martedì 22 luglio 2008

SANTA PRECARIA, QUANDO LA STAGISTA È PROTAGONISTA (DI UN LIBRO)

Venticinque anni, originaria della provincia di Salerno, aspirante giornalista, Raffaella R. Ferré ha scritto il romanzo “Santa Precaria” (ed. Stampa Alternativa). La protagonista è Caterina, una sorta di alter-ego dell'autrice, stagista sfruttata e bistrattata in una tv locale.
Raffaella, di suo, ha alle spalle uno stage di nove mesi completamente gratuito nell’ufficio stampa di un ente pubblico, e varie collaborazioni con giornali locali - sempre pagate poco o niente. Ha voluto mettere al centro del suo libro una stagista perché pensa che sia una
«figura simbolo» della generazione dei venti-trentenni.
Il libro è sorprendente sopratutto per un utilizzo non convenzionale della lingua: l'italiano viene intrecciato al dialetto, con un florilegio di neologismi fantasiosi. E un happy end decisamente al vetriolo.
Eccone un assaggio - ho scelto, naturalmente, il brano che descrive le mansioni della stagista Caterina. (Il registro, con tanto di "k" al posto del "ch", è volutamente giovanilistico: il brano è infatti tratto dal blog della protagonista).

«Oggi pomeriggio Tiziana mi ha fermato e mi ha fatto una cazziata tremenda. Ha detto ke non solo sto trascurando le cose dell'ufficio, ke non faccio più le fotocopie dritte, ma ke mi sono dimenticata di ricordarle l'appuntamento dal callista e il caffè sa di acqua sciacquata, ke se mi sono scocciata di fare lo stage in redazione posso pure dirlo, che chiama all'università e glielo dice che non sono portata alla comunicazione».

Un libriccino da leggere tutto d'un fiato.

30 commenti:

Anonimo ha detto...

Santa Precaria ....letto! Complimenti sinceri.
Devo dire che per la prima volta ho comprato un libro di cui ho sentito parlare quasi esclusivamente sul web.
Che dire, cara Raffaella (e cara Eleonora) da un ex stagista, ex precario, ex messosottoaipiediditutti che si deve pure beccare la beffa dell'emergenza rifiuti ''che è finita'' tanti sinceri "in bocca al lupo" !

Carmine, Acerra (NA)

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
grazie mille del post-recensione. Ho apprezzato molto che tu ti sia concentrata non tanto sui compiti di Caterina la stagista quanto su come li vede lei, prendendo la descrizione dal suo blog, perchè la verità è che spesso i ragazzi che si avvicinano al mondo del lavoro attraverso uno stage non hanno bene in chiaro quali sono i loro compiti, i loro doveri e diritti. Spesso, ad esempio, lo stage viene vissuto come una possibilità che non ammette repliche: così come Caterina accetta le critiche ad un caffe sciacquato temendo che ciò possa compromettere il suo lavoro, tanti ragazzi non riescono ad avere una piena contezza della loro condizione.

Nella mia esperienza (purtroppo agli stage che hai menzionato se ne sono aggiunti molti altri) ho notato, infatti, che se agli inizi dell'era "stagisti", ai ragazzi capitava sì di essere "spremuti" fino all'ultima goccia senza dar loro una minima retribuzione, oggi capita anche di esser visti e trattati come un peso, un intralcio.

Non credo che questa situazione possa cambiare in tempi rapidi ma sono fiduciosa della presa di coscienza di tanti giovani. Uno degli scopi di Santa Precaria è proprio quello di aprire gli occhi, con la giusta ironia, a tanti ragazzi che approcciano al lavoro come fa Caterina, così "premurosa di piacere agli altri" e così dimentica dei suoi diritti.

Anonimo ha detto...

ma volete tutti fare i giornalisti i dirigenti d'azienda...su questo blog sembrate Grandi speranze di Dickens...con tuttoo il rispetto ma se siete sempre stagisti e/o precari non è che semplicemente non siete bravi???

