages gratuiti di 6 mesi a 200 km da casa, che fanno?
Buona giornata a tutti

Jarluc ha detto...

Aggiungerei inoltre che le regole stesse del mercato del lavoro sono obsolete. La proposta di Ichino di avere un unico tipo di contratto che in tre anni step-by-step acquisisca sempre più diritti e dia da subito alcune delle tutele del "tempo indeterminato" lasciando comunque un pò più di libertà alle imprese di licenziare (fatto salvo il motivo di giusta causa che deve però comprendere: produttività e motivazioni economiche) andrebbe perlomeno preso in considerazione. Cosa che maggioranza ed opposizione non sembrano minimamente voler valutare...(e non parliamo dei sindacati poi..).
L'altro nodo è culturale: finchè non si supera il familismo, la raccomandazione (o almeno si adottasse una raccomandazione esplicita come le lettere di referenze ad esempio) ed i concorsi ad hoc, la speranza di inserimento rapido dei giovani nel mondo del lavoro è impossibile.

Anonimo ha detto...

integer dice proprio bene.
Ormai studiare conviene sempre meno.
Il mio affittuario ha qualche anno meno del mio ragazzo ma ha già tre case e due bimbe.
Ha iniziato come muratore ed ora ha una ditta di ristrutturazioni in più è socio di una pizzeria.
Noi con due lauree siamo in affitto e di fare figli non se ne parla proprio a meno a breve termine.
A cosa è servito concretamente studiare tanti anni?
Certo abbiamo una cultura che l'altro magari se la sogna...però, siamo senza una casa!
Penso che ne futuro se si continua di questo passo i poveri saranno tutti dei laureati con specializazioni e poveri non per scelta ...

Eleonora Voltolina ha detto...

Sono contenta che l'intervista al professor Martone abbia suscitato questo bel dibattito.
Qualche mini-precisazione: a Integer, new entry davvero gradita in questo spazio virtuale, voglio dire che sono molto d'accordo con lui quando scrive che "Fare esperienza nel mondo del lavoro è una necessità ma non deve essere a carico dell'individuo o della sua famiglia". Per quanto riguarda i 400 euro indicati da Martone, voglio solo precisare che lui stava provando a quantificare, a grandi linee, quale sarebbe potuta essere l'entità di un rimborso spese minimo obbligatorio (che oggi non esiste, tant'è vero che gli stage possono anche essere gratis). Non voleva essere una soglia massima (ci mancherebbe!), ma una soglia minima calibrata per non scoraggiare le piccole imprese dal prendere tirocinanti.
Io sostengo che ci vorrebbero 200 euro di più: credo che - quantomeno per gli stagisti già laureati - la normativa dovrebbe prevedere un rimborso spese obbligatorio di 600 euro al mese.
A Ghibellina invece voglio suggerire di andarsi a rivedere un vecchio post, "Laureato, stagista assicurato", in cui facevo il punto proprio sulla disparità che ormai c'è tra chi sceglie di investire tempo ed energie nell'università, e chi invece dopo la scuola dell'obbligo si dedica a lavori più umili, con cui però oggi come oggi ci si arricchisce ben di più! Ecco il link: http://repubblicadeglistagisti.blogspot.com/2007/10/laureato-stagista-assicurato.html.
Un'ultima noticina per Integer: vedo che hai tante cose da dire, le dici in maniera chiara e pacata e per questo i tuoi interventi sono molto graditi, ma ti devo chiedere di essere un po' più sintetico o di "spezzare" magari i tuoi commenti in due o tre tranche per far sì che non siano troppo lunghi e che non "monopolizzino" lo spazio dei commenti!