Anonimo ha detto...

Cara eleonora,

mi chiamo Riccardo e ti faccio innanzitutto i complimenti per il blog, che a dire il vero ho scoperto qualche mese fa. È veramente uno strumento utile per tanti ragazzi che non sanno ancora come orientarsi nel mondo del lavoro.

I consigli che mi sento di dare, secondo la mia esperienza, in materia di stage sono i seguenti:

1) Rifiutare qualsiasi forma di stage non retribuito. Chi ve li offre sa quando e come sarete produttivi, e credetemi non ci vuole un anno, al più tre mesi. Anche perchè, come insegna l'esperienza, nessuno prende in stage un CEO o un CFO... quindi i vostri compiti saranno abbastanza "di base", almeno all'inizio. Ma voi investite il vostro tempo e sudore, e quindi è giusto avere un ritorno (e non mi si venga a dire che l'azienda "forma"...con la "formazione" non ci fai la spesa o paghi un affitto)
2) Accettare solo stage che prevedano un assunzione alla fine, o un percorso verso l’assunzione stabilito a priori(personalmente so che ad esempio l’Oreal fa un discorso del genere, ma di sicuro ci sono altre aziende).
3) Imparate le lingue. L’ottimo inglese è dato per scontato un pò ovunque, ma ormai non basta più. La maggior parte dei ragazzi che ho incontrato all’estero ne sanno almeno un’altra...
4) Non abbiate paura di pretendere quanto sentite di meritare e non scendete mai a compromessi meschini.

Saluti,

Riccardo

PS sono anche io un "caso Olimpia", seppur un pò diverso.. ;)

Anonimo ha detto...

Ciao Raffaella!
Anch'io a volte ho di questi sensi di colpa però come mi ha ricordato l'altro giorno Eleonora, sono loro ad averci voluto come stagisti e sono loro che continuano a tenerci anche se chiediamo il rimborso...quindi...A volte penso che dovrei avere meno scrupoli nei loro confronti!

Eleonora Voltolina ha detto...

Ecco quel che avevo scritto a Ghibellina via email: "Molti stagisti paradossalmente provano una sorta di "senso di colpa", perchè spesso sono più corretti dei loro capi, e si sentono in dovere di terminare il loro lavoro e di non mancare alla parola data! Ecco perchè a te sembra di comportarti in maniera disonesta, per il solo fatto di voler chiarire la situazione e chiedere un trattamento economico e contrattuale più aderente alle tue mansioni.
Il mio consiglio è dunque quello di parlare chiaramente, dire le cose come stanno, in maniera gentile ma senza farsi intrappolare nei ricatti emotivi e nei sensi di colpa".
E' una riflessione che ritengo importante condividere con tutti. Quando uno stage si trasforma palesemente in qualcos'altro (Ghibellina lavora in autonomia, sta in ufficio fino alle 9 di sera, viene trattata come una dipendente a tutti gli effetti), è giusto chinare la testa e continuare lo stage o no? Secondo me, no. Specialmente se il rimborso spese è molto basso. Specialmente se lo stage è troppo lungo (in questo caso, sei mesi).
Detto questo, ripeto a Xeno quel che ho scritto molte volte: oggi i giovani nella maggior parte dei casi vengono presi con contratti di stage perchè in questo modo costano molto meno alle imprese: non ci sono problemi di stipendio, contributi, ferie e malattie, ma solo un piccolo contributo per l'Inail e il rimborso spese (facoltativo). Pertanto non è che 3-400mila ragazzi ogni anno (dati certi non ce ne sono ma le stime sono queste) sono incapaci: è che le aziende preferiscono risparmiare, e colgono al volo le occasioni che una legge molto "leggera" lascia aperte in modo da poter avere personale giovane, motivato e a volte anche già esperto al costo più basso possibile. Ovvero: lo stage.