Anonimo ha detto...

ringrazio Eleonora per la celerità e la chiarezza della risposta e cercherò di essere più breve (non è facile perchè ho tante cose che penso da dire!!). A mio parere l'istituto dello stage, introdotto dal 1° governo Prodi, con Treu ministro del lavoro, era già in partenza uno strumento troppo permissivo nei confronti delle aziende. Andrebbe forse eliminato poichè gli effetti negativi prodotti sono superiori a quelli positivi. Se forma 10 persone ne mette 20 in situazione di incertezza totale e di continua impotenza contrattuale. Il beneficio è tutto dal lato delle imprese e lì rimane: difficilmente si redistribuisce sui giovani. Spesso reale formazione non se ne fa, le imprese che vogliono formare il giovane investono e pagano dal primo minuto del primo giorno. Lo stage è strumento di sgravio fiscale, è sostitutivo di funzioni medio-basse che andrebbero pagate, lo stagista è debole,obbediente,dice quasi sempre si a tutto temendo di non poter giocarsi le proprie chances di riconferma. é evidente, palese e incontrovertibile che viola basilari principi. Io pongo una questione banale: il Codice Civile definisce così il lavoro subordinato: "È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore".
Quali di questi elementi non sono ravvisabili nello stage? direi solo uno e tutti sappiamo qual è. La mia conclusione, da rozzo giurista, è che lo stage costituisce una "deroga legalizzata" di una norma civilistica. Sebbene le imprese puntualizzino che lo stage non costituisce un rapporto di lavoro subordinato gli elementi in tal senso sono innegabili. Per non parlare dei documenti firmati in cui ci si impegna alla riservatezza sui dati aziendali. In conclusione lo stage costituisce de facto una fattispecie non consentita dalla legge...oltrechè dal buonsenso.

Anonimo ha detto...

Daccordissimo con integer!
Nel rinascimento c'erano le botteghe artigiane dove i giovani imparavano i vari mestieri sin da molto piccoli.
Anche li a volte bisognava addirittura pagare per essere istruiti e si confezionavano opere il cui merito andava al maestro.
Ma qui si parla del 1400...possibile che in Italia non sia cambiato ancora niente.
Comunque l'apprendistato a quei tempi aveva un termine ed alla fine o si lavorava in proprio o si veniva pagati dalla bottega.
Mi sa che erano un po' più avanti dal momento che ora l'apprendistato sembra infinito.
Comunque ripeto il mio pensiero: in qualsiasi posto di lavoro i primi mesi sono di apprendimento perchè sebbene si sia esperti in un campo ogni azienda tende ad organizzare il lavoro in modo diverso e magari anche utilizzando l'applicazione che si è studiata a lungo, molto volte hai un capo che tende ad usarla con altre metodoligie che tu devi apprendere.
Ragionando con lo stage, bisognerebbe farne uno ogni qual volta si cambia azienda.
Ad esempio se domani dovessi andare a lavorare in un negozio come commessa, per qualche settimana dovrei stare dietro ad un altra commessa più esperta per imparare il loro metodo di lavoro.
Dovrei fare uno stage per questo???
Mi sembra paradossale eppure le commesse le pagano regolarmente dal primo giorno.

http://www.ariannascuola.com/firenze_rinascimentale/testi/art.html

Eleonora Voltolina ha detto...

Non dimentichiamo però che gli stage nel periodo della formazione, cioè la scuola superiore o l'università, sono molto importanti e utili. A mio avviso lo stage dovrebbe essere uno strumento usato prevalentemente - se non esclusivamente - dagli studenti, come del resto accade in altri Paesi europei (es. Francia e Spagna). L'anomalia italiana è che a fare gli stagisti non ci vanno i 19enni, ma i 26enni con laurea e master in tasca!
In sostanza, secondo me non bisogna buttare il bambino con l'acqua sporca: lo stage è uno strumento utile, ma bisogna regolamentarlo affinchè non diventi un modo, per le aziende, di avere personale già formato senza doverlo pagare!

Anonimo ha detto...

> Ma qui si parla del 1400...possibile che in Italia non sia cambiato ancora niente.

... si parla anche del fatto che l'apprendistato venifa fatto ai garzoni, ai ragazzini, ai quattordicenni.

non ai trentenni ;)

Eleonora Voltolina ha detto...

Infatti in questo il professor Martone è stato molto esplicito. Alla domanda "Ha senso prendere un ragazzo di 28-30 anni come stagista?" ha risposto: "No. Lo stage andrebbe limitato al periodo scolastico-universitario e ai primi 18 mesi dopo la laurea".
Ci sono invece troppi giovani che fanno stage a due, tre, quattro anni dalla laurea. E ciò non va bene.
Sono d'accordo con Ghibellina su un punto in particolare: lo stage non deve essere considerato una "conditio sine qua non" per poter cominciare a lavorare in una determinata impresa.
Se un giovane ha già esperienza, se ha alle spalle una formazione universitaria, qualche stage, qualche cocopro o collaborazione, le aziende non possono continuare a proporgli un periodo di stage come se fosse un passaggio obbligato per entrare in quella realtà!
Invece ormai l'andazzo è questo: fino a 30 anni e più, ogni volta che un giovane cambia posto di lavoro si sente proporre uno stage "per cominciare", "per ambientarti". E questo non ha senso.

Anonimo ha detto...

Cosa si potrebbe fare di concreto per spingere le istituzioni a rivedere la normativa relativa allo stage in questo senso?

Unknown ha detto...

condivido l'analisi di integer sulla necessità di evitare la disoccupazione intellettuale di alto livello, un pò meno le soluzioni che mi vedono piuttosto vicino a eleonora,
lo stage deve essere la porta di ingresso nel mercato del lavoro che consente ai giovani di acquisire quell'esperienza pratica che l'università non può offrire,
per questo non deve costare troppo (almeno 400 € per gli stage post laurea) e deve essere a ridosso della laurea (stage fisiologico fino a 1-2 anni dalla laurea),

altrimenti, se costasse come il lavoro subordinato, non sarebbe competitivo e i giovani perderebbero un'altra opportunità di imparare e farsi valere nel mondo del lavoro

parimenti ciò non significa che lo stage possa consentire alle imprese di acquisire manodopera gratuita anche dopo tre anni dalla laurea e de qualificarla (stage patologico), come spesso accade

detto ciò il problema della nostra generazione (stagisti e non) è quello di un tessuto produttivo che non riesce a sfruttare le potenzialità dei giovani per competere sul mercato globale e quindi ristagna nella crescita zero affossato dal terzo debito pubblico del mondo

per le soluzioni credo sia necessario impegnarci tutti

michel

p.s. un grazie a eleonora per aver aver battezzato il mio blog con questo bel dibattito

Anonimo ha detto...

Magari lo stage fosse limitato ai ventottenni, come ha scritto il professore...Alla veneranda etá di 32 anni mi sono vista proporre dal celebre Polimoda di Firenze uno stage di tre mesi GRATIS. Vergognatevi!!!!!

Anonimo ha detto...