Anonimo ha detto...

gran bel blog Eleonora, e molto utile. Io sto mandando curricula in giro anche seguendo le tue indicazioni. Ad agosto mi laureo e, se mi guardo nel profondo, ho una paura fottuta di quel che sarà.. speriamo.. Ciao e ancora grazie

Stefano

Anonimo ha detto...

Volevo solamente rispondere a Xeno (intervento precedente)...

Caro Xeno,
sicuramente ci sono quelli che non vengono assunti, o non sono bravi... dal mio punto di vista, però, la percentuale di "bravura" (se così si può dire) è più o meno la stessa che trovi in altri paesi, e forse anche un pò superiore. Non scordare che ci sono anche quelli non assunti perchè non hanno gli "agganci" giusti... o perchè all'azienda piace risparmiare sul costo del lavoro.

Il problema è l'abuso dello stage...anzi, sono arrivato alla conclusione che il problema è la mentalità di coloro che accettano condizioni palesi di "lavoro gratuito". Piuttosto che lavorare gratis,personalmente me ne starei a casa a fare affari su ebay...anche rifiutando fai mercato (ed io, a modio mio, l'ho fatto quando necessario...).

In aggiunta, come già si diceva in altro post, avresti ragione se quanti emigrano trovassero uguale destino di quello che avrebbero in Italia...ma non è ammissibile che non appena uno varchi la soglia dell'italico stivale trovi in tempi brevi posizioni di lavoro "normale" (ma "fantastico" per l'Italia). Ed il fenomeno "Olimpia" sta prendendo dimensioni alquanto rilevanti, a quanto vedo in giro...forse quando in Italia non ci saranno più giovani qualcosa cambierà..

Saluti

Riccardo

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
mi chiamo Silvia, ho visto il tuo blog poco tempo fa e l'ho trovato molto interessante: è uno strumento utile per un giovane neolaureato per farsi un idea del mondo del lavoro ed orientarsi meglio tra le diverse possibilità.

Voglio riportare la mia esperienza di stage perchè credo possa essere utile ed interessare anche altri ragazzi come me.

Da gennaio ho iniziato uno stage presso la Camera di commercio di Milano, uno stage che presenta molti aspetti positivi: è una esperienza molto formativa in cui sto apprendendo molte cose e che mi permette di sperimentarmi, oltre ad essere uno stage ben retribuito: la quota che ricevo è di 600 euro al mese per lo svolgimento di 100 ore mensili (25 alla settimana, è part time). Inoltre, è uno stage molto flessibile, in cui è possibile concordare gli orari di svolgimento dell'attività con il proprio tutor in base anche alle proprie esigenze ed impegni. Infine, lo stage si svolge in centro, a due passi dal duomo!Unico neo è che lo stage non è volto all'assunzione, essendo la Camera di commercio un ente pubblico, ma questo è controbilanciato dal fatto che l'esperienza è davvero arricchente sul piano professionale (altro che fare fotocopie!!).

Ci tengo a segnalare questa opportunità a tutti quei profili che possono esserne interessati: in primis economico, giuridico, umanistico/comunicazione.

Saluti
Silvia

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...

Ho letto il libro e non mi è piaciuto affatto. Trovo la trama inconsistente, priva di coerenza e soprattutto di coesione. Non mi piace il linguaggio usato (è un salerninapoletano o cosa?), dipinge il sud esclusivamente come qualcosa di marcio e avariato. Per fortuna non solo così (e mi rivolgo a tutti quelli che non lo conoscono).

martina perino

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
mi spiace molto che tu abbia dovuto cancellare quel commento...
Mi spiace anche che qualcuno possa essersi fatto un'idea sbagliata sulla rappresentazione del sud nel mio libro: non credo che la mia terra, dove sono nata e dove vivo, abbia un che di marcio, anzi. Per fare una cosa del genere avrei dovuto sputare sulle mie scelte, tra cui quella di restare a Napoli. Penso, invece, ci siano tante potenzialità negate, questo sì. E tanta arroganza.

Anonimo ha detto...