"A TUTTI....I COSTI"
Salve a tutti sono Saretta, vorrei farvi riflettere su un'altra questione...OVVIAMENTE NON INTENDO GENERALIZZARE E SARO' OLTREMODO PROVOCATORIA,
MA...AL BUON INTENDITOR,POCHE PAROLE:
nei vostri post non faccio altro che leggere la parola "costi" associata a "famiglia","padre" "famiglie", il che suppongo non stupisca voi, ma stupisce me, di origini estere, cresciuta in questo paese MA CON ALTRO TIPO DI EDUCAZIONE che mi ha portato ad AUTO-RESPONSABILIZZARMI.
Personalmente sia l'Università che la permanenza in altra/e città per studiare /lavorare l'ho sempre sostenuta da sola o mediante misere borse di studio.
Avete mai pensato, invece di lamentarvi, che c'è gente che non ha il "paparino" o la cara-generosa-assistenziale "famiglia"italiana dietro che PAGA? che paga, tasse, affitti, spese?
E quindi, altro che stage gratuiti,altro che retribuzioni di 300 euro al mese...
Avete mai provato a dire NO GRAZIE?
Sapete..c'è gente che ci ha provato, e si è vista proporre un contratto di lavoro regolare, al fianco di altre persone che facevano lo stesso lavoro GRATIS.Vi stupisce la cosa vero?
Io personalmente non credo di aver bisogno di 6 mesi per "imparare un mestiere",1 o 2 settimane mi bastano al massimo il classico "mese di prova".
Finchè ci sarà gente che dirà SI',SI',SI' (tanto l'affitto eventualmente lo paga la mia famiglia,tanto il Master me lo paga nonna,tanto lo stage me lo paga Papà)a tutto, beh, accontentatevi ragazzi, non verrete mai trattati meglio!
Uscirete da una "scuola" ed entrerete in un'altra "scuola" , vi tratteranno come "adolescenti" che vanno ancora guidati, finchè non imparerete a cavarvela da soli.Sul serio.
E allora lì, se qualcuno vi propone uno stage di 6 mesi non retribuito, vi verrà da ridergli in faccia.
SVEGLIA RAGAZZI !!!!
Arrivate a 30 anni senza aver mai lavorato,è una vergogna, perchè personalemnte lavoro da quando ho 17 anni e l'ho sempre trovato il lavoro (pur studiando in contemporanea).
VOGLIAMO COLPEVOLIZZARE I VOSTRI GENITORI che non vi hanno aiutato a diventare adulti?
OK dai, è colpa loro, ma adesso RIMBOCCATEVI LE MANICHE !Considerando che in questo paese sono ancora sconosciute parole come MERITOCRAZIA e PROFESSIONALITA', ci sarà da sudare parecchio.
SE QUALCOSA NON VI PIACE DITE 'NO', perchè le lamentele in Italia sono di un ridicolo imbarazzante...lagne lagne e nessuno IN PRIMA PERSONA fa nulla, fate i capricci come i bambini? come tali continuerete ad essere trattati, mi spiace.
Quando avrete dei figli, a 15 anni mandateli a lavorare in pizzeria il sabato sera, vedrete che non avranno nemmeno problemi con le droghe e le baby gang
;-)
ah cari italiani,siete un popolo meraviglioso,ma siete messi malissimo !!!
ABBRACCI A TUTTI
Saretta30annisuonati

Anonimo ha detto...

sono convinto che l'accesso all'istruzione/formazione non debba dipendere dalla classe sociale o fascia di reddito di appartenenza della famiglia di origine (come solo in svezia accade). eppure offire stage non pagati o pagati pochissimo significa esattamente eliminare dalla competizione tutti quei candidati che non possono parteciparvi per motivi economici e non di merito. la mia esperienza: concluso il master of arts in studi europei a maastricht (agosto 2007) ho dovuto passare 6 mesi in un call center di eindhoven, risparmiando quanto piu' possibile per potermi permettere uno stage non retribuito a bruxelles. senza tanti giri di parole si tratta di una discriminazione per reddito che mi pare alquanto radicata e socialmente accettata. ma per chi la subisce e' una gran sofferenza, soprattutto se si hanno 27 anni come me e si vorrebbe essere indipendenti dalla famiglia (discutibilissimo anche il limite di eta' proposto dal prof martone). in quest'ottica non ritengo accettabile un compenso mensile di 400 euro per una persona che comunque lavora almeno 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana (si pensi che oggi e' festa nazionale in belgio e io scrivo comunque dall'ufficio dove cerco di fare buona impressione sul capo, anch'egli presente). avrei molto altro da dire, poiche' la mia posizione sugli stages (qui detti internships o traineeships) e' diventata sempre piu' negativa negli scorsi mesi. sono comunque contento di aver trovato (tramite lettera a severgnini sul corsera) questo blog per discuterne. ciao a tutti