Beh, Martina Perino, su Santa Precaria de gustibus per carità. Pensa, c'è a chi piace e non solo a Napoli :)
Mi suona strano però che difendi il Sud d'Italia e non quel poco di dialetto che c'è in Santa Precaria (non so se sei capace di distinguere napoletano dal salernitano, le radici linguistiche 'profonde' tra i due sono tuttavia comuni).

Però, per carità, Martina Perino non venire a dare bacchettate sul Mezzogiorno d'Italia a chi lo vive (e lo subìsce) quotidianamente. Porta fatti, nomi e circostanze prima di parlare.
Di sentir dire che 'non è tutto marcio', abbi pazienza, cara Martina Perino qui abbiamo le scatole piene. O porti nomi e fatti positivi - come si fa su questo bel blog - o niente.
Poi se lo dici per tirare la volata a questo o quel politico di turno, a questa o quell'azienda, ti prego, visto che conosci il napoletano, statt 'a casa .

Anonimo ha detto...

raffy cara il fatto che il gestore di questo blog abbia dovuto cancellare messaggi offensivi o che qualcuno inizi a sparar sentenze, mi fa venire in mente che qualche tuo "ex amico d'ufficio" (o di redazione?) sia approdato qui per dar fastidio. Che fastidio, le pulci!

Avanti così raffy ti voglio bene assaje

Eleonora Voltolina ha detto...

Tranquille Raffaella e Anny: ho cancellato quel commento solo perchè era "doppio". A volte i lettori si sbagliano e lasciano lo stesso commento due volte, nella maggior parte dei casi me ne accorgo prima della pubblicazione, ma talvolta mi sfugge - e quindi rimedio a posteriori, cancellando il duplicato perchè non infastidisca la vostra (e mia) lettura.
Per quanto riguarda le critiche: ogni volta che una persona scrive o fa qualcosa di pubblico si espone alle critiche. E' il bello di una società pluralista e democratica!
Infine, un piccolo paragone. Leggendo "Santa Precaria", rispetto all'ambientazione ho avuto la stessa sensazione che avevo provato vedendo al cinema il film "Tutta la vita davanti". Anche lì la rappresentazione della città non era realistica, era sopra le righe, addirittura nel finale quasi caricaturale: così come il Sud raccontato da Raffaella. Tuttavia, la Roma che esce dal film di Virzì - così come la Campania che esce dal libro di Raffaella - è vivida, significativa, e racchiude un'idea forte. Almeno secondo me.

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
innanzitutto complimenti per il blog
lo trovo davvero molto molto interessante. Qui si possono avvicinare davvero tutti, i precari, gli stagisti, ma anche chi, come me, con una laurea in tasca, per trovare lavoro ha dovuto lasciare il Sud. Ho letto e apprezzamento molto, sia i tuoi post lasciati in libera visibilità, sia i commenti postati da numerosi cibernauti. Continuerò a seguirti, stanne certa.
Devo però sottolineare un aspetto, nei commenti, che trovo invadente e arrogante. Questo si. Se qualcuno ha letto il libro Santa Precaria, che tu presenti e, come scrive Martina Perino, trova «la trama inconsistente, priva di coerenza e soprattutto di coesione….», non credo ci sia ragione né motivo di intervenire in massa, con ben tre commenti a favore, (21.58-22.00-22.03) e addirittura “accusare” Martina Perino di essere, rivolto all’autrice del libro “tuo "ex amico d'ufficio" (o di redazione?) sia approdato qui per dar fastidio. Che fastidio, le pulci!”.
Allora cara Eleonora, mi chiedo e ti chiedo, che senso ha invitare alla lettura di questo o quel libro se poi, il risultato deve essere obbligatoriamente positivo? Non trovi? O è positivo, “o ti tirano le pietre”..
Sai quanti libri ho letto io che mi hanno consigliato con entusiasmo ma a me, per mille motivi, alla fine, non mi son piaciuti?
Mah!!!
Ti auguro buon proseguimento. Io, intanto, il tuo blog l’ho segnalato “ai miei amici d’ufficio e a quelli della mia redazione”. In bocca al lupo

Eleonora Voltolina ha detto...

Caro Pierpa77,
l'avevo scritto nel commento precedente e lo ripeto: ogni volta che una persona scrive o fa qualcosa di pubblico si espone alle critiche... E' il bello di una società pluralista e democratica!
Quindi non penso affatto che i giudizi debbano essere necessariamente positivi. Il fatto che ci siano tre commenti "ravvicinati" (come giustamente fai notare tu, io non ci avevo fatto caso! Occhio di lince!) può voler dire che un piccolo gruppo di "fan" di Raffaella R. Ferré ha sentito il dovere di mobilitarsi per neutralizzare la critica negativa.
In questo spazio virtuale ognuno - entro i limiti dell'educazione, del rispetto per gli interlocutori e della continenza - può dire quello che vuole. Anche che il libro di cui io ho parlato bene è orrendo!

Anonimo ha detto...

Carissimi,
mi dispiace di aver suscitato tutte queste inutili polemiche. Semplicemente: ho letto il libro e, ribadisco, non mi è piaciuto neppure un pò.Da nessun punto di vista. La mia è un'opinione, tutto qui.

Martina Perino

Anonimo ha detto...

Non avevo letto con attenzione il commento di ciro. Non capisco perchè se la prenda tanto. Ho semplicemente detto che il libro non mi piace. Come dici tu: de gustibus... Una curiosità: che c'entrano politici etc.? Per inciso: resto della mia opinione.

martina perino

Eleonora Voltolina ha detto...

Cara Martina
ci mancherebbe! L'opinione sui libri è quanto di più personale possa esistere: ho regalato una volta un romanzo di una delle mie autrici preferite, Gioconda Belli, a una cara amica. E qualche tempo dopo questa amica mi ha confessato di non essere riuscita ad andare oltre pag. 20, tanto aveva trovato il libro noioso!
Quindi, de gustibus non disputandum.

Anonimo ha detto...

Non credo che un libro ci debba piacere solo perchè piace ad eleonora o ad altri no?

Liberi tutti di avere la propria opinione credo. Io ad esempio ho trovato il libro ben scritto, ma fazioso e poco interessante.

Anonimo ha detto...

Martina Perino,
ma infatti l'ho detto io «de gustibus...» dunque sono il primo a sapere che ognuno ha le sue preferenze e tutti hanno le loro ragioni (e i loro libri preferiti).

Il problema è che però se tu tenti di produrti in una critica come quella che hai scritto «non mi piace il linguaggio usato (è un salerninapoletano o cosa?) [...] dipinge il sud esclusivamente come qualcosa di marcio e avariato» magari qualcuno che questa realtà meridionale la conosce, la vive, la racconta, la subìsce, ha la voglia anzi - addirittura il dovere - di farti sapere che il Sud raccontato da Raffaella in "Santa Precaria" è invece assolutamente reale.
Pensa un po', Martina Perino, se ne accorge pure gente che abita a Treviso ;-)

Anonimo ha detto...

Ciro Pellegrino,
il problema è che io il Sud lo conosco (anche se non ci abito) e dico con fermezza che non è fatto solo ed esclusivamente del marcio di cui parla l'autrice. Ed ora, per favore, non tirare in ballo casi politici e cose del genere. Non sarebbero pertinenti. Mi dispiace di aver in qualche modo urtato la tua sensibilità. Che dirti? Il libro ti è piaciuto? Parlane bene, ma lascia agli altri la possibilità di esprimere il proprio parere.

Anonimo ha detto...

Spero di non sentirmi dire che intervengo perchè non voglio critiche, anzi.

Dunque, nella prima pagina del libro c'è la mia e-mail e anche il mio sito, manca solo il mio numero di telefono che pure è facilmente rintracciabile, proprio perchè mi fa piacere che il mio lavoro possa arricchirsi di tutti i commenti e di tutti i punti di vista. Ovviamente, accanto alle persone a cui il libro non è piaciuto c'è anche, fortunatamente, qualcuno a cui Santa Precaria non dispiace affatto (e speriamo non commenti su questo blog adesso, sennò sono anche imputabile di aver fatto una "retata" di commenti positivi...)

Grazia ancora ad Eleonora per lo spazio sul suo blog.

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella,
il mio commento non sarà né positivo né negativo, semplicemente perché non ho ancora letto il tuo libro.
Ma tutti questi commenti, positivi o negativi che siano, mi hanno incuriosita.
Appena passo per l'Italia vedro' di procurarmelo.
In bocca al lupo!

Anonimo ha detto...

Ciao Eleonora,
ho letto il libro Santa Precaria.

Ovviamente, devo prima fare i complimenti a Raffaella. Non la conosco personalmente, ma la sua penna mi piace. La trovo “energica”, descrittiva, diversa, inusuale, allegra e a tratti “triste”, spontanea ma anche divertente, “ingarbugliata” e anche ritmica. Ha saputo “intrigarmi” per tre ore. Sì, tre ore, tanto ci ho impiegato per leggerlo. Tutto d’un fiato. Ho dedicato a Santa Precaria un sabato pomeriggio caldo e afoso di fine luglio. Ospite da parenti, nella loro villa a mare. E se tutto sommato posso dire ad alta voce che il libro mi piace, nonostante qualcuno mi abbia deviato, portato fuori strada e depistato ancora, prima che io ritornassi a Eboli e lo leggessi, devo ribadire che mi piace. Tutto sommato. Ne avevo sentito parlare a fine giugno, da un mio cugino ebolitano doc. Ero curioso di leggerlo. Le mie sorelle però, non lo hanno trovato nelle edicole del paese. Poi, dopo un po’ di peregrinare, l’ho letto. Mi piace l’ambientazione puntata su molti dei posti che conosco, ho frequentato, ho vissuto. Posti che, pur vivendo lontano, ricordo ogni giorno. E’ bastata un po’ della mia immaginazione. Ed ecco fatto il gioco. Mi piace la descrizione, di alcuni volti e di qualche voce. Mi piace Cummàcuncè, “una nonna vistosa”, la nonna di Mimmo, “la signora che lava le scale”. Il ritorno con la mente a “Italia 90” ma anche ai mondiali di calcio del 2006. Mi piace la storia di “Mimmobambino” e il racconto, quasi realista, della litoranea, (quella fascia costiera ebolitana ancora oggi bistrattata e in gran parte dimenticata), della pineta, (ancora troppo sporca, nonostante l’indole ambientalista di molti), della Piana dei pomodori (dove gli italiani, ormai, sono una minoranza. Qui, la stragrande maggioranza, è fatta di lavoratori extracomunitari, ragazzi di colore). Mi ha preso questo libro, ma un po’ mi ha anche meravigliato e stupito, però. Soprattutto per i personaggi di spicco. Per quegli attori- protagonisti che, checché se ne dica, credo di conoscere tuttora. Ho lasciato Eboli solo due anni fa, ma nel libro ho rivisto molte facce. Troppo “dettagliate” alcune descrizioni. Troppo “realisti” alcuni particolari. Peccato, infatti, che tra tanto parlare di “altri”, si ponga poco l’accento sul lavoro vero e proprio. Sul “precariato”. (Retribuito?). Ma si “drammatizzano” fatti ed eventi. Su una storia fantasiosa, frutto dell’immaginazione dell’autrice, invece, si versano fiumi di parole. Eppure, ancora oggi, una domanda è doverosa all’autrice. Come mai nelle edicole ebolitane, di questo libro neppure l’ombra?. I miei familiari sono andati a Salerno per acquistarne copia. Ma è possibile? Non era forse più semplice, essendo l’autrice ebolitana, metterlo in vendita anche a Eboli?
Ti saluto Eleonora e ti ringrazio per l’ospitalità (del tuo blog me ne ha parlato benissimo una cara amica ebolitana. Ci ritornerò!).
E a Raffaella: a quando la seconda parte? Io di sicuro la leggerò.

Anonimo ha detto...

Ciao di nuovo ad Eleonora e ciao a Mimmo,mi fa piacere che tu abbia "sentito" il libro, che ti abbia ricordato Eboli. Sui personaggi: io mi sento più vicina a Mimmo che a Caterina ma, per quanto abbia preso spunto da alcuni miei trascorsi e dalle storie raccontate da altri, il libro non è autobiografico. Ho lasciato Eboli da un anno e mezzo e scrivere è stato per me anche un po' ricostruire certi particolari, le cose che quando lasci un posto a te caro pensi di aver perso. Per quanto riguarda il precariato, invece: Mimmo e Caterina sono entrambi due giovanissimi lavoratori. Hanno voglia di darsi da fare, di far vedere quello che sanno fare e per questo sono disposti a impegnarsi anche se non ricevono alcuna retribuzione economica (e forse neanche morale). Entrambi hanno la caratteristica di aspirare ai contratti a tempo: il precariato, viene vissuto non tanto come un martirio, quanto come un'aspirazione, un miglioramento rispetto alla condizione che entrambi vivono all'inizio del romanzo. Diciamo che il "martirio", per loro, arriva prima e qualsiasi cosa, dal pagamento in nero al contratto a tre mesi, viene visto come un passo avanti. Per quanto riguarda la questione distribuzione: Santa Precaria è distribuito in tutta Italia e non so perchè ad Eboli non si trovi. Quello che so è che tanti hanno provato a chiederlo in più librerie ed edicole, hanno provato ad ordinarlo, ma ne sono usciti sempre a mani vuote. Ovviamente questo mi dispiace e non capisco le ragioni... Comunque, di certo so che nel circondario Santa Precaria è a Battipaglia e a Salerno (come dicevi anche tu). Spero di poterti vedere alla prossima presentazione che si terrà il giorno 8 agosto a Sant'Agnello, vicino Sorrento. Hai in ogni caso la mia e-mail e il mio sito, sulla prima pagina del libro.

Grazie ancora,
Raffaella

Anonimo ha detto...

C'è gente che vive per raccontare il presunto marcio del sud, il presunto marcio dell'italia. Forse perchè fa più audience?

Anonimo ha detto...

la verità è sempre bella da leggere, caro anonimo.

Eleonora Voltolina ha detto...

Libri come "La Casta" di Gianantonio Stella e Sergio Rizzo, "Gomorra" di Roberto Saviano, "Milano da morire" di Luigi Offeddu e Ferruccio Sansa, "L'altra casta" di Stefano Livadiotti, "La questua" di Curzio Maltese, sono testimonianze di un'Italia che non va, che galleggia nel qualunquismo e nell'illegalità. Sono libri che tutti dovrebbero leggere. Certo, non tenendoli sul comodino: perchè il testo potrebbe non conciliare il sonno... E far salire, anzi, indignazione e relativa insonnia.
Sono libri che aiutano gli italiani a capire in che Paese vivono, e che li spronano anche - indirettamente - a non accettare supinamente la situazione.
Conoscere per deliberare, diceva qualcuno: beh, attraverso questi libri - e molti altri che non ho qui lo spazio per citare - gli italiani possono conoscere, e non più trincerarsi dietro la scusa del "non sapevo".
Pertanto sono libri importanti, importantissimi: spiace sempre quando qualcuno - in questo caso, il commentatore Anonimo supportato da Massimo - disprezza il lavoro di questi giornalisti e scrittori coraggiosi, magari accusandoli di guadagnare sulle disgrazie italiane o di esagerarle per fare audience.
Le illegalità, gli sprechi, le ingiustizie ci sono: e meno male che alcune persone si prendono l'onere e l'onore di farlo sapere al pubblico attraverso libri e articoli di giornale